Il fallimento della pianificazione urbanistica nel territorio della Marca Trevigiana e non, è sotto gli occhi di tutti, una enormità di Leggi, piani urbanistici e quant’altro che sono state aggirate e messe in contraddizione tra loro.
Sindaci, che dovevano operare con un’accorta gestione del territorio, non sono stati all’altezza del loro compito.
Spesso ad una deficitaria conoscenza di problematiche ambientali, paesaggistiche e storiche si è associata una disinformazione in senso lato, legata ad un concetto di esclusività territoriale in relazione all’area amministrata, delineando i contorni di un degrado sempre più evidente anche ai più distratti, con perdita di pezzi di ambiente.
Un’urbanizzazione diffusa non solo legata ai capannoni, ma all’invasione di cemento tout –court, ai riordini fondiari ecc. sta depauperando la risorsa suolo ed acqua, nella sua massima eccezione.
Quanto prospettatoci in sede ONU in merito agli effetti sul territorio, provocati dai cambiamenti climatici ormai in atto, ci induce a muoverci con circospezione e particolare attenzione.
Urge pertanto attuare uno stop al consumo di territorio libero nel comune di Gaiarine e si auspica che ciò avvenga anche nei comuni contermini, come già sta succedendo in altre zone del Veneto.
Nello specifico non va incrementato l’utilizzo di suolo per uso artigianale, industriale e commerciale; le aree a disposizione sono più che sufficienti ed è doveroso prevedere il trasferimento di capannoni ubicati in zone improprie. Le zone industriali andrebbero opportunamente mimetizzate con studi di verde in “verticale” nei lati rivolti alle zone B e C e agricole.
Non vanno individuate nuove aree residenziali; la priorità và alla riconversione dei vecchi opifici siti all’interno del centro urbano del capoluogo e delle frazioni.
Le aree già individuate come residenziali di espansione nel P.R.G. rimangono a disposizione in seconda battuta qualora ce ne fosse l’effettiva necessità.
L’area agricola del territorio andrebbe divisa in zone a seconda delle caratteristiche storiche, ambientali, paesaggistiche che le contraddistinguono incentivando e talora obbligando la piantumazione di siepi o boschetti in un tot di percentuale sull’aree di proprietà. Va “normato” l’uso agricolo del suolo e la sua tutela.
I terreni, nell’area Sic e Zps denominata “Ambito fluviale del Livenza”, tra l’argine e la riva del fiume, andrebbero convertiti a prato stabile.
La differenza del mancato reddito rispetto ad una coltura più pregiata, andrebbe compensata con il contributo stabilito dal Programma di Sviluppo Rurale per la loro conversione a prato stabile.
Vanno perseguiti interventi di riqualificazione ambientale là dove è più urgente intervenire coinvolgendo imprenditori, associazioni.
Tutto ciò che può essere spendibile dall’amministrazione comunale oltre le normali necessità (personale, sanità, scuola, sociale) andrebbe speso per la riqualificazione ambientale del territorio e il risparmio energetico.
Ogni anno, per il coinvolgimento ad una maggiore consapevolezza del proprio territorio, le scuole nei vari gradi, dovrebbero presentare un progetto di riqualificazione ambientale o di risparmio energetico e il comune attuare in concreto il più interessante e fattibile, anche in più fasi, coinvolgendo la parte imprenditoriale del paese.
Va attuato ogni fine anno una sorta di bilancio ambientale e di verifica di quanto fatto, va cercata la collaborazione e il confronto con i sindaci contermini sullo stato del territorio.
Ogni scelta progettuale riguardante il territorio, dovrebbe essere effettuata direttamente sul posto, del tutto simile ad una seduta di consiglio comunale.
Pianificazione Territoriale – considerazioni
URBANISTICA- PIANIFICAZIONE TERRITORIALE