Io ci sono. La mia storia di «non» amore

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GZG1740001Sconvolgente. Commovente.
Queste le sensazioni provate ierisera all’incontro, tenutosi al Centro Balducci di Zugliano, con Lucia Annibali, la prima donna in Italia a subire l’orrore dell’acidificazione il 17 aprile 2013.
Una sala gremita, oltre 400 persone, silenziose, attente ad 15102014558ascoltare il racconto di Lucia e le riflessioni stimolate da brevi interventi di don Pierluigi Di Piazza, anche ricavati dal libro presentato.
Un don Pierluigi dalla voce insolitamente commossa ma sempre lucido, rispettoso, profondo.
E una straordinaria Lucia, che ha ripercorso quanto le è accaduto partendo proprio da quello che ha capito troppo tardi essere un amore “malato”, vissuto in un rapporto tra lei e l’allora compagno, distorto e condizionato da ricatti e pressioni, slanci e passioni, desideri e paure, difficile da spiegare e complicato da capire.
Eppoi l’agguato, il dolore, il terrore, il buio, l’orrore, l’incredulità, lo smarrimento.
E ancora dolore, la frustrazione, la rabbia, la disperazione, la solitudine.
Ma contemporaneamente la solidarietà, l’affetto, la competenza, l’abnegazione del personale medico e sanitario del pronto soccorso prima e del centro grandi ustionati di parma, la vicinanza, l’amore, il calore di familiari e amici.
Emerge da Lucia una sorprendente forza interiore, una grande forza d’animo, una profondità (così l’ha definita don Pierluigi) che la sorreggono nella lunga riabilitazione durante la quale pian piano recupera la vista, e le permettono di sopportare i ripetuti interventi (ormai 15) che ricostruiscono progressivamente il suo volto; e la sua coraggiosa decisione di rinunciare presto, quasi subito, a bende e mascherature, volendo mostrarsi per quel che era, accettandosi così e così farsi accettare.
15102014559E lo dice con serenità: “amo il mio viso più di quanto lo amassi quand’era perfetto, lo amo perchè mi sono sudata ogni piccolo, piccolissimo passo avanti per vederlo migliorare”.
C’è stato poi anche l’intervento del dottor Losasso, chirurgo plastico e presidente dell’associazione friulana Smile Again, nata per ridare speranza, voce, aiuto e vita, con interventi di chirurgia ricostruttiva, sostegno psicologico, reinserimento sociale, alle centinaia di donne, ragazze, bambine pakistane sfregiate ogni anno con sostanze corrosive da pretendenti o mariti insoddisfatti, da padri prepotenti, da uomini-padroni. Racconta che di queste, circa un quarto non sopravvive, mentre le rimanenti ce la fanno solo a scapito di gravissimi traumi e mutilazioni, e il più delle volte gli attacchi non vengono neppure denunciati, complici il costume, la paura, la vergogna, l’omertà.
Anche dalla sala numerosi interventi, soprattutto di donne, di comprensibile solidarietà e amicizia ma anche, quasi inaspettatamente, di altre vittime della miseria e della frustrazione maschile. Non acido in questi casi ma ripetute violenze domestiche, un accoltellamento, un investimento stradale. E la rabbia di queste nel constatare la troppo spesso insufficiente risposta giuridica e penale, e la paura di vivere, ossessionate da possibili ulteriori vendette e ritorsioni.
E l’incredulità, che aggiunge sofferenza alla sofferenza, nel costatare il distacco indifferente dei colpevoli e della loro cerchia, concentrati sulla giustificazione del loro atto e sulla minimizzazione delle conseguenze.
E non può non venire in mente l’inconcepibile episodio di pochi giorni fa e l’assurda paradossale difesa della madre napoletana: “È stato un gioco!”; Napoli come Pesaro come qualsiasi altro città: l’imbecillità non ha cittadinanza, latitudine, colore.
E si inserisce anche l’aspetto mediatico di queste vicende, altro segno evidente della stortura culturale dominante, dove sempre e comunque la donna o se l’è cercata o avrebbe potuto accorgersene prima, per non parlare dell’immondezzaio dei rotocalchi e dei talkshow dove tutti vengono invitati e spronati da indegni conduttori a parlare di tutto (“gente che parla di persone e di fatti che non conoscono.. esperti?? ma esperti di cosa???” dice Lucia).
io-sono-malalaAddirittura un intervento reclama la pena di morte per chi commette questi crimini, al quale fa da contraltare il richiamo a ricordare come la repressione e l’inasprimento delle pene non basti se culturalmente non maturano altre consapevolezze di rispetto e considerazione verso la donna. E significativamente viene ricordato anche il recentissimo Nobel per la pace a Malala, la ragazzina pakistana “sparata” perchè voleva studiare.
“Un bambino, un insegnante, un libro e una penna possono cambiare il mondo. L’istruzione è l’unica soluzione. L’istruzione è la prima cosa.”

