Di seguito un articolo sull’eredità di Chernobyl in Norvegia.
Il testo è tratto dal giornale nazionale VG Nett del 18 aprile 2011, la traduzione in Italiano è stata effettuata in automatico da Google Chrome ma poichè un traduttore automatico fa quel che può mi son permesso di reinterpretarne in modo più umano frasi e significati.
Vivere con l’eredità di Chernobyl per decenni
L’eredità di Chernobyl è ancora presente nella natura norvegese, e lo sarà ancora per i decenni a venire.
Grandi quantità di cesio radioattivo piovevano su Valdres, Jotunheimen, Nord-Trondelag e Nordland dopo l’incidente alla centrale nucleare di Chernobyl 25 anni fa.
Le particelle radioattive sono ancora lì, assorbite da piante, erbe e funghi, pasto principale di pecore, cervi e altri animali da pascolo.
Anche se il calo della radioattività nelle zone più colpite si è stabilizzato, Astrid Liland, capo sezione della Norwegian Radiation Protection Authority, ha detto che “Probabilmente dovremo continuare anche nei prossimi 20, 30 anni con le misure precauzionali fin qui adottate per ovini e renne”.
A tutt’oggi è infatti necessario controllare regolarmente gli allevamenti di renne Sami in Snasa per garantire che non siano contaminate in maniera pericolosa per l’uomo. Controlli che hanno rilevato negli allevamenti del Nord-Trondelag una radioattività tale da sconsigliarne l’utilizzo alimentare.
Quel venerdì 26 aprile 1986 una insensata sperimentazione condotta presso gli impianti di Chernobyl, porta il reattore numero 4 fuori controllo fino ad esplodere.
Enormi quantità di particelle radioattive vengono scagliate in atmosfera dove si disperdono seguendo le correnti d’aria settentrionali. Intanto la grafite contenuta nel reattore s’incendia.
Le autorità sovietiche taceranno per giorni notizie sull’incidente.
Due giorni dopo, 600 dipendenti della centrale nucleare di Forsmark a nord di Stoccolma vengono evacuati, dopo che è stata rilevata una radioattività insolitamente alta, cosa che fa pensare a una perdita nell’impianto.
I venti di pioggia dall’est arrivano fin nei pressi di Oslo, e portano con loro livelli di radioattività elevati. Il lunedì sera, quasi dopo tre giorni dopo l’incidente, l’agenzia di stampa sovietica Tass in una breve dichiarazione parla di un incidente presso la centrale di Chernobyl.
L’incendio nel reattore 4 ha imperversato per dieci giorni prima di essere spento.
Il reattore ha vomitato livelli di radioattività 200 volte superiori a quelli delle bombe sganciate su Hiroshima e Nagasaki.
Le autorità norvegesi si sono trovate del tutto impreparate ad affrontare una situazione così grave e così nuova. Conseguenza di questo una quantità di informazioni e decisioni contraddittorie e fuorvianti, e una crisi di sfiducia e diffidenza tra autorità e popolazione.
“Non c’è motivo di preoccuparsi” dissero al Ministero degli Affari Sociali mentre ancora il fuoco infuriava a Chernobyl. Ma la gente era terrorizzata, e impediva ai bambini di uscire all’aperto quando pioveva.
Chernobyl ha anche messo alla luce una mancanza di preparazione e coordinamento tra le varie agenzie del governo norvegese. La drammatica esperienza di Chernobyl ha portato poi alla costituzione di un nuovo modello di emergenza, con una rete capillare di rilevamento dei livelli di contaminazione radioattiva. È previsto anche un comitato speciale di crisi dotato di ampi poteri, che si attiva immediatamente nel caso di pericoli improvvisi e acuti.
In Norvegia la paura dopo Chernobyl è scemata negli anni.
È oggi impossibile misurare l’effetto della contaminazione radioattiva derivata da quel disastro sulle statistiche relative alle patologie tumorali degli anni immediatamente successivi. Ancora oggi, così come per ancora molti anni a venire, gli escursionisti nello Jotunheimen raccoglieranno cesio radioattivo nei loro scarponi da montagna; ma non si sono verificati danni irreparabili nel patrimonio naturale norvegese.
Fanno eccezione alcuni settori periferici dell’economia, nei quali l’allevamento di renne e ovini sono stati i più colpiti, con la necessaria distruzione di grandi quantità di carne ricavata da animali contaminati.
E ancora oggi, dopo 25 anni, sono necessarie misure particolari: in alcune zone renne e ovini da allevamento vengono prelevati dai loro pascoli abituali e alimentati con mangimi non radioattivi poche settimane prima della macellazione. Nel 2010 oltre 20.000 pecore sono state sottoposte a questa misura cautelativa al fine di ridurre i livelli di radioattività prima della macellazione. E il numero di animali soggetti al trattamento è più grande dove è maggiore la presenza di funghi nell’alimentazione, poichè il fungo ha la proprietà di assorbire grandi quantità di cesio radioattivo dal suolo.
Tutto questo ha un costo.
“A distanza di 25 anni ci avviciniamo probabilmente a 700 milioni” ha detto ancora Astrid Liland; e il dispositivo di legge che prevede le misure cautelative è tuttora in esecuzione con una media di 1,8 milioni all’anno.