per l’istruzione, per una politica di pace.
Le parate militari non ci rappresentano, ci danno tristezza, non ci rallegrano.
Non festeggiano la vita e le istituzioni civili del popolo,
non dimostrano amicizia verso gli altri popoli.
Il 2 giugno è la nostra festa, la festa delle donne e degli uomini che si riconoscono nella Costituzione, che sancisce i diritti di tutte e di tutti, il diritto al lavoro,
all’istruzione, alla salute…, e il ripudio della guerra.
per dire che vogliamo un 2 GIUGNO DIVERSO, smilitarizzato,
in cui fare festa come cittadine e cittadini di:
- un paese in cui i/le giovani possano avere un futuro e le persone anziane
una vita dignitosa e serena;
- un paese in cui i beni comuni – aria, acqua, terra, energia, il patrimonio storico, artistico e culturale, l’ambiente naturale, il paesaggio – restino fuori dalla logica di mercato;
- un paese che sappia affrontare i conflitti, interni e internazionali,
senza ricorrere all’uso della forza;
- un paese che investa non nelle armi e nella guerra,
ma nella cultura, la scuola, la salute, l’occupazione.
Donne in Nero di Padova
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Il 2 giugno, compleanno di una Repubblica che per Costituzione ripudia la guerra, è dal 1950 paradossalmente celebrato con una parata militare.
In assenza di dati ufficiali della Difesa – viva la trasparenza eh, ministro Di Paola – il Sole 24 Ore stima che quest’anno abbia un costo tra i 2,6 e i 2,9 milioni di euro, ma «si tratta di un bilancio preventivo, destinato a subire qualche lievitazione in fase di consuntivo».
Meno degli anni scorsi, si vanta il governo – e ci mancherebbe, aggiungo io.
Né Monti né Napolitano hanno finora sentito il bisogno di sospendere – almeno quest’anno di recessione acuta, almeno dopo i terremoti nel nord – questa inutile esibizione a metà tra il Sudamerica golpista e gli ex regimi dell’est sovietico.
Ce ne sarebbe abbastanza per sdraiarsi sul vialone dei Fori da stasera, e non andarsene fino al mattino del 3 giugno, no?
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