Fuori dal Tempio di Pierluigi Di Piazza

Martedì 8 novembre 2011, alle ore 20.30,
presso la Sala del Ballatoio del Palazzo Ragazzoni di Sacile (Sala del Consiglio Comunale di Sacile)
verrà presentato l’ultimo libro di Pierluigi Di Piazza

“Fuori dal Tempio – La Chiesa al servizio dell’umanità”.
Interverranno, oltre all’autore, Serena Barbero e Lamberto Pillonetto.
Moderatore: Giorgio Pilastro.
Ingresso libero

«Mi sento laico, umile credente sempre in ricerca, prete per un servizio disponibile, disinteressato, gratuito nella comunità cristiana e nella società; anticlericale, cioè non appartenente ad una categoria; non funzionario della religione. Si può così intuire quale sia a livello di comunicazione l’effetto del cercare giustizia, verità, uguaglianza, pace, condivisione».
Parla don Pierluigi Di Piazza, fondatore del Centro di accoglienza per stranieri Ernesto Balducci di Zugliano, e racconta la sua storia di uomo e di prete, di insegnante e di animatore culturale, alle prese con i temi più discussi nelle comunità cristiane: le delicate posizioni dei separati e divorziati nella Chiesa, l’aborto, l’omosessualità, il celibato dei preti, il sacerdozio delle donne, la pedofilia, la malattia e il fine vita.

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Beato … chi non dimentica

Nel febbraio del 1999, la madri di Plaza de Mayo scrivono una lettera al pontefice, dura, durissima, in risposta alle prese di posizione del papa a difesa di Pinochet.
Nel 1999, Pinochet viene infatti arrestato in Inghilterra su mandato internazionale del giudice spagnolo Baltasàr Garzon. L’imputazione è di tortura ed omicidio di cittadini spagnoli.
Il papa fa sapere alla Camera dei Lord la propria preferenza perché l’estradizione dell’ex dittatore in Spagna non venga concessa e, sempre nel 1999, fa una richiesta di perdono per i crimini commessi dal generale cileno.

“Buenos Aires 23 febbraio 1999
Sig Giovanni Paolo II

Ci è costato diversi giorni assimilare la richiesta di perdono che Lei, Sig. Giovanni Paolo II, ha inoltrato in favore del responsabile di genocidio Pinochet.

Ci rivolgiamo a Lei come cittadino comune, perchè ci sembra aberrante che dalla sua poltrona di Papa in Vaticano, senza conoscere, senza avere sofferto sulla sua pelle la tortura con scariche elettriche, le mutilazioni e le violenze sessuali, abbia il coraggio di chiedere, in nome di Gesù Cristo, clemenza per l’assassino Pinochet.

Gesù è stato crocifisso e la sua carne
è stata lacerata dai Giuda come Lei che oggi difende gli assassini. Sig. Giovanni Paolo II, nessuna madre del Terzo Mondo che ha dato alla luce, allattato e curato con amore un figlio che è stato mutilato dalle dittature di Pinochet, Videla, Banzer, Stroessner, accetterà con rassegnazione la sua richiesta di clemenza.
Noi Madri ci siamo incontrate con Lei in tre occasioni, ma Lei non ha impedito i massacri, non ha alzato la voce in difesa delle nostre migliaia di figli durante quegli anni di terrore.
Adesso non abbiamo più dubbi su da quale parte sta Lei, ma sappia che malgrado il suo potere immenso, non potrà arrivare nè a Dio nè a Gesù.
Molti dei nostri figli si sono ispirati a Gesù nel loro impegno per il popolo.
Noi Membri dell’Associazione delle Madri di Plaza de Mayo, attraverso una preghiera immensa che arriverà al mondo, chiediamo a Dio che non perdoni Lei, Sig. Giovanni Paolo II, perchè Lei denigra la Chiesa del popolo che soffre. Lo facciamo in nome dei milioni di esseri umani che morirono e continuano a morire ad opera degli assassini che Lei difende e sostiene.”

