Acqua bene pubblico: quando la societ

Nel post del 9 maggio scorso ci chiedevamo quale riguardosa e discreta attività stessero conducendo maggioranza e minoranza sul tema della tutela dell’acqua come bene pubblico, così clamorosamente deliberata in Consiglio Comunale non più tardi di 3 mesi fa, approfittando della campagna referendaria con la quale si vuole raccoglier firme per abrogare i passaggi più vergognosi della recente Legge Ronchi, che obbligherà entro due anni a svendere la gestione dell’acqua ai privati.
A quella domanda abbiamo ricevuto una sola risposta (e proprio su questo blog) che si riassume nella disponibilità (apprezzata ma non sufficiente) dei consiglieri di minoranza ad autenticare le firme se qualcuno si darà da fare per raccoglierle; e quindi constatiamo che le dichiarazioni, per quanto ideali, rimangono pressoché sulla carta, secondo un gioco troppe volte visto ormai (ma evidentemente non sufficienti ancora a farlo smascherare da tutta l’opinione pubblica) dove si fa a gara a chi per primo fa proprio il valore più alto, l’ideale supremo, ergendolo a bandiera e vessilo, ma riducendolo a slogan e propaganda, costringendo l’avversario al silenzio o a borbottare un’adesione forzata fino alla successiva trovata pubblicitaria che inneschi una nuova escalation per l’allungo di una delle parti.
Così è successo con questa delibera, nobile, prestigiosa, ammirevole e generosa nella sua formulazione ma una volta letta dalla minoranza e nemmeno discussa ed esaminata dalla maggioranza (per incapacità dialettica? ignoranza tecnica? solidarietà politica verso chi ha legiferato?) rimossa e dimenticata; che ora il nuovo slogan della maggioranza è “fotovoltaico redditizio e conveniente” (che tradotto significa «far schei còl sol»).
E allora?

E allora una parte della società civile di Gaiarine (noi ForaparFora e Amica Terra), si muove, si informa, sa che il Forum dei movimenti per l’acqua ha costituito un Comitato Nazionale che promuove la raccolta di firme per arrivare alla proposizione di un referendum con 3 quesiti per l’abrogazione parziale della Legge Ronchi, e allora fa proprio lo spirito di questa delibera, e in contatto con i referenti di Treviso, si procura i moduli per la raccolta di firme e li deposita nei comuni di GAIARINE, CORDIGNANO, ORSAGO e CODOGNÈ dando così finalmente ai cittadini di questi quattro comuni la possibilità di firmare per i 3 quesiti.
E gli amministratori del nostro Comune?

Il Sindaco, gli assessori, i consiglieri di maggioranza che faranno?

Avranno la coerenza e il coraggio di apporre la loro firma sui 3 quesiti?

Riuscirà il nostro Sindaco a superare l’idisioncrasia dimostrata pochi mesi fa per le “firme popolari”?
E i consiglieri di minoranza, la cui firma diamo per scontata, avranno la coerenza di esporsi mettendo in campo iniziative concrete per promuovere una raccolta firme in quel di Gaiarine?

Infine alleghiamo, per informare e soprattutto per sensibilizzare i cittadini (e speriamo anche i nostri amministratori), l’email pervenutaci oggi dalla Segreteria della Campagna Referendaria Acqua Pubblica.


Care/i, anche oggi, man mano che in segreteria arrivavano i dati dalle varie regioni, ci si rendeva conto del raggiungimento di un nuovo record settimanale: oltre 150.000 firme raccolte per un totale di 680.624 firme!
Già la prossima settimana raggiungeremo l’obiettivo delle 700.000 firme prefissato a inizio campagna.

Non ci sono flessioni, ogni settimana è una settimana record, complimenti a tutti!

E adesso avanti tutta verso il milione di firme a sostegno dei tre referendum!

Per quanto riguarda il nostro Giro d’Italia dell’acqua pubblica vi comunichiamo che la provincia di Savona ha vinto la maglia rosa (percentuale di firme totali raccolte rispetto alla popolazione) e la provincia di Frosinone ha vinto la maglia blu (maggior numero di fimre raccolte rispetto alla popolazione nell’ultima settimana).

Un grande applauso ai savonesi e ai ciociari che festeggeremo tutti assieme in luglio quando consegneremo le firme.