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La crisi e le soluzioni – Incontro con Paolo Barnard – venerdì 22 novembre

allora..
ierisera sono stato ad ascoltare Paolo Barnard che ha presentato in modo semplice convincente e diretto quella che è la visione della Mmt (Modern Monetary Theory) e la conseguente spiegazione dell’attuale crisi economica italiana, europea, planetaria e la modalità per uscirne..
sala stracolma, non solo del paese, per un argomento che interessa molto e molti..
sostanzialmente, e spero di riassumere correttamente, l’attuale crisi deriva dal modello economico/finanziario scelto da una ristretta cerchia di potenti, discendenti di quelli che governavano il mondo all’epoca delle grandi monarchie, che ne hanno imposto nel ventesimo secolo regole e struttura.
tecnici e tecnocrati, politici e politicanti, che passo dopo passo ci hanno portato alla tragica situazione attuale determinata dal colpo di grazia derivato dalla perdita della sovranità monetaria a favore di quella europea che ci sta massacrando..
effettivamente non sono più i singoli stati a decidere sulle loro scelte economiche ma organismi sovranazionali che impongono limiti, formulano giudizi, stroncano e massacrano conti e bilanci..
in tutto questo la politica assiste passiva quando non consenziente e complice..
e le popolazioni soccombono..
le vie d’uscita secondo la MMT sono:
- riassegnare allo Stato il ruolo di finanziatore di prima istanza, restituendogli la possibilità di battere moneta, e di ricorrere al deficit di bilancio se necessario
- obbligare le banche al ruolo di creditori di prima istanza, recuperando loro il ruolo di fornitori di denaro
altre due cose diventano fondamentali:
recuperare la capacità politica dei parlamenti
recuperare la partecipazione della popolazione

allora: personalmente trovo molti spunti condivisibili, essendo stati citati più volte la necessità di riavvicinare valori etici e morali alle attività economiche ma anche l’errore madornale dell’opinione pubblica di farsi manovrare e abbindolare dalle false promesse delle alchimie finanziarie, delegando ad altri le decisioni e rinunciando al diritto/dovere di essere attivo, o ancora la scelta di unire gli stati di un continente iniziando dalla moneta dimenticando che la condivisione deve iniziare dalle persone..
e già questo permetterebbe non solo di smascherare i santoni della falsa economia, ma anche i profeti della falsa politica, e i cantori della falsa comunicazione..

ma, e vengo alle obiezioni,
io domani nella mia famiglia posso permettermi di spendere denaro che non ho?
eppoi
è un vero cambio di paradigma modificare una struttura economica senza considerare che i limiti delle risorse a disposizione non sono solo monetarie ma anche naturali e umane? come possiamo mantenere una crescita illimitata che è fisicamente impossibile?
e ancora
cavalcare la disperazione dei disoccupati e delle famiglie rovinate e in tragica difficoltà senza accompagnare forti riferimenti etici e morali non rischia forse di sollecitare alla protesta l’opinione pubblica ma al tempo stesso di spingerla a quegli eccessi che storicamente hanno sempre provocato reazioni uguali e contrarie?
dopo ogni rivoluzione violenta è sempre seguita una restaurazione..

in ogni caso e comunque l’occasione è e dev’essere stata propizia come stimolo a riflettere, come spunto per approfondire, leggere, ascoltare, capire, PARTECIPARE..
negli anni ’90 mentre l’economia dava le prime avvisaglie del progressivo impazzimento, spopolavano fiction e reality mentre gabibbi e iene si atteggiavano a ultimi paladini della giustizia..
ci sentiamo tra qualche minuto
ora consigli per gli acquisti

Condivi
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La Corrente: cambiamenti climatici, riscaldamento o glaciazione?

Secondo appuntamento del ciclo “Uomo e natura: convivenza e simbiosi” tenuto dal geologo Mirco Poletto e dedicato a “I cambiamenti climatici: riscaldamento o glaciazione?”