DICIAMO: SIGNORE NON PERDONARE GIOVANNI PAOLO II

Associazione Madri di Plaza de Mayo
Hebe Bonafini

presidentessa

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Gli ultimi giorni di Paolo Borsellino – 1 aprile 2011

Venerdì 1° aprile 2011 si terrà la presentazione del libro
”Gli ultimi giorni di Paolo Borsellino” – (Ed. Aliberti) presso l’Auditorium della Regione in via Roma, 2 Pordenone alle ore 20.30.
Interverranno gli autori Giorgio BONGIOVANNI e Lorenzo BALDO insieme a Salvatore BORSELLINO, fratello del giudice ucciso da Cosa Nostra.
Info: tel. 0434 748798 – cell. 392-9801905
web.
www.ilsicomoro.info
e-mail associazione@ilsicomoro.info

Un lungo viaggio negli ultimi 57 giorni di vita di Paolo Borsellino. La sua corsa contro il tempo per individuare gli assassini di Giovanni Falcone. La consapevolezza del giudice della “trattativa” in corso tra mafia e Stato e la sua lotta incondizionata per opporvisi. Il dolore e la solitudine di un uomo fino all’estremo sacrificio. Dietro di lui l’accelerazione della strage di via D’Amelio per eliminare “l’ostacolo” a quel patto scellerato… 