Nessuna campagna referendaria ha raccolto tanti consensi in così poco tempo come la nostra.

Una grande festa della democrazia e della partecipazione che sta facendo entrare i tre referendum per la ripubblicizzazione dell’acqua nella storia di questo paese.

Non è il momento di mollare. Dimostriamo tutta la nostra forza, raggiungiamo e superiamo il milione di firme, continuiamo a pedalare tutti insieme verso il traguardo. Questo obiettivo ci consentirebbe di rendere manifesto l’enorme consenso registrato e di dare un maggiore peso politico all’iniziativa.

Proseguiamo il lavoro con l’impegno e l’entusiasmo che abbiamo messo in campo finora perchè il milione di firme è alla nostra portata!

La Segreteria della Campagna Referendaria Acqua Pubblica
info: www.acquabenecomune.org

Condivi
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Acqua bene pubblico: quando la societ

Nel post del 9 maggio scorso ci chiedevamo quale riguardosa e discreta attività stessero conducendo maggioranza e minoranza sul tema della tutela dell’acqua come bene pubblico, così clamorosamente deliberata in Consiglio Comunale non più tardi di 3 mesi fa, approfittando della campagna referendaria con la quale si vuole raccoglier firme per abrogare i passaggi più vergognosi della recente Legge Ronchi, che obbligherà entro due anni a svendere la gestione dell’acqua ai privati.
A quella domanda abbiamo ricevuto una sola risposta (e proprio su questo blog) che si riassume nella disponibilità (apprezzata ma non sufficiente) dei consiglieri di minoranza ad autenticare le firme se qualcuno si darà da fare per raccoglierle; e quindi constatiamo che le dichiarazioni, per quanto ideali, rimangono pressoché sulla carta, secondo un gioco troppe volte visto ormai (ma evidentemente non sufficienti ancora a farlo smascherare da tutta l’opinione pubblica) dove si fa a gara a chi per primo fa proprio il valore più alto, l’ideale supremo, ergendolo a bandiera e vessilo, ma riducendolo a slogan e propaganda, costringendo l’avversario al silenzio o a borbottare un’adesione forzata fino alla successiva trovata pubblicitaria che inneschi una nuova escalation per l’allungo di una delle parti.
Così è successo con questa delibera, nobile, prestigiosa, ammirevole e generosa nella sua formulazione ma una volta letta dalla minoranza e nemmeno discussa ed esaminata dalla maggioranza (per incapacità dialettica? ignoranza tecnica? solidarietà politica verso chi ha legiferato?) rimossa e dimenticata; che ora il nuovo slogan della maggioranza è “fotovoltaico redditizio e conveniente” (che tradotto significa «far schei còl sol»).
E allora?

E allora una parte della società civile di Gaiarine (noi ForaparFora e Amica Terra), si muove, si informa, sa che il Forum dei movimenti per l’acqua ha costituito un Comitato Nazionale che promuove la raccolta di firme per arrivare alla proposizione di un referendum con 3 quesiti per l’abrogazione parziale della Legge Ronchi, e allora fa proprio lo spirito di questa delibera, e in contatto con i referenti di Treviso, si procura i moduli per la raccolta di firme e li deposita nei comuni di GAIARINE, CORDIGNANO, ORSAGO e CODOGNÈ dando così finalmente ai cittadini di questi quattro comuni la possibilità di firmare per i 3 quesiti.
E gli amministratori del nostro Comune?

Il Sindaco, gli assessori, i consiglieri di maggioranza che faranno?

Avranno la coerenza e il coraggio di apporre la loro firma sui 3 quesiti?

Riuscirà il nostro Sindaco a superare l’idisioncrasia dimostrata pochi mesi fa per le “firme popolari”?
E i consiglieri di minoranza, la cui firma diamo per scontata, avranno la coerenza di esporsi mettendo in campo iniziative concrete per promuovere una raccolta firme in quel di Gaiarine?

Infine alleghiamo, per informare e soprattutto per sensibilizzare i cittadini (e speriamo anche i nostri amministratori), l’email pervenutaci oggi dalla Segreteria della Campagna Referendaria Acqua Pubblica.