In realtà l’esposizione, anche questa volta supportata da slide con dati e numeri derivati da ricerche scientifiche e affiancate da numerosi estratti di articoli dai media di tutto il mondo, non mirava a proporre un interrogativo quanto a fornire una risposta: il global warming è una mistificazione poichè la realtà scientifica evidenzia l’avvicinarsi di una nuova glaciazione.
Suffragata dalla rilevata e significativa riduzione dell’attività solare, indice di una minore attività della nostra stella e di conseguenza dell’energia e del calore che ci raggiunge, sono stati presentati diverse tabelle e diagrammi che rapportavano questa con il succedersi delle ere climatiche sul nostro pianeta, evidenziando una corrispondenza storica significativa: attività solare ridotta = raffreddamento terrestre/glaciazione..
Anche fotografie satellitari sui due poli terrestri mostrano contrastanti estensioni dei ghiacci rispetto agli allarmi di scioglimento e riduzione pressochè quotidiani..
Quindi l’esortazione a diffidare degli appelli sul riscaldamento globale e più attenzione a leggere e accogliere notizie ed informazioni, e l’invito a cercarle, rincorrerle, valutarle moltiplicando il personale interesse e le fonti..
Personalmente devo dire che, pur condividendo l’invito finale a mettersi in gioco (non a caso l’Italia è classificata da Freedom House al 69° posto per la libertà d’informazione ovvero paese semi-libero http://www.freedomhouse.org/report-types/freedom-press) e a prender atto dell’assoluta necessità di modificare il comportamento umano nei confronti delle risorse del pianeta, avevo diverse perplessità su quanto presentato, perplessità che ho tentato di esporre e che ho poi approfondito e cerco ora di elencare..

In sostanza il dottor Poletto ha proposto che «l’allarme “Global Warming” ha motivazioni in buona parte culturali e potrebbe distoglierci dall’eventualità, questa sì scientificamente certa, di una prossima glaciazione» aggiungendo come «sia in corso una macchinazione a livello mondiale, dettata da interessi economici, che coinvolge soggetti politici, economici, scientifici, divulgativi allo scopo di convogliare attenzione e fondi verso la minaccia del riscaldamento globale»..
citato ad esempio l’ultimo documento dell’IPCC (Intergovernamental Panel on Climate Change, organismo delle Nazioni Unite) che personalmente considero poco visto che da altre organizzazioni globali ONU ma non solo, sono arrivate puttanate colossali (vedi influenza aviaria e mucca pazza)..

Per cui:
sull’espansione dei ghiacci artici
Citata una presunta espansione dei ghiacci artici negli ultimi anni, la cui responsabilità sarebbe stata attribuita da qualcuno al riscaldamento globale. Ma negli ultimi 30 anni, la diminuzione dei ghiacci artici è chiarissima e un’espansione occasionale o stagionale può essere spiegata semplicemente con ragioni meteorologiche. Il riscaldamento globale ha avuto e avrà come effetto quello di ridurre l’estensione del ghiaccio marino.

sulle catastrofiche previsioni di imminente calura tropicale
La scienza del clima non fa previsioni a breve termine, e nella letteratura scientifica non ci sono articoli (anche datati) che prevedano una qualche ‘calura’ negli ultimi anni. Ci sono invece scenari che prevedono incrementi di temperatura  su un intervallo di tempo dell’ordine dei decenni e l’intensificazione di eventi estremi, come le ondate di calore.
Pare quindi esserci confusione proiezioni climatiche e previsioni meteorologiche, citate dallo stesso Poletto ma anche dal sottoscritto.

sulla previsione dei prossimi dieci anni come molto freddi e piovosi
affermazione molto generica attribuite alle conseguenze del “dogma del Global Warming”. Non siamo riusciti a capire come e tantomeno nella letteratura scientifica di queste previsioni esiste traccia.

sull’immissione di vapore acqueo in atmosfera
Le emissioni antropogeniche di vapore acqueo in atmosfera sono ascrivibili principalmente ai cicli di raffreddamento delle centrali nucleari e termoelettriche, ai cambiamenti nell’uso del suolo e all’irrigazione (Boucher et al., 2004). Rappresentano  rispettivamente circa un millesimo e un centesimo dell’evapotraspirazione naturale – che fornisce annualmente all’atmosfera oltre 500 mila km3 d’acqua sotto forma di vapore – e sono pertanto trascurabili. Inoltre, la presenza di vapore in atmosfera dipende dalla temperatura ed è quindi un feed-back del riscaldamento globale, non la causa.