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«Sono ottimista poiché vedo che verso la mafia i giovani, siciliani e no, hanno oggi una attenzione ben diversa da quella colpevole indifferenza che io mantenni sino ai quarant’anni. Quando questi giovani saranno adulti avranno più forza di reagire di quanto io e la mia generazione ne abbiamo avuta.»
Paolo Borsellino,19 Luglio 1992
.. e si potrebbe cominciare dal fondo. È infatti con questa frase del fratello Paolo che Salvatore Borsellino ha chiuso il suo incontro lo scorso venerdì 1 aprile, nella sala della regione di Pordenone.
Questa frase è contenuta nell’ultima lettera scritta da Paolo Borsellino, poche ore prima che morisse nell’attentato di Via d’Amelio, ed era destinata ad una preside ed ai ragazzi di un liceo di Padova in cui lui non era potuto andare qualche mese prima a causa degli eccessivi impegni.
Queste parole esprimono l’ultima speranza di un uomo che, come ci ha raccontato Salvatore, sapeva di essere “un morto che cammina” da quando, quasi due mesi prima, nella strage di Capaci aveva perso la vita il collega e amico fraterno Giovanni Falcone… Ma nonostante la consapevolezza della sua morte imminente, il giudice Borsellino riusciva a dirsi ottimista nei confronti della generazione di giovani che stava sbocciando… Davanti a queste parole, mi viene solo da dire: “speriamo di non averlo deluso”…
Ma torniamo al racconto della serata, caratterizzata dall’accento siculo e dai toni forti, senza mezze misure, usati da Salvatore Borsellino per far capire a noi, pubblico di una delle tante serate da lui e con lui organizzate per tutta Italia (per informazioni http://www.19luglio1992.com/ ), chi fosse Paolo Borsellino, e perché fu ucciso.
Arrivando alla serata, pensavo di essere di piuttosto preparato sull’argomento: mi sono documentato vedendo diversi documentari e leggendo molto di quello che mi capitava sottomano… Eppure le parole di Salvatore mi hanno colpito profondamente: faceva tenerezza il suo modo di raccontare, così intimo, riferendosi a uno dei miei eroi di sempre con un affettuoso “Paolo”, da buon fratello… Era quasi come sentire parlare Paolo Borsellino in prima persona… Ma forse, ancor più della sua somiglianza al fratello, le frasi di Salvatore lasciavano il segno, affilate come rasoi: «La strage di via d’Amelio è stata una strage di stato che ha originato i presupposti per la II repubblica, le cui fondamenta sono fatte di calce e sangue» queste sono state le sue prime parole… Mi chiedevo cosa si celasse dietro questa frase, quando Salvatore è partito rapidissimo a spiegarci di come Falcone e suo fratello, negli ultimi mesi della loro vita, si stessero dedicando non più (o non solo) alla mafia di Palermo fatta di sparatorie e omicidi, ma ai rapporti che quest’ultima aveva stretto con i centri del potere pubblico, a Roma: potremmo dire la mafia dei colletti bianchi, o dello Stato.
Paolo, dopo la morte di Falcone, passò gran parte del tempo ad ascoltare le testimonianze dei collaboratori di giustizia (non “pentiti”, ci tiene a precisare Salvatore), che per la prima volta non si limitavano a parlare di Cosa Nostra, ma fornivano al giudice anche sconcertanti rivelazioni sui legami tra la mafia e Roma…
«Sua moglie Agnese mi disse che in quel periodo, in quei 58 giorni trascorsi tra le stragi di Capaci e di via d’Amelio Paolo tornava a casa così sconvolto dagli incontri con gli interrogati che spesso mangiava e poi vomitava… E continuava a ripetere che doveva fare in fretta, che non aveva più tempo…»
Che cosa poteva sconvolgere a tal punto un giudice che da più di dieci anni ormai si batteva quotidianamente contro gli orrori di Cosa Nostra?
Naturalmente, le accuse di collusione mosse dai collaboratori di giustizia nei confronti di diverse personalità di spicco degli organismi statali (parlamento, magistratura, servizi segreti). Diversi sono i misteri ad oggi irrisolti a proposito della morte di Borsellino. In primis l’agenda rossa in cui il giudice scriveva tutto ciò che faceva, dalle testimonianze che ascoltava ai casi che trattava giorno per giorno: sparì misteriosamente il giorno della strage, portata via nella borsa del giudice dal capitano dei carabinieri Arcangioli (assolto da tutte le accuse con una sentenza a dir poco vergognosa). Ancora, la vicenda del primo Luglio, quando Paolo si trovava a Roma per ascoltare un pentito (Gaspare Mutolo) e improvvisamente gli arrivò una telefonata del neoeletto ministro degli interni Mancino, che gli diceva di raggiungerlo. Ci sono testimoni oculari che lo videro entrare nell’ufficio del ministro ed uscirne profondamente turbato. Mutolo disse che, al suo ritorno, «Il giudice era così nervoso da accendersi due sigarette contemporaneamente». Stranamente Mancino, sollecitato da Salvatore in una lettera aperta a raccontare cosa successe in quell’ufficio quel giorno, dice di non ricordarsi della visita di Paolo Borsellino, cosa alquanto improbabile in quanto in quei giorni il giudice era su tutti i giornali a causa del rischio di morte che correva, e oltretutto lo stesso Paolo testimonia in un’altra sua agenda l’avvenuto incontro col ministro…
Insomma, l’analisi di queste e di molte altre faccende strane accadute in quei mesi fanno pensare che in quel periodo, proprio quando Cosa Nostra era stato messa in ginocchio dal Maxiprocesso alla mafia che era stato organizzato e portato a termine grazie all’audacia di Falcone, Borsellino e degli altri membri del pool antimafia di Palermo (nonostante i mille ostacoli generati anche da una parte della magistratura), lo Stato anziché intervenire per dare alla mafia il colpo di grazia, abbandonò a sé stessi i due giudici, isolandoli dal sistema e rendendoli così troppo vulnerabili…
«Cosa accadde in quella stanza tra Paolo e il ministro Mancino?» La domanda posta da Salvatore non ha ancora trovato risposta, anche se l’unica ipotesi logica che si può sopravanzare è che in quel pomeriggio si trovano le cause della morte di Paolo Borsellino: perché forse, in quell’ufficio, a Borsellino fu chiesto di fermare le sue indagini, per far si che il “patto di non belligeranza” tra Stato e mafia potesse procedere indisturbato, in modo che Cosa Nostra, liberatasi dei suoi vecchi referenti politici (la DC,ormai bruciata), potesse trovare facilmente altri appoggi nella nuova Repubblica che stava per arrivare…
La risposta di Paolo è sotto gli occhi di tutti, e si legge nella strage di via d’Amelio…

Chiudo qui, anche se il racconto di Salvatore Borsellino è stato sicuramente ricco di tanti dettagli che qui non riesco a riportare (per approfondimenti visitate il sito sopra citato)… E vorrei farvi passare quello che questa coinvolgente e commovente serata ha regalato anche a me, terminando l’articolo con un’altra frase di Paolo Borsellino, che era parte del discorso da lui pronunciato ai funerali dell’amico fraterno Giovanni Falcone, e spiega benissimo il messaggio della serata di lunedì scorso, e del continuo viaggiare per l’Italia del fratello del Salvatore:

«La lotta alla mafia, il primo problema da risolvere nella nostra terra bellissima e disgraziata, non doveva essere soltanto una distaccata opera di repressione, ma un movimento culturale e morale che coinvolgesse tutti e specialmente le giovani generazioni, le più adatte a sentire subito la bellezza del fresco profumo di libertà che fa rifiutare il puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della complicità.»
Paolo Borsellino

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Indignatevi !

Ecco «Indignatevi»
93 anni. È un po’ l’ultima tappa. La fine non è troppo lontana. Che fortuna poterne approfittare per ricordare ciò che ha fatto da fondamento al mio impegno politico”.
Comincia così “Indignatevi!”, scritto dal partigiano Stephane Hessel, diventato un caso editoriale in Francia, e adesso proposto in Italia da Add Editore. Pubblichiamo l’appendice: l’appello dei Resistenti alle giovani generazioni, firmato dallo stesso Hessel nel 2004.

Dal momento che vediamo rimesso in discussione il fondamento delle conquiste sociali della Liberazione, noi, veterani dei movimenti di Resistenza e delle forze combattenti della Francia libera (1940–1945) ci appelliamo alle giovani generazioni perché mantengano in vita e tramandino l’eredità della Resistenza e i suoi ideali sempre attuali di democrazia ed economia, sociale e culturale. Sessant’anni più tardi il nazismo è sconfitto, grazie al sacrificio dei nostri fratelli e sorelle della Resistenza e delle Nazioni Unite contro la barbarie fascista. Ma questa minaccia non è del tutto scomparsa, e la nostra rabbia contro l’ingiustizia è rimasta intatta.

IN COSCIENZA, noi invitiamo a celebrare l’attualità della Resistenza non già beneficio di cause partigiane o strumentalizzate da qualche posta in gioco politica, bensì per proporre alle generazioni che ci succederanno di compiere tre gesti umanitari e profondamente politici nel vero senso del termine, perché la fiamma della Resistenza non si spenga mai:

CI APPELLIAMO innanzitutto agli educatori, ai movimenti sociali, alle collettività pubbliche, ai creatori, agli sfruttati, agli umiliati, affinché celebrino insieme a noi l’anniversario del programma del Consiglio Nazionale della Resistenza (Cnr) adottato in clandestinità il 15 marzo 1944: Sécurité sociale e pensioni generalizzate, controllo dei “gruppi di potere economico”, diritto alla cultura e all’educazione per tutti, stampa affrancata dal denaro e dalla corruzione, leggi sociali operaie e agricole ecc. Come può oggi mancare il denaro per salvaguardare e garantire nel tempo conquiste sociali, quando dalla Liberazione, periodo che ha visto l’Europa in ginocchio, la produzione di ricchezza è considerevolmente aumentata? I responsabili politici, economici, ntellettuali e la società nel suo complesso non devono abdicare, né lasciarsi intimidire dall’attuale dittatura internazionale dei mercati finanziari che minaccia la pace e la democrazia.

CI APPELLIAMO quindi ai movimenti, ai partiti, alle associazioni, alle istituzioni e ai sindacati eredi della Resistenza affinché superino le poste in gioco settoriali, e lavorino innanzitutto sulle cause politiche delle ingiustizie e dei conflitti sociali, e non soltanto sulle loro conseguenze, per definire insieme un nuovo “Programma della Resistenza” per il nostro secolo, consapevoli che il fascismo continua a nutrirsi di razzismo, di intolleranza e di guerra, che a loro volta si nutrono delle ingiustizie sociali.

CI APPELLIAMO infine ai ragazzi, ai giovani, ai genitori, agli anziani e ai nonni, agli educatori, alle autorità pubbliche perché vi sia una vera e propria insurrezione pacifica contro i mass media, che ai nostri giovani come unico orizzonte propongono il consumismo di massa, il disprezzo dei più deboli e della cultura, l’amnesia generalizzata e la competizione a oltranza di tutti contro tutti. Non accettiamo che i principali media siano ormai nella morsa degli interessi privati, contrariamente a quanto stabilito dal programma del Consiglio Nazionale della Resistenza e dalle ordinanze sulla stampa del 1944.

A quelli e quelle che faranno il secolo che inizia, diciamo con affetto: Creare è resistere. Resistere è creare.

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Zanardo: “O sante o puttane, è la concezione delle donne che emerge dal caso Ruby”

di Eleonora Bianchini

Secondo l’autrice del documentario “Il corpo delle donne”, i festini di Arcore restituiscono l’immagine di ragazze che usano il loro corpo come merce di scambio per l’ascesa sociale. Colpa della tv commerciale. Ma anche la sinistra ha le sue responsabilità

L’Italia deve abbandonare la dicotomia cattolica della ‘femmina santa o puttana’ e la sinistra, complice del modello culturale diffuso dalla tv commerciale, deve proporre un’alternativa al corpo come merce di scambio per l’ascesa sociale. Per Lorella Zanardo, autrice del documentario “Il corpo delle donne”, lo scandalo dei festini di Arcore delinea un’immagine del ‘sesso debole’ profondamente radicata nel nostro paese e, purtroppo, non c’è niente di inaspettato: “Dalle intercettazioni constatiamo ciò che abbiamo lasciato sviluppare noi adulti negli ultimi 30 anni”.

Nulla di nuovo quindi?
Esatto. Sono arrabbiata con la mia generazione over 40 con la sinistra che ha permesso tutto questo. Non è vero che le ragazze vogliono fare solo le veline e chi lo desidera è perché ritiene che la tv permetta di esistere, e se non appari non esisti. Lo vediamo con il nostro progetto di
media education (“Nuovi occhi per la tv”, corso di mediaeducation, ndr) che portiamo nelle scuole di tutta Italia.

La sinistra quindi è complice.
Sì, non ha fatto la legge sul conflitto di interessi e ha sottovalutato il potere della tv. E’ stata colpa di un liberismo pernicioso, quel desiderio di benessere che ha fatto proseliti bipartisan. Il risultato? Che mentre Bossi si fa fotografare in canottiera vicino agli alpini, i leader dell’opposizione preferiscono il cachemire, Capalbio, le barche, i pranzi con De Benedetti. Ma se sono un poveraccio una foto di George Clooney non serve a niente. Bisogna tornare nelle fabbriche per reale interesse, non perché fa figo. I giovani chiedono modelli di riferimento e bisogna che noi diamo risposte.

Quali sono gli elementi che convincono le ragazze a vendersi a Berlusconi?
La proposta di ascesa sociale, che determina l’esistenza dell’individuo secondo la cultura televisiva, e il guadagno facile. Ogni giorno mi arrivano mail di ragazze che prendono 800 euro al mese quando riescono a trovare un lavoro. Portarne a casa qualche migliaio a serata fa una bella differenza. La sinistra deve proporre un discorso sulla morale, non sul moralismo, e sul valore di rispetto, dignità. Pare che oggi ce ne vergogniamo.

Nelle intercettazioni le ragazze parlano di Berlusconi come un ‘vecchio’ che ‘deve sganciare’ e allo stesso tempo sentiamo dichiarazioni di amore e devozione, come ha fatto ad esempio Evelina Manna. Perché?
Credo che temano la verità e le sue conseguenze. Del resto alcune del ‘giro’ sono poco più che maggiorenni, inesperte. Mettere nei pasticci il presidente del Consiglio fornisce una dose di euforia tanto forte quanto la paura per il rischio che si corre.

C’è chi crede di finire come Brenda, la trans del caso Marrazzo ritrovata carbonizzata nel suo appartamento.
Tutti avremmo paura. Queste ragazze sono entrate in contatto con le massime cariche istituzionali, da piccole e indifese sono state ammesse al cospetto del potere.

Le serate sono gestite da ‘dirigenti’ al femminile, da Licia Ronzulli a Nicole Minetti. Che immagine ha una donna che si presta a coordinarne altre come oggetti ad uso e consumo degli uomini paganti?
Bisogna distinguere se l’organizzazione è portata avanti da giovani coetanee o donne adulte. Nel primo caso procacciano situazioni e serate per le loro simili per essere ‘manager del proprio corpo’, come aveva dichiarato Sara Tommasi dopo una laurea in Bocconi e un reality. Se invece ci sono donne adulte è più doloroso: si tratta di un’interruzione dei rapporti intergenerazionali in cui la tv ha molta responsabilità. Oggi si mette in dubbio che tra una donna adulta e una giovane sia possibile una relazione profonda perché conta solo il corpo oggetto e le over 40 si sentono sconfitte o assediate nella competizione fisica. Così si è persa la capacità di fare rete.

Siamo sicuri che sia un elemento introdotto dalla tv? La tv l’ha amplificato molto. Certo, anche negli anni 50 le mamme mandavano le figlie a Miss Italia e in tempi antichi le cortigiane erano donate da madri compiacenti. Ma si trattava di eccezioni. Oggi l’analogo di questi eventi rimbomba attraverso il piccolo schermo. Per l’80% della popolazione che si informa, le notizie arrivano dalla tv. E ‘se l’hanno detto in tv’ è vero e indiscutibile.

Abbiamo visto le interviste a Sabina Began su SkyTg24 e a Ruby da Alfonso Signorini che ribadiscono la loro gratitudine al premier e prendono le distanze da orge e festini a sfondo sessuale. Perché recitano la parte delle ragazze caste?
Perché siamo in Italia. Da una parte abbiamo la tv, dall’altra la nostra cultura ancora profondamente cattolica, secondo cui esistono due tipi di donne: la santa e la puttana. Nel nostro paese non si è fatta strada la proposta di donna emancipata: o va a letto coi potenti o è poverina e sfruttata. Ci manca quel che hanno in Germania e Francia, ovvero la femmina con lo sguardo alto e fiero, soggetto e non oggetto che non è bacchettona e motiva le sue ragioni. Queste sceneggiate adoranti per Berlusconi fanno presa sul pubblico perché si è convinti che la donna non sia indipendente.

In tutto questo anche le donne avranno le loro responsabilità.
Sì, quelle adulte. Per me Ruby e Noemi Letizia sono bambine, è mostruosa una società che le giudica creature in grado di circuire politici adulti e smaliziati. E’ come ai tempi delle streghe al rogo. Che cosa manca a noi donne per farci rispettare? Siamo il 60% del pubblico tv, il 55% del welfare, determiniamo il mercato.

Ecco, cosa manca alle donne?
Dobbiamo smettere di cercare l’approvazione dell’uomo, lavorare su autostima e indipendenza, ricominciare a fare rete intergenerazionale.

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L’acqua non si vende: si difende! (3)

Fiumi battete le mani
di Alex Zanotelli
Sono queste le parole del Salmo 98 che mi sono improvvisamente affiorate alla mente quando mi è stato comunicato che la Corte Costituzionale aveva dato il via al referendum sull’acqua. Dopo anni di impegno, un sussulto di gioia e di grazie al Signore che riesce ancora a operare meraviglie, e un grazie allo straordinario “popolo dell’acqua” che ci ha regalato in due mesi un milione e mezzo di firme. La Corte ha approvato due dei tre quesiti referendari: il primo, che afferma che l’acqua è un bene di non rilevanza economica, e il terzo che toglie il profitto dall’acqua. Che la Corte Costituzionale (piuttosto conservatrice) abbia accolto queste due istanze sull’acqua in contrasto con i dogmi del sistema neo-liberista, è un piccolo miracolo.
E questo grazie agli straordinari costituzionalisti che le hanno formulate e difese, da Rodotà a Ferrara, da Mattei a Lucarelli senza dimenticare Luciani.

Ma la grande vincitrice è la cittadinanza attiva di questo paese che diventa il nuovo soggetto politico con cui anche i partiti dovranno fare i conti. “ I cittadini si sono appropriati del diritto di esprimersi sui beni comuni- hanno commentato A. Lucarelli e U. Mattei- sui beni di loro appartenenza, su quei beni che esprimono utilità funzionali all’esercizio dei diritti fondamentali. Si è dato così significato e dignità all’art.1 della Costituzione Italiana, ovvero al principio che assegna al popolo la sovranità in una stagione di tragedia della democrazia rappresentativa.”
Tutto questo apre a una nuova stagione di democrazia: il cammino per riappropriarci dei beni comuni che ci sono stati sottratti.
E questo l’abbiamo ottenuto senza finanziamenti (ognuno ha dato quello che ha potut
o), senza i partiti presenti in Parlamento e senza l’appoggio dei grandi media. Questo rende ancora più straordinaria questa vittoria, la prima nel suo genere nell’Unione Europea. Dobbiamo ora lavorare sodo per informare, sensibilizzare, per convincere 25 milioni di italiani ad andare a votare (questo è il quorum necessario per la validità del referendum).
Sarà una campagna referendaria molto dura perché abbiamo davanti un Sistema economico-
finanziario che non può perdere l’oggetto del desiderio del XXI secolo: l’oro blu che è già scarso e andrà sempre più scarseggiando per il surriscaldamento del Pianeta. Per questo dobbiamo organizzarci bene con comitati a livello provinciale come a quello regionale. Dobbiamo imparare i processi democratici partendo dal basso, lavorando in rete e tenendoci tutti per mano, nel profondo rispetto del volto di ogni persona. Dobbiamo far nascere il nuovo dentro un Sistema che mercifica tutto, anche le persone.
Nel frattempo invitiamo poi i cittadini a chiedere tre cose:

  1. la Moratoria della legge Ronchi, per impedire la privatizzazione dell’acqua in pieno svolgimento del referendum perché, in caso di vittoria ,quei Comuni che avranno privatizzato, dovranno sborsare somme notevoli ai privati per riappropriarsi della loro acqua;
  2. la convocazione di un consiglio comunale monotematico sull’acqua per sottrarre il servizio idrico alle regole del mercato e della concorrenza, e sostenere e appoggiare i due Sì al referendum promosso dal Comitato referendario 2 Sì per l’acqua bene comune;
  3. il voto referendario venga associato alle elezioni amministrative previste per il mese di maggio.

Riteniamo poi fondamentale il ruolo che la Chiesa italiana può svolgere in questo referendum. Pertanto ai cristiani, alle parrocchie, alle comunità ecclesiali, chiediamo il coraggio di scendere a fianco di questo grande movimento dell’acqua pubblica. Chiediamo ai nostri vescovi di esprimersi ribadendo che l’acqua è la vita ed è un diritto fondamentale umano. In vista del referendum, chiediamo che la CEI si esprima sul tema di questo referendum, perché si tratta di un problema etico e morale.
Tutto questo è stato espresso molto bene dal vescovo cileno Luis Infanti della Mora di Aysén (Patagonia), nella sua stupenda lettera pastorale “Dacci oggi la nostra acqua quotidiana” : “La crescente politica di privatizzazione è moralmente inaccettabile quando cerca di impadronirsi di elementi così vitali come l’acqua, creando una nuova categoria sociale: gli esclusi. Alcune multinazionali che cercano di impadronirsi di alcuni beni della natura, e soprattutto dell’acqua, possono essere legalmente padroni di questi beni e dei relativi diritti, ma non sono eticamente proprietari di un bene dal quale dipende la vita dell’umanità. E’ un’ingiustizia istituzionalizzata che crea ulteriore fame e povertà, facendo sì che la natura sia la più sacrificata e che la specie più minacciata sia quella umana, i più poveri in particolare.
E allora diamoci tutti da fare perché ‘i fiumi ritornino a battere le mani’ quando il popolo italiano sancirà con i 2 Sì che l’acqua è bene comune, diritto fondamentale umano.

in molti hanno partecipato al concorso di idee per realizzare il logo della campagna referendaria “2 si per l’Acqua Bene Comune”. In totale, infatti, abbiamo ricevuto 38 produzioni con differenti caratteristiche e fantasie, sicuramente un’ulteriore attivazione per il popolo dell’acqua.
Ora, per scegliere quale sarà il logo che ci accompagnerà fino al voto per i 2 referendum per la ripubblicizzazione, apriamo le consultazioni!

Dunque sarà possibile votare per uno (e uno solo) dei loghi al seguente indirizzo: Scegliamo il logo della Campagna Referendaria 2 Sì per l’Acqua Bene Comune.

E’ importante dare la propria opinione e farla dare anche a chi non iscritto nelle nostre liste; per questo inoltriamo questo messagio e facciamo partecipare il più possibile alla scelta!

Dunque da oggi, e fino a martedì 01 Febbraio alle 19.00, sarà possibile esprimersi.

Quindi collegatevi, guardate e votate!

http://www.acquabenecomune.org/
http://www.referendumacqua.it/

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