Care/i, anche oggi, man mano che in segreteria arrivavano i dati dalle varie regioni, ci si rendeva conto del raggiungimento di un nuovo record settimanale: oltre 150.000 firme raccolte per un totale di 680.624 firme!
Già la prossima settimana raggiungeremo l’obiettivo delle 700.000 firme prefissato a inizio campagna.

Non ci sono flessioni, ogni settimana è una settimana record, complimenti a tutti!

E adesso avanti tutta verso il milione di firme a sostegno dei tre referendum!

Per quanto riguarda il nostro Giro d’Italia dell’acqua pubblica vi comunichiamo che la provincia di Savona ha vinto la maglia rosa (percentuale di firme totali raccolte rispetto alla popolazione) e la provincia di Frosinone ha vinto la maglia blu (maggior numero di fimre raccolte rispetto alla popolazione nell’ultima settimana).

Un grande applauso ai savonesi e ai ciociari che festeggeremo tutti assieme in luglio quando consegneremo le firme.

Nessuna campagna referendaria ha raccolto tanti consensi in così poco tempo come la nostra.

Una grande festa della democrazia e della partecipazione che sta facendo entrare i tre referendum per la ripubblicizzazione dell’acqua nella storia di questo paese.

Non è il momento di mollare. Dimostriamo tutta la nostra forza, raggiungiamo e superiamo il milione di firme, continuiamo a pedalare tutti insieme verso il traguardo. Questo obiettivo ci consentirebbe di rendere manifesto l’enorme consenso registrato e di dare un maggiore peso politico all’iniziativa.

Proseguiamo il lavoro con l’impegno e l’entusiasmo che abbiamo messo in campo finora perchè il milione di firme è alla nostra portata!

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L’acqua non si vende: Campagna Referendaria!

Era il 3 marzo del 2010, e in Consiglio Comunale un consigliere di minoranza leggeva con solennità un ordine del giorno che impegnava l’intero consiglio a

  1. costituzionalizzare il diritto all’acqua, attraverso le seguenti azioni:
    - riconoscere anche nel proprio Statuto Comunale il Diritto Umano all’acqua,
    […]
  2. a promuovere nel proprio territorio una Cultura di salvaguardia della risorsa idrica e di iniziativa per la ripubblicizzazione del Servizio Idrico Integrato attraverso le seguenti azioni:
    - informazione della cittadinanza sui vari aspetti che riguardano l’acqua sul nostro territorio, sia ambientali che gestionali;

    - contrasto al crescente uso delle acque minerali e promozione dell’uso dell’acqua dell’acquedotto per usi idropotabili, a cominciare dagli uffici, dalle strutture e dalle mense scolastiche;
    - promozione di una campagna di informazione/sensibilizzazione sul risparmio idrico, con incentivazione dell’uso dei riduttori di flusso, nonché promozione, in campo urbanistico–edilizio nelle procedure di attuazione del nuovo PAT, dell’installazione della doppia conduttura, di riciclo delle acqua e di azione di raccolta delle acque piovane per uso civile;
    […]
  3. a sottoporre all’Assemblea dell’Ambito Territoriale Ottimale l’approvazione delle proposte e degli impegni sopra richiamati oltre ai seguenti:
    - sensibilizzazione all’importanza della riduzione dei consumi di acqua in eccesso attraverso informazione, incentivi, nonché attraverso una modulazione della tariffa tale da garantire la gratuità di una quantità da definirsi di litri per persona al giorno;
    […]
IL CONSIGLIO COMUNALE

con voti : – favorevoli n. 5 – contrari n. 0 – astenuti n. 11

D E L I B E R A

DI DICHIARARE l’acqua:
• un bene comune, essenziale ed insostituibile per la vita di ogni essere vivente;
• un diritto inviolabile, universale, inalienabile ed indivisibile dell’uomo, che si può annoverare fra quelli di riferimento previsti dall’art. 2 della Costituzione della Repubblica Italiana.
DI DICHIARARE
il Servizio Idrico Integrato un servizio pubblico locale privo di rilevanza economica, in quanto servizio pubblico essenziale per garantire l’accesso all’acqua per tutti e pari dignità umana a tutti i cittadini.
DI TRASMETTERE il presente provvedimento all’AATO Veneto Orientale.
[…]

Forse loro non lo sanno: lo trovate integralmente qui !