sul caso “Climate Change e Global Warming” collocato alla fine degli anni Ottanta
Se a livello socio-politico questo può essere vero, in quanto il processo negoziale che portò nel 1992 alla Convenzione delle Nazioni Unite sul clima iniziò con le conferenze di Toronto (1988), Noordwijk (1989) e Ginevra (1989), le ricerche scientifiche sono molto precedenti, tanto che l’espressione “Global Warming” è usata sin dal 1975 (Broecker, 1975). Ancora prima, nel 1938, Guy Callendar descriveva e quantificava il riscaldamento globale in atto (Callendar, 1938), mentre alla fine del secolo precedente risalgono i primi calcoli di Svante Arrhenius sulla teoria dell’effetto serra.

sulle e-mail rubate da pirati telematici.. contenenti le prove che autorevoli ricercatori e scienziati inglesi sono soliti alterare i dati in loro possesso, sulle notizie omesse, sulle costrizioni di nascondere o modificare dati scientifici
Sulla vicenda sono state svolte numerose inchieste, nessuna delle quali ha scoperto dati alterati. La principale di queste (HC-STT, 2010) ha stabilito che le azioni del principale indagato, il Prof. Phil Jones dell’Università dell’East-Anglia e Met-Office, sono state in linea con le pratiche adottate comunemente dalla comunità scientifica sul clima. Inoltre, la realtà del Global Warming è mostrata da tre serie di dati, non solo della  HadCRUT3 ottenuta da alcuni dei ricercatori derubati, ma anche da quelle statunitensi del GISS-NASA e NCDC-NOAA; la prima, fra l’altro, è quella che mostra il più basso trend di crescita delle temperature negli ultimi trenta anni. In tutto comunque ci sono state una due tre quattro cinque sei sette otto nove smentite alla tesi dell’alterazione dei dati della scienza del clima.

sul’ipotesi prospettata, ancora nel 1966, dal prof. Emiliani (geologo, micropaleontologo e considerato fondatore della paleoceanografia, che aveva predetto che entro poche migliaia di anni saremmo ripiombati in una nuova glaciazione
Cesare Emiliani, studiando la presenza degli isotopi dell’ossigeno nei fossili sul fondo del mare, riuscì a dimostrare il verificarsi di dozzine di ere glaciali nella storia del pianeta e il loro susseguirsi ciclico. Calcolando come l’andamento sarebbe continuato nel futuro, nel 1966 predisse l’avvento di una nuova era glaciale tra alcune migliaia di anni. Tuttavia, nel 1972 affermò che “l’effetto dei gas serra causato dalle emissioni umane potrebbe superare gli effetti dei cambiamenti orbitali, in tal caso affronteremo invece una de-glaciazione” (Weart, 2011).

sull’avvio di una nuova glaciazione
in assenza di variazioni, il futuro sarà segnato da una nuova glaciazione, in quanto le modificazioni legate all’impatto antropico, dovute all’immissione nell’atmosfera di particolato, saranno di segno opposto a quelle previste dal Global Warming. In realtà l’effetto raffreddante delle polveri e dei solfati ha avuto un ruolo nel dopoguerra. Oggi è nettamente superato dall’effetto surriscaldante dei gas climalteranti. Tenendo conto dei brevi tempi di residenza in atmosfera di polveri e solfati, il loro contributo principale è quello di “nascondere” parte del riscaldamento in atto. Secondo la letteratura scientifica (Mysak, 2008; Hansen, 2010), la possibilità di una nuova glaciazione è di fatto fortemente improbabile, se non impossibile, nei prossimi millenni proprio a causa della presenza dei gas serra.

sulla teoria dei cicli di Milankovic
I cicli di Milankovic sono gli effetti collettivi delle variazioni dei movimenti della Terra sul suo clima, per cui l’eccentricità orbitale, l’inclinazione assiale e la precessione dell’orbita terrestre variano periodicamente, dando luogo a glaciazioni che si ripetono ciclicamente. Questa teoria non è tuttavia ancora perfezionata; in particolare la risposta climatica più grande è relativa ad una scala temporale di 400 000 anni, ma gli effetti su questi periodi, per quanto riguarda le glaciazioni, sono apparentemente lievi e non concordano con le previsioni. Per giustificare questa discrepanza, sono chiamati in causa vari fenomeni, correlati all’anidride carbonica presente nell’aria o alla dinamica degli inlandis (massa di acqua ghiacciata che ricopre la terraferma e la cui estensione è superiore ai 50.000 kmq; gli unici ghiacciai continentali attuali sono in Antartide e in Groenlandia; durante l’ultima era glaciale nel periodo di massima estensione dei ghiacciai).

