“La cultura non è buon tempo, non sta in una laurea in un cassetto, né su uno scaffale di libri chiusi, non è merce per turisti, digestiva o esotica.
Non è un settore dell’economia, non è nemmeno una una tantum come un condono.
Allora cos’è?
In Veneto è come la campagna, qualcosa di cui ogni tanto ci si sgionfa di ciacole e poi ci si dimentica per fare finanza con i terreni.
A curare l’orto, il proprio orto, son bravi tutti, certo, bisogna!
Ma non basta mica.
Voglio parlare di futuro, di paesaggio e di servitù di passaggio.”
Marco Paolini
Non è un settore dell’economia, non è nemmeno una una tantum come un condono.
Allora cos’è?
In Veneto è come la campagna, qualcosa di cui ogni tanto ci si sgionfa di ciacole e poi ci si dimentica per fare finanza con i terreni.
A curare l’orto, il proprio orto, son bravi tutti, certo, bisogna!
Ma non basta mica.
Voglio parlare di futuro, di paesaggio e di servitù di passaggio.”
Marco Paolini
Prima di tutto vennero a prendere gli zingari
e fui contento, perché rubacchiavano.
Poi vennero a prendere gli ebrei
e stetti zitto, perché mi stavano antipatici.
Poi vennero a prendere gli omosessuali,
e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi.
Poi vennero a prendere i comunisti,
ed io non dissi niente, perché non ero comunista. Un giorno vennero a prendere me,
e non c’era rimasto nessuno a protestare.
Bertold Brecht
Berlino, 1932.attribuita anche al pastore Martin Niemöller
Già, chissà forse dovremmo chiederlo proprio a Brecht…ma è tardi…e anche per Niemoller è tardi.
ma forse non è proprio questa la chiave di lettura di brecht quanto quella che si riferisce al silenzio dei tanti, all’indifferenza dei molti che girano la testa dall’altra parte o chiudono occhie e orecchie per non vedere nè sentire.. una chiave di lettura che fece dire anche a Martin Luther King “Ciò che mi spaventa non è la violenza dei potenti, ma il silenzio degli onesti”
Succede sempre così, vittima e carnefice soffrono tutte e due le conseguenze di ogni atto di violenza, di ogni atto di brutalità e di ogni oppressione.Perché quello che facciamo agli altri lo facciamo a noi stessi.