Campagna elettorale: dite la vostra!

Care lettrici, cari lettori,

mancano solo dieci giorni alle elezioni e la campagna elettorale è entrata nel vivo! Candidati e cittadini si incontrano tutti i giorni (più volte al giorno) per discutere, capire, condividere, protestare, proporre, contestare.
Siamo nel bel mezzo di uno dei momenti di maggior contatto sociale della nostra vita democratica. Anche sul blog la discussione si fa più densa e i temi si delineano con maggiore precisione. Come avete notato (fin dal primo post) i temi della trasparenza e della pianificazione del territorio sono quelli che riscuotono il maggiore interesse.

Ma questo blog può crescere ancora se c’è sempre maggiore partecipazione da parte di tutte/i voi.

Per questo vorremmo conoscere le vostre opinioni:

Come sta andando, secondo voi, la campagna elettorale? Ci sono elementi di novità rispetto al passato?

Come giudicate i programmi delle due liste in competizione?

Come giudicate le liste rispetto alla loro composizione? Le/i candidate/i sono rappresentative/i?

Quali sono gli impegni che le/i candidate/i, al di fuori dei programmi elettorali ufficiali, stanno prendendo con i propri elettori? Le promesse fatte in campagna elettorale sono realistiche e veramente realizzabili?

Cosa vorreste dire, fora par fora, alle/ai candidate/i?

Sentitevi liberi di esprimervi liberamente. Come avete visto tolleriamo i commenti anonimi, anche perché spesso si sono dimostrati densi di informazioni. Riteniamo però che non si possa veramente chiedere a chi fa politica nel nostro Comune di rispondere responsabilmente delle loro affermazioni e dei loro atti continuando a nascondere la propria identità.
Nessun politico può sottrarsi a contestazioni o richieste fatte a viso aperto.

Quindi, please, dite la vostra!

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Condivi
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Caro Anonimo ti scrivo!

Uno dei nostri lettori ieri ha posto la questione della partecipazione alla vita istituzionale nei seguenti termini: «La domanda giusta a cui arrivare non è “entrare nel palazzo o no?”; più correttamente la domanda a mio avviso è “entrare nel palazzo a qualsiasi costo?”
Cioè,
il fine giustifica sempre i mezzi?
E il fine è davvero raggiungibile con mezzi che contraddicono la base concettuale del fine stesso?».
La nostra risposta è no!
Il fine non giustifica i mezzi. E raggiungere il fine con mezzi che lo contraddicono, concettualmente e sostanzialmente, è raggiungere un fine diverso (perché cambiato nel suo farsi dai mezzi impiegati).
Come sappiamo, è stato Machiavelli a dare avvio a quello che si chiama realismo politico (secondo il quale appunto il fine giustifica i mezzi). Possiamo ritenerci allora radicalmente antimachiavellici e affermare che
fine e mezzi devono essere coerenti.
Questa idea è un’ottimo punto di partenza. Se assunta come unico criterio guida rischia però di condurre a forme di partecipazione politica di testimonianza (della minoranza, del diverso, dell’escluso), importantissime certo, ma che non devono creare nuove forme di isolamento. Non è quello che intendiamo fare noi.
All’idea di
coerenza tra fine e mezzi uniamo la richiesta della massima partecipazione politica da parte delle/dei cittadine/i e un’idea di società aperta secondo la quale tutti gli attori sociali, considerati uguali tra loro, concorrono a orientare la vita e lo sviluppo della società. In una società aperta nessuno è depositario della verità ultima delle cose. In essa le decisioni nascono dall’accordo tra i vari soggetti. Per questo ha senso parlare liberamente e responsabilmente con tutta la cittadinanza che già adesso è attiva nella sfera pubblica, sia essa di destra, centro, sinistra o volutamente apolitica.
In più riteniamo che le nostre concittadine e i nostri concittadini possano partecipare direttamente alle formazione delle deliberazioni del Comune. Questo modo di intendere la vita politica di una comunità è patrimonio della nostra storia condivisa e della nostra cultura politica. Siamo convinti che la partecipazione attiva della cittadinanza sia la principale garanzia di coerenza tra fine e mezzi. Non per l’esercizio di una semplice funzione di controllo semi-passivo, ma per la reale condivisione degli obiettivi e l’attivazione individuale orientata al loro raggiungimento. Il realismo politico di Machiavelli prevede una visione elitaria del potere contro la quale ci battiamo.

Il nostro impegno non è solo di aprire le porte del municipio ma di farci entrare il maggior numero di persone possibile. In questo senso assegniamo un’importanza fondamentale alla comunicazione istituzionale. Ma restano imprescindibili le relazioni interpersonali e “l’immediata discussione locale”.

Per questo motivo rinnoviamo a voi tutti cari Anonimi l’invito a partecipare, nel modo che preferite, anche restando anonimi.

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Condivi
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Non lasciateli da soli… i sindaci!!

Che senso ha eleggere un consiglio comunale se chi conta davvero è il sindaco? Vi sembra una domanda forte? In queste settimane non si fa che parlare di chi sarà candidato alla carica di sindaco del nostro Comune. E i programmi che fine hanno fatto? E i candidati alla carica di consigliere? Che senso ha parlare solamente di chi sarà candidato sindaco?
La prima domanda è volutamente esagerata. L’ultima, invece, ci pare giustamente critica.
In questi giorni non è inconsueto sentire affermare la quasi totale inutilità del consiglio comunale. L’elezione diretta del sindaco è stata introdotta in Italia nel 1993 per rispondere a una legittima richiesta (dei cittadini innanzitutto) di efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa. L’elezione diretta del sindaco ha comportato una drastica ridistribuzione dei poteri tra le istituzioni comunali. È evidente che gli poteri decisionali accentrati nella figura del sindaco non trovano reali contrappesi nel consiglio comunale. Di reale contrappeso politico possono essere eventualmente solo le formazioni che esprimono le candidature e che permettono, in termini organizzativi, la stessa elezione del sindaco. Purtroppo però la conquista della poltrona di primo cittadino è considerato un risultato sufficiente e appagante. Pertanto, nonostante la buona volontà del legislatore, l’aver accentrato i reali poteri comunali nelle mani del sindaco, non garantisce il buon governo delle nostre municipalità. Al contrario, molto spesso il sindaco eletto (magari solo da una minoranza di cittadini, è bene ricordarlo) si comporta da piccolo monarca. Ecco allora che gli assessori si trasformano in semplici assistenti personali del sindaco e i consiglieri in muti (se non del tutto annoiati) spettatori. Troppi esempi di questi ultimi 15 anni dimostrano che un sindaco lasciato solo a se stesso finisce per scontentare o, addirittura, diventa del tutto imprevedibile, tanto che nella maggior parte dei casi risulta detestato dalla sua stessa maggioranza.
Noi combattiamo questa degradazione delle istituzioni comunali. Riteniamo infatti che in nessun caso una sola persona sia sufficiente a ben governare anche il più piccolo dei comuni d’Italia. Crediamo nella forza di un gruppo che ha la volontà di impegnarsi con una prospettiva di azione di lungo periodo (almeno 10 anni), facendo propri contenuti condivisi e potenzialmente maggioritari. Il programma di governo è uno di questi contenuti. Ma a esso si aggiungono anche altri contenuti politici sostanziali fatti di cultura politica e relazioni sociali, di soluzioni per il presente e di progetti per il futuro (memori del passato, rinnovando così appartenenze culturali condivise e tolleranti, proprie della nostra cultura).
Per questi motivi non ci interessa individuare solo un possibile candidato sindaco e catalizzare attorno alla sua persona una lista elettorale accidentale. E affermiamo questo a prescindere dalla qualità umane, culturali e professionali dei candidati. Anche quando queste ne giustificano ampiamente la scelta. La domanda che ci poniamo è la seguente: come può una sola persona sostituirsi a 20, 50, 100? La risposta è fin troppo semplice: non può. In modo altrettanto semplice accade invece che si eviti la complessità del quotidiano (i contenuti di cui si deve occupare un’amministrazione comunale) concentrandosi sulla sola individuazione del candidato sindaco. Poi i candidati alla carica di consigliere aderiranno alla lista approvando la candidatura maggiore, quella del sindaco. Il programma verrà dopo, spesso come mero adempimento normativo, cominciando così a dar vita a quello sbilanciamento di potere che caratterizza i nostri Comuni.
Per tutti questi motivi scegliamo prima di tutto di costituirci come gruppo di cittadinanza attiva, prima ancora di decidere di costituirci in lista e di partecipare alla competizione elettorale del prossimo giugno.
Perché abbiamo una prospettiva di azione politica di lungo periodo (per i prossimi 10-15 anni saremo qui ad agitare le acque ogni volta che ce ne sarà bisogno);
perché siamo convinti che le/i migliori candidate/i siano espresse/i dalla libera e partecipata discussione democratica;
perché amiamo la nostra terra, il nostro Comune e ci sta a cuore il nostro futuro condiviso;
perché crediamo che un buon Comune sia fatto dalla partecipazione di buone/i cittadine/i prima ancora che da un buon sindaco.

… perché ci stiamo pensando ;)

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Condivi
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quelli che san dire solo NO !?!?

propongo la seguente riflessione a tutti:
finchè chi difende il territorio, chi rifiuta la cementificazione selvaggia, chi combatte l’abusivismo edilizio, chi si oppone alla moltiplicazione delle strade dei ponti delle canalizzazioni, chi lotta per tutelare il verde, le specie animali, la biodiversità, l’equilibrio naturale di questo pianeta che ci ospita e ci permette la vita, finchè costoro (e mi ci metto umilmente assieme) vengono visti come quelli del NO e del CONTRO e delle CAVERNE noi non abbiamo alcuna possibilità di credito, di seguito, insomma di quella partecipazione popolare necessaria al cambiamento…

oggi a pranzo ascoltavo occasionali compagni di tavolo dire tutto e il contrario di tutto: in italia le case nuove costano un’esagerazione, in spagna costano molto meno ma ci sono quartieri interi nuovi e invenduti, in italia non abbiamo infrastrutture, in spagna ma anche in francia se dicono facciamo un’autostrada, facciamo l’alta velocità le fanno, in italia se cento individui dicono di no all’autostrada e all’alta velocità per 10 milioni di persone non si fa, in spagna il territorio poco urbanizzato ha permesso di pianficare e realizzare le infrastrutture, in italia dall’aereo di notte vedi una luce unica da venezia a torino, in spagna e anche in francia le infrastrutture costano la metà di quelle italiane, e la scuola, e la sanità, e il servizio pubblico, bla, bla, bla..
ho provato solo a dire che in spagna ma anche in francia hanno realizzato l’alta velocità perchè la velocità ordinaria e locale era efficiente e puntuale..

quanta informazione obiettiva e cultura reale ci vogliono per spazzare via decenni di disinformazione interessata, di indottrinamento mirato, di disinteresse e superficialità facile, populista, demagogica, televisiva e contagiosa???
e soprattutto: come far capire la necessità di tutta questa nuova consapevolezza? che saper dire NO può significare la possibilità di futuro?
“Quando l’ultimo albero sarà stato abbattuto, l’ultimo fiume avvelenato, l’ultimo pesce pescato, vi accorgerete che non si può mangiare il denaro. La nostra terra vale più del vostro denaro. E durerà per sempre.” così rispondeva Piede di Corvo della tribù dei Piedineri ai visi pallidi che gli offrivano denaro per la terra della sua tribù..

e mi capita a volte di ricordare quella storiella dove l’anziano maestro in riva al mare di fronte ad un esterrefatto discepolo va e viene dall’acqua ad una buca nella sabbia con un cucchiaino nel tentativo di svuotare l’oceano e contemporaneamente riempire la buca.. il discepolo incredulo dopo una decina di avanti e indietro sbotta: “Maestro, è una follia.. non ci riuscirai mai!” e il vegliardo risponde: “Lo so, figlio mio, ma è questo che dà un senso alla mia vita!” … ovvero non sempre il risultato conta per ciò che si fa ma vale piuttosto l’impegno che ci si mette..
magra consolazione?
e voi che ne dite?

Condivi
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Si parte! Cosa ci spinge ad agire.

FRANCENIGO – GAIARINE

L’idea della possibile costituzione di una lista di donne e uomini che si presentino insieme alla prossime elezioni amministrative nasce dalle libere discussioni attorno a due necessità:

- il bisogno di trasparenza nella vita politica locale (ma anche nazionale e globale) e della democratizzazione che ne deriva.

- l’amore per il nostro territorio e la volontà di arrestare la sua distruzione per permettere a noi e ai nostri figli una vita degna di essere vissuta;

Il combinarsi di queste esigenze genera uno schema di lettura che ci permette di delineare con semplicità le nostre richieste politiche e da queste le possibili proposte per il nostro Comune.
Per fare un esempio, possiamo affermare che è proprio la mancanza di trasparenza, e conseguentemente di partecipazione democratica, nella deliberazione dei piani territoriali e urbanistici che porta alla distruzione del nostro territorio, poiché prevalgono logiche particolaristiche, clientelari, contrarie all’interesse generale.
Non si tratta pertanto di elaborare solo un programma e di presentarsi alla prossima competizione elettorale. Occorre, preventivamente, capire se la sensibilità che ci anima e di cui siamo interpreti, trovi nella nostra comunità una sufficiente “massa critica”, cioè un numero adeguato di persone [o l’“energia sociale” sufficiente] in grado di sostenere pubblicamente le questioni politiche che ci stanno a cuore, più semplicemente capaci di farsi ascoltare. Queste/i cittadine/i possono già essere attive/i, oppure devono essere mobilitati, messi nella condizione di rispondere positivamente al loro stesso bisogno di partecipazione. Credo che tutti noi conosciamo persone sinceramente interessate alla qualità della vità[1] propria e collettiva.
Allargando la discussione verificheremo la possibilità di elaborare e condividere un progetto generale, necessariamente sperimentale, per ridare libertà alle energie positive del nostro Comune. Il carattere sperimentale del nostro progetto emerge dalla consapevolezza che nessuno, al momento attuale, detiene un sapere esperto in grado di prospettare una soluzione realistica alle varie situazioni di crisi che in questi anni si vanno accumulando: crisi economico-finanziaria, crisi sociale, crisi ecologica.
Non si tratta di mettere la mani sulla torta ma piuttosto di rimettere le mani in pasta, insieme, avendo cura di ricordare costantemente che quello che stiamo impastando e il nostro stesso pane. Per questo il metodo di lavoro può essere solamente quello dell’elaborazione paritaria (rispettosa delle visioni diverse), capace di accogliere il contributo di tutti, quindi unanime, condivisa senza incertezze.
La proposta iniziale è quella di organizzare un rapida serie di incontri, pubblici e privati, nel corso dei quali valutare/presentare il progetto. Per fare questo occorre, ovviamente, proporre visioni e soluzioni concrete rispetto ai problemi condivisi. Una prima lista delle questioni da tematizzare è la seguente:

- opzione 0 sul territorio [consumo 0 del territorio, “basta capannoni”?], salute e qualità della vita [prevenzione, estetica], recupero ambientale [fognature, suolo, acque, flora, fauna];

- trasparenza, comunicazione politica, legalità [gestione “macchina” comunale] e partecipazione democratica;

- opzioni economiche future e modello/i di sviluppo [energia, produzione, consumi, trasporti];

- cultura sociale condivisa [associazioni, sale veramente pubbliche], e immigrazione [flussi economici vs cultura dell’incontro];

Soprattutto non dobbiamo avere la falsa percezione che non c’è abbastanza tempo, non ci sono abbastanza energie, non c’è abbastanza motivazione. Tempo, motivazione ed energia ci sono, eccome, possiamo prenderci il lusso di riflettere con calma, per il meglio, senza ricadere da subito nella logica assurda del “fare”, del risultato a ogni costo.

Un modo di comunicare diverso deve emergere, un vero e proprio vocabolario nuovo, in grado di ridare a tutti la fiducia nelle proprie speranze.

[1] Occorrerà approfondire più avanti, che cosa si possa intendere, in modo condiviso, per qualità della vita (indicatori, valori, “postmaterialismo”).

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