Da sempre interessato ai legami familiari Anderson questa volta sceglie l’India. E non l’India più conosciuta, quella delle spiagge di Goa o delle megalopoli di Calcutta, Delhi o Bombay; ma grazie ai vagoni retrò del Darjeeling Limited ci fa compiere un viaggio in treno verso il deserto del Rajasthan. Viaggio originato dal desiderio del protagonista, Francis Whitman (Owen Wilson), che dopo un pauroso incidente in moto decide che deve riunirsi ai fratelli Peter e Jack (i tre non si frequentano più ormai da molto tempo), e per questo organizza uno stravagante itinerario indiano che da subito si intuisce sarà molto difficile da rispettare. Tutto, a partire dal montaggio, contribuisce all’interessante e virtuosa visione delle nevrosi e delle manie contemporanee, proponendo, in maniera lievemente eccentrica e forse altezzosa, un itinerario metaforico che sfrutta la grottesca comicità per proporre spirali psicologico-narrative sostanzialmente irrisolvibili. La natura tecnicamente ipertestuale della vicenda tende infatti a rimandare continuamente una risoluzione geometrica dei fatti. Eleganza e sarcasmo dominano così la scena, attingendo ripetutamente alla fervida immaginazione del regista Il film è pressoché un’unica, lunghissima discussione tra i fratelli, interrotta da innumerevoli accidenti, a volte comici, a volte drammatici. E sono proprio i momenti drammatici i più veri, quelli che obbligano i tre ad abbandonare una spiritualità di maniera e modaiola per interrogarsi sulla propria vita e il rapporto che li lega tra loro e ai propri genitori, specialmente la madre, che vive in India in una comunità religiosa. Un film insolito, dalla trama esile, che non sembra andare da nessuna parte, ma che proprio per questo ha un suo fascino particolare.
Da sempre interessato ai legami familiari Anderson questa volta sceglie l’India. E non l’India più conosciuta, quella delle spiagge di Goa o delle megalopoli di Calcutta, Delhi o Bombay; ma grazie ai vagoni retrò del Darjeeling Limited ci fa compiere un viaggio in treno verso il deserto del Rajasthan. Viaggio originato dal desiderio del protagonista, Francis Whitman (Owen Wilson), che dopo un pauroso incidente in moto decide che deve riunirsi ai fratelli Peter e Jack (i tre non si frequentano più ormai da molto tempo), e per questo organizza uno stravagante itinerario indiano che da subito si intuisce sarà molto difficile da rispettare. Tutto, a partire dal montaggio, contribuisce all’interessante e virtuosa visione delle nevrosi e delle manie contemporanee, proponendo, in maniera lievemente eccentrica e forse altezzosa, un itinerario metaforico che sfrutta la grottesca comicità per proporre spirali psicologico-narrative sostanzialmente irrisolvibili. La natura tecnicamente ipertestuale della vicenda tende infatti a rimandare continuamente una risoluzione geometrica dei fatti. Eleganza e sarcasmo dominano così la scena, attingendo ripetutamente alla fervida immaginazione del regista Il film è pressoché un’unica, lunghissima discussione tra i fratelli, interrotta da innumerevoli accidenti, a volte comici, a volte drammatici. E sono proprio i momenti drammatici i più veri, quelli che obbligano i tre ad abbandonare una spiritualità di maniera e modaiola per interrogarsi sulla propria vita e il rapporto che li lega tra loro e ai propri genitori, specialmente la madre, che vive in India in una comunità religiosa. Un film insolito, dalla trama esile, che non sembra andare da nessuna parte, ma che proprio per questo ha un suo fascino particolare.