sull’unico sistema efficace che permetterebbe di verificare il contributo delle emissioni, ovvero riducendo drasticamente la popolazione umana
Si tratta di una tesi singolare quanto inconsistente, i quanto numerosi lavori (ad esempio: Solomon et al., 2009) hanno mostrato come il riscaldamento provocato dai gas climalteranti persista per una scala di tempo nettamente maggiore rispetto a quella legata ai cambiamenti antropogenici nelle concentrazioni di questi gas, e può essere considerato in sostanza irreversibile per più di un millennio. La permanenza del riscaldamento è principalmente dovuta al fatto che la riduzione delle forzanti radiative conseguente alla rimozione della CO2 atmosferica è compensata dal lento trasferimento di calore dall’oceano. In alte parole, una riduzione anche drastica della popolazione non darebbe informazioni maggiori di quelle oggi disponibili dal continuo aumento delle emissioni degli ultimi 200 anni, derivante anche dall’aumento della popolazione.

sull’epidemia di peste che diminuì le temperature del pianeta durante la piccola età del ghiaccio
Fra i ricercatori è stato oggetto di discussione in che misura il rimboschimento seguito all’epidemia di “peste nera” che ha colpito l’Europa nel 1347 può aver modificato i livelli di CO2 in atmosfera (Van Hoff et al., 2006). Si tratta comunque di variazioni limitate a pochi ppm, non in grado di provocare variazioni significative del clima globale. Questa ipotesi , invece, non è presente nella letteratura scientifica, che spiega la riduzione delle temperature della “piccola era glaciale” in modo più complesso, prevalentemente con variazioni della radiazione solare. D’altronde, se così non fosse, sarebbe ancora più evidente la pericolosità dell’incremento di oltre 110 ppm di CO2 avvenuto negli ultimi 250 anni. Dal punto di vista storico, con “Piccola Età del Ghiaccio” si intende un periodo che va dal XV al XIX secolo, non quello della pandemia durante la quale la popolazione europea è diminuita in modo consistente. È davvero difficile pensare che una crisi temporanea e limitata nello spazio possa aver condizionato il clima globale e per un periodo così lungo, solo attraverso un rimboschimento localizzato.

sui cambiamenti climatici osservati nello scorso secolo e considerati trascurabili rispetto ad almeno 10 cambiamenti climatici avvenuti negli ultimi 15000 anni
Non ci sono studi scientifici che evidenziano in quel periodo 10 cambiamenti climatici superiori a quello attuale.

sulle motivazioni scientifiche dell’impatto antropico sul clima determinato dal peso delle lobby
Sarebbe l’attribuzione delle responsabilità umane sul riscaldamento globale, tesi accettata dalla quasi totalità della comunità scientifica, al potere delle lobby “che hanno tutto da guadagnare nell’interpretazione dei dati in questa ottica”. Oltre ad essere offensiva per tutta la comunità scientifica, è una spiegazione molto debole, che non considera l’esistenza di altre lobby interessate allo status quo, il cui potere si può valutare dall’ammontare dei sussidi che ricevono. Secondo l’International Energy Agency (IEA, 2010), nel 2008 i sussidi mondiali  per i combustibili fossili sono stati di 557 miliardi di dollari e di circa 45 miliardi per le energie rinnovabili.

sui dubbi all’interno dell’IPCC
Citata anche “qualche voce all’interno dell’IPCC” che ha avanzato dei dubbi sul Global Warming, sulla base dell’analisi dei dati satellitari. Invece, persino nella sintesi del Quarto Rapporto sul Clima del 2007 l’IPCC si spiegava con chiarezza come fossero state superate le precedenti discrepanze fra dati di superficie e satellitari.

sulle temperature satellitari
Come prova dell’inesistenza del riscaldamento globale, sono stati citati “dati satellitari” che “mostrano che dal 1998… la temperatura è rimasta costante e dal 2002 e addirittura in diminuzione”. Pur se un decennio non è significativo per mostrare una tendenza climatica, nei dati satellitari della bassa troposfera non esiste alcun trend di raffreddamento, presente invece nella stratosfera proprio in congruenza dell’aumentato effetto serra. I dati alla superficie mostrano che l’aumento delle temperature è statisticamente significativo se si considera un numero adeguato di anni, per evitare l’interferenze delle oscillazioni di breve periodo.