Ma come recita la saggezza popolare, tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare e proprio di altrettanta acqua sembra esserci bisogno per far emergere il sotterraneo e oscuro lavoro che certamente i Consiglieri tutti stanno operando per mettere in pratica impegni così solennemente presi. Come altrettanto sicuramente si stanno adoperando per promuovere «tutte le iniziative finalizzate alla ripubblicizzazione del Servizio Idrico Integrato nel territorio di propria pertinenza» e quindi anche l’adesione fattiva alla Campagna Referendaria che sta raccogliendo firme per abrogare tutte quelle norme che di fatto hanno aperto le porte della gestione dell’acqua ai privati e cambiando la risorsa bene comune per eccellenza in merce. Considerata l’importanza dell’obiettivo “Acqua bene di tutti” non ne facciamo certo una questione di colore o schieramento politico, per cui attendiamo fiduciosi di poter collaborare come foraxfora ai banchetti allestiti sia dai consiglieri di maggioranza che di minoranza.

Oh, si saran mica persi in un bicchier d’acqua?

Banchetti ed iniziative in Veneto; referenti x Treviso
Banchetti ed iniziative in Friuli Venezia Giulia; referente x Pordenone
Appello di Padre Alex Zanotelli

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Sempre a risorse infinite…anche con il Fotovoltaico (3)


L’agricoltura è in crisi: lo dicono tutte le associazioni di categoria (se volete approfondire andate su questo sito http://www.florablog.it/2009/11/12/e-solo-unimpressione-o-lagricoltura-in-italia-sta-davvero-morendo/

L’agricoltura in Italia da lavoro al 4% della popolazione e purtroppo gli addetti sono in continuo calo, ma quello che preoccupa di più è il fatto che abbiamo un giovane contadino con meno di 35 anni ogni 12,5 agricoltori con più di 65 anni.

Così, mentre noi abbiamo un agricoltore giovane su 12,5 agricoltori vecchi, la Francia ne ha uno su 1, 5 e la Germania uno su 0,8.

E’ sufficiente analizzare questo dato per capire quanto sia profonda la crisi dell’agricoltura in Italia e quale sarà il suo futuro se non si interverrà in fretta.

Viene spontaneo associarsi all’appello fatto a suo tempo da Petrini ai giovani “Uscite dai call center, andate nei campi!. Fatevi il favore di un lavoro meno precario, più creativo, più gratificante dove siete i padroni di voi stessi, per ritrovare un sano rapporto con il mondo”

Ma al di la degli appelli bisognerebbe fare cose concrete in modo che i giovani rientrino nel mondo agricolo, ritrovino la voglia e la condizione economica sufficiente per vivere e far vivere le loro famiglie.

E’ vero ci sono programmi Europei, nazionali e regionali per incentivare ed aiutare i giovani che approcciano o sono già inseriti nel mondo agricolo, ma questo non basta.

Il problema più grande è in costo della terra.

In Italia, in media, un ettaro costa 25.500 euro. Un prezzo enorme se confrontato con i 5.500 euro della Francia, i 6.500 della Germania e gli 8.500 dell’Olanda.

Qui da noi, però, un ettaro di terreno costa non meno di 80.000 euro (solo raramente si scende sotto questa cifra) e se su di esso sono presenti colture specializzate come vigneto, frutteti, ecc, può valere anche 150.000 euro.

Tutti sappiamo perché la terra in quest’angolo di Nord/Est ha un prezzo così elevato.
E’ inutile nasconderselo. Molti terreni sono stati acquistati da non agricoltori come bene rifugio di denari che in qualche caso non sono stati assoggettati alle imposte, terreni che normalmente vengono coltivati da terzisti e che rendono al proprietario il contributo PAC.
Terreni, questi, sui i quali si attende magari per anni la trasformazione in zona residenziale o industriale, tanto il proprietario non è agricoltore e non necessita per vivere del ricavato proveniente dalla loro coltivazione. Terreni che quindi non si vendono e non si affittano ad agricoltori.

Piero è un giovane che decide di “darsi” all’agricoltura.
Ha studiato. Ha fatto qualche lavoro precario ora però non trova lavoro.
Ha sempre aiutato il nonno nei lavori dei campi ha quindi l’esperienza per poter essere un buon agricoltore.
Il papà invece lavora in fabbrica.
La famiglia ha potