Primo appuntamento ierisera con i film sul viaggio..
Into the wild l’avevo già visto con la famiglia ma nella sua malinconica crudezza è talmente ricco di stimoli e spunti da meritare una seconda visione..
Più che un viaggio una fuga quella di Chris, che rinuncia alla società, corrotta solo perchè esiste, rinuncia alla sua famiglia, approssimativa icona di se stessa e nucleo fondante di uno Stato opprimente e despota, nel quale la verità viene oscurata fino a diventare freddezza.
E Chris fugge da uno stato esistenziale per cercarne e trovarne un altro, cercando e trovando ispirazione e sostegno nelle pagine di Jack London, di Tolstoj, di Thoreau..
Solo intuire la possibilità di fuggire ed essere libero non gli basta; ha bisogno di essere radicale, di attraversare il fiume a piedi, di bruciare i soldi (eresia inconcepibile per il modello consumistico a stelleestrisce), di non aver radici nell’anima se non quelle che servono per guardare. Nel viaggio cambia il suo nome in Alex SuperTramp (superviandante), incontra persone e stati esistenziali, ma per lui il tempo scorre più in fretta e fugge dalle persone che viavia incontra proprio nel momento in cui loro gli tendono la mano e il cuore.
Arriva a rifiutare la passionale offerta di una giovane ragazza, fedele a se stesso, una volta di più sovvertendo i canoni di un maschiume becero e dilagante.
Assieme a tutto questo c’è la natura, estrema, selvaggia, meravigliosa, non benigna, non maligna, ma inconsapevolmente “naturale” cosa che l’uomo proprio pare aver dimenticato e non riesce più a capire.
Ho provato simpatia e affetto per Chris, per il suo coraggio estremo, per la sua ribellione decisa, eppure fino all’ultimo ho sperato che cedesse qualcosa, che accogliesse le occasionali mani tese con sincerità disinteressata (il vecchio Ron gli suggerisce “quando si perdona si ama, e quando si ama si è illuminati dalla luce di Dio”), rendendomi conto però che questa mia speranza può essere anche figlia dei miei anni e delle mie esperienze..
Esperienza che per Chris sublima solo con il sacrificio estremo quando, morente, scrive come “la felicità è vera solo se condivisa”.
Ed è toccante (per chi è genitore) vedere la disperazione (finalmente ma tardivamente) stravolgere i lineamenti e sconvolgere le certezze materiali e le sicurezze convenzionali dei genitori, accusati inizialmente da Chris di procurargli sempre “cose”, solo “cose”.
Peccato dunque per i genitori.
Ma peccato soprattutto per Chris.
Non dovrebbe mai essere necessario dimostrare a prezzo della propria vita che altri avevano torto.
Non bisognerebbe mai imparare dalla vita perdendola.
Ma è ciò che l’umanità sta facendo.
Primo appuntamento ierisera con i film sul viaggio..
Into the wild l’avevo già visto con la famiglia ma nella sua malinconica crudezza è talmente ricco di stimoli e spunti da meritare una seconda visione..
Più che un viaggio una fuga quella di Chris, che rinuncia alla società, corrotta solo perchè esiste, rinuncia alla sua famiglia, approssimativa icona di se stessa e nucleo fondante di uno Stato opprimente e despota, nel quale la verità viene oscurata fino a diventare freddezza.
E Chris fugge da uno stato esistenziale per cercarne e trovarne un altro, cercando e trovando ispirazione e sostegno nelle pagine di Jack London, di Tolstoj, di Thoreau..
Solo intuire la possibilità di fuggire ed essere libero non gli basta; ha bisogno di essere radicale, di attraversare il fiume a piedi, di bruciare i soldi (eresia inconcepibile per il modello consumistico a stelleestrisce), di non aver radici nell’anima se non quelle che servono per guardare. Nel viaggio cambia il suo nome in Alex SuperTramp (superviandante), incontra persone e stati esistenziali, ma per lui il tempo scorre più in fretta e fugge dalle persone che viavia incontra proprio nel momento in cui loro gli tendono la mano e il cuore.
Arriva a rifiutare la passionale offerta di una giovane ragazza, fedele a se stesso, una volta di più sovvertendo i canoni di un maschiume becero e dilagante.
Assieme a tutto questo c’è la natura, estrema, selvaggia, meravigliosa, non benigna, non maligna, ma inconsapevolmente “naturale” cosa che l’uomo proprio pare aver dimenticato e non riesce più a capire.
Ho provato simpatia e affetto per Chris, per il suo coraggio estremo, per la sua ribellione decisa, eppure fino all’ultimo ho sperato che cedesse qualcosa, che accogliesse le occasionali mani tese con sincerità disinteressata (il vecchio Ron gli suggerisce “quando si perdona si ama, e quando si ama si è illuminati dalla luce di Dio”), rendendomi conto però che questa mia speranza può essere anche figlia dei miei anni e delle mie esperienze..
Esperienza che per Chris sublima solo con il sacrificio estremo quando, morente, scrive come “la felicità è vera solo se condivisa”.
Ed è toccante (per chi è genitore) vedere la disperazione (finalmente ma tardivamente) stravolgere i lineamenti e sconvolgere le certezze materiali e le sicurezze convenzionali dei genitori, accusati inizialmente da Chris di procurargli sempre “cose”, solo “cose”.
Peccato dunque per i genitori.
Ma peccato soprattutto per Chris.
Non dovrebbe mai essere necessario dimostrare a prezzo della propria vita che altri avevano torto.
Non bisognerebbe mai imparare dalla vita perdendola.
Ma è ciò che l’umanità sta facendo.