sulle nevicate che hanno imperversato in Alaska, nel sudamerica, in Europa, nell’Asia, e che hanno di nuovo imbiancato il Kilimanjaro
Di nuovo si confonde il “tempo meteorologico” con il “clima”. La diminuzione di volume dei ghiacciai, anche del Kilimanjaro, è un altro segnale chiaro del riscaldamento in atto; a tale proposito in un articolo scientifico (Thompson et al, 2009) si leggeva: “Glacier loss on Kilimanjaro continue unabated”. E l’evidente arretramento dei ghiacciai alpini vengono giustificati come episodi locali di microclima.

sui ghiacci tra Canada e Groenlandia che hanno toccato livelli di espansione che non si vedevano dallo scorso millennioNon è chiaro a quali livelli faccia riferimento l’autore visto che le rilevazioni satellitari sono disponibili solo dal 1979 e mostrano un calo vistoso e inequivocabile dei ghiacci marini artici.

sulla CO2, che costituisce solo l’1 % dei gas serra presenti nell’atmosfera terrestre, per cui il contributo antropico è una frazione di questo scarso valore
Non viene però specificato come questa percentuale vada intesa, se in termini di massa o di effetto radiativo. Essendo così bassa può essere spiegata solo considerando fra i gas serra la presenza del vapore d’acqua; ma come detto in precedenza si tratta di un gas serra che non ha un effetto climalterante: la sua presenza è legata alla temperatura e quindi all’effetto serra determinato dalle altre sostanze, le cui variazioni influenzano direttamente il clima del nostro pianeta.

Per queste risposte sono questi i riferimenti bibliografici:
Boucher O. et al. (2004) Direct human influence of irrigation on atmospheric water vapour and climate. Climate Dynamics. 22, 597­603
Broecker  W.S. (2010) Climate Change: Are We on the Brink of a Pronounced Global Warming? Science, 189, 4201, 460-463.
Callendar, G. S. (1938) The Artificial Production of Carbon Dioxide and Its Influence on Temperature. Quarterly Journal Royal Meteorological Society vol. 64, pgs. 223–240.
Hansen J. (2010) Tempeste. Edizioni Ambiente
HC-STC (2010) The disclosure of climate data from the Climatic Research Unit at the University of East Anglia, Eighth Report of Session 2009–10. House of Commons, Science and Technology Committee
Mysak L.A. (2008) Glacial Inceptions: Past and Future.  Atmosphere-Ocean, 46, 3, 317–341.
Solomon S. et al. (2009) Irreversible Climate Change due to Carbon Dioxide Emissions, 106, 6, 1704-1709.
Thompson L.G. et al (2009) Glacier loss on Kilimanjaro continues unabated. PNAS November 2.
Van Hoff T.B. et al. (2006) Forest re-growth on medieval farmland after the Black Death pandemic—Implications for atmospheric CO2 levels. Palaeogeography, Palaeoclimatology, Palaeoecology 237, 396– 411.
Weart S. (2011) The Discovery of Global Warming.

Questo quanto mi sento di poter riportare come contributo, certo condividendo in toto l’appello finale del dottor Poletto a informarsi senza accontentarsi di una sola verità ufficiale, mentre l’unico appunto che mi sento di muovere deriva dal commento raccolto da uno dei presenti: “eh, non possiamo farci niente..”, quasi che le teorie esposte nella serata possano diventare pretesto e giustificazione per tirarsi indietro e non far nulla.


La fatalità è la scusa che l’ignavia della non azione accampa a sua improbabile discolpa.

Marino Tarizzo, 2008
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La Corrente: I giardini nella storia II°

Secondo venerdì dedicato al ciclo di incontri sui “Giardini nella storia”, e questa volta il sempre ricco e fluente intervento dell’architetto Moreno Baccichet, anche questa volta accompagnato dal ricco repertorio di immagini che ha il merito di visualizzare quanto raccontato, ha visto sviluppare il tema dei giardini rinascimentali.

 All’inizio del ‘500 si formalizza un modello di organizzazione del giardino detto “all’italiana” particolarmente legato ai formalismi geometrici e prospettici della cultura
rinascimentale. Assi, terrazzamenti, grotte, fontane arredamenti caratterizzano un giardino che vuole rifarsi al modello classico della villa romana immersa nella campagna produttiva.

  
Cominciano ad essere usati i viali come assi prospettici che connettono le varie parti del giardino e viene data particolare attenzione agli effetti panoramici, accentuati con giardini pensili, terrazze e scenografiche scalinate. È un ritorno alle forme architettoniche di gusto classico (siamo nel Rinascimento) e si nota una spiccata passione per l’ars topiaria. L’evoluzione anche culturale porterà la creazione, nel Cinquecento, di giardini attentamente asserviti alla geometria delle forme: nasce l’architettura vegetale, dove minerali e vegetali sono usati allo stesso modo, al servizio dell’uomo.
Una caratteristica che si ritrova in tutti giardini formali sono le decorazioni al suolo fatte con aiuole, siepi di sempreverdi (spesso bosso), e le decorazioni floreali disegnate su prato o su un fondo di ghiaia colorata. Oltre ai singoli cespugli potati con forme geometriche, i giardini formali presentano spesso grandi gruppi di piante o complessi vegetali di alberi o arbusti potati secondo forme geometriche, come ad esempio alberi, alti anche oltre i 20 metri, potati a spalliera, tali da realizzare vere e proprie architetture vegetali. Con la stessa logica, nei giardini formali, sono realizzati labirinti, tunnel, colonnati e anfiteatri. Nel giardino formale la pavimentazione è realizzata in terra battuta, ghiaia colorata o prato all’inglese.
Un altro elemento spesso presente è il giardino segreto, una zona riservata, nascosta nella vegetazione o murato, utilizzato per la coltivazione di piante rare o per distendersi fuori dalla vista degli altri.
Ma già solo un secolo dopo – e nel Veneto, grazie anche alle ville palladiane, esemplare esperienza di architettura a scala territoriale, nello stesso Cinquecento – la forma perfetta cinquecentesca viene modificata e ammorbidita.

Dio creò il primo giardino e Caino la prima città.
Abraham Cowley, Il giardino, 1668

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La Corrente: Vajont 2013 – 50 anni dopo

Mercoledì sera ha avuto luogo il primo degli incontri sul ciclo Convivenza e Simbiosi tenuto dal geologo Mirco Poletto, che con una puntuale ed attenta esposizione ha man mano riportato dati incontestabili, considerazioni da manuale scientifico, prove documentate “delle colpe, degli errori, delle leggerezze” (come titolava una delle slide proiettate) che hanno portato alla tragedia annunciata del Vajont, e proprio per questo evitabile e proprio per questo ancor più scandalosa.

Ed è stata un’esposizione equilibrata, senza clamori e senza eccessi, nel tentativo di evidenziare, con la legittima competenza dell’esperto, solo e solamente gli aspetti tecnici e scientifici della vicenda, già questi più che sufficienti a sottolineare come la tecnica, per quanto sopraffina e progredita, rimane limitata se rimane fine a se stessa, presuntuoso monolite di autocelebrazione.
Nel caso del Vajont la diga, mirabile manufatto ingegneristico, la più alta del suo genere nel mondo al tempo, ha tenuto, non ha ceduto, ha retto i colpi e la furia della natura, ancora una volta ignorata e sottovalutata.
Ma ciò che stava attorno alla diga si è sbriciolato, ha ceduto alle sollecitazioni causate e imposte dalla costruzione della nuova diga, mostrando al mondo la colpevole incapacità di inserire armoniosamente un prodigio della tecnica umana nel contesto ambientale esistente, frutto di secolari, millenari adattamenti e sconvolgimenti, ben conosciuti dalla popolazione locale (già il nome del monte, Toc, è tutt’altro che casuale) ma del tutto ignorati dai presunti tecnici “ambientali” che allora diedero il benestare al progetto.
E diventa quasi banale ritrovare dietro a tutto questo la logica del profitto e dell’interesse sopra tutto e ad ogni costo.
I ripetuti e successivi rialzi dei limiti dell’invaso, le continue e sempre più affrettate prove di riempimento e svuotamento, hanno ESCLUSIVAMENTE motivi di interesse.
I segnali che la montagna lanciava venivano percepiti con l’ESCLUSIVO obiettivo di concludere l’affare, di togliersi la responsabilità: che fosse il soggetto privato della SADE o il soggetto pubblico dell’ENEL, i collaudi dovevano finire il prima possibile, senza alcuna possibilità di dubbio o ripensamento.
Il risultato si è scatenato il 9 ottobre del 1963.


Così ha commentato Gian Vito Graziano Presidente del Consiglio Nazionale dei Geologi: “Dopo il Vajont la storia italiana ci racconta di troppe altri morti e distruzioni, che negli ultimi tempi sembrano diventare persino frequenti. Dal 2009 ad oggi, negli ultimi 5 anni, dai 37 morti di Giampilieri, assistiamo con una frequenza allarmante ad alluvioni e frane, che coinvolgono il Paese da Nord a Sud, senza risparmiare città importanti, ricche ed industrializzate come Genova, aree altrettanto ricche e industrializzate come il Veneto, aree di grandi tradizioni storiche e culturali e di grande bellezza paesaggistica come la Toscana. Queste tragedie non sono figlie degli errori della scienza, ma dell’incuria e del saccheggio sistematico del nostro bel Paese, che non è in grado di darsi una prospettiva di futuro che vada oltre i problemi della finanza e dell’economia. E’ evidente che questo Paese ha necessità di uno sviluppo diverso che guardi alla cura del territorio tra le sue priorità. Noi geologi lo diciamo ormai da troppo tempo.”

“La vita può essere felice e magnifica, ma noi l’abbiamo dimenticato. L’avidità ha avvelenato i nostri cuori, ha precipitato il mondo nell’odio, ci ha condotti a passo d’oca a far le cose più abiette. Abbiamo i mezzi per spaziare ma ci siamo chiusi in noi stessi.”
Charlie Chaplin, ne Il grande dittatore, 1940

http://www.sopravvissutivajont.org/chisiamo.asp
Prima della frana, i colpevoli silenzi e la criminale avidità della società elettrica. Dopo, il comportamento dello stato nei confronti dei superstiti e la corsa all’affare
Vajont, due volte tragedia

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Il piccolo Principe a Ville Hélène

Il piccolo Principe giunse al pianeta di ville hélène, che era abitato da un sindaco vanitoso.
“Ah! ah! ecco la visita di un ammiratore, elettore e suddito”, gridò da lontano il sindaco vanitoso appena scorse il piccolo Principe.
Per i sindaci vanitosi tutti gli altri uomini sono degli ammiratori, elettori e sudditi.
“Buon giorno”, disse il piccolo Principe, “che buffo cappello avete!”
“È per salutare”, gli rispose il sindaco vanitoso. “È per salutare quando mi acclamano, e più mi acclamano più cerco motivi per farmi acclamare, inaugurando piazze, strade, palazzi e palestre, ma sfortunatamente non passa mai nessuno da queste parti”.
“Ah sì?” disse il piccolo Principe che non capiva.
“Tu non capisci perché eri distratto o non ti ricordi bene; batti le mani l’una contro l’altra”, consigliò allora il sindaco vanitoso.

Il piccolo Principe batté le mani l’una contro l’altra e il sindaco vanitoso salutò con finta modestia sollevando il cappello e cominciando un discorso sulle opere da lui compiute.
È divertente, si disse il piccolo Principe, e ricominciò a batter le mani l’una contro l’altra.
Il sindaco vanitoso ricominciò a salutare sollevando il cappello, continuando il discorso che celebrava se stesso.
Dopo cinque minuti di questo esercizio il piccolo Principe si stancò della monotonia del gioco: “E che cosa bisogna fare”, domandò, “perché il cappello caschi? O perché io possa chiedere un aiuto per la mia piccola sorellina in difficoltà?”
Ma il sindaco vanitoso non l’intese, le piccole sorelline e fratellini sono pochi sudditi immaturi che non votano.
I sindaci vanitosi non sentono altro che le lodi e non vedono  altro che i loro progetti.
“Mi ammiri molto, veramente?” domandò al piccolo Principe. “Voterai per me? Ho giusto una dispensa colma di porchetta e spiedo.”
“Che cosa vuol dire ammirare?” chiese il piccolo Principe.

“Ammirare vuol dire riconoscere che io sono il sindaco più bello, più elegante, più ricco e più intelligente di tutto il pianeta. Fammi questo piacere. Ammirami lo stesso! Vota per me!”.“Ti ammiro”, disse il piccolo Principe, alzando un poco le spalle, “ma tu che te ne fai del mio voto, se poi non ascolti le mie richieste e soprattutto non presti attenzione ai bisogni della mia sorellina? Eppoi la porchetta e lo spiedo della tua dispensa è stata comperata anche con il mio denaro.”
E il piccolo Principe se ne andò.
Decisamente i grandi sono ben bizzarri e deludenti, diceva con semplicità a se stesso, durante il suo viaggio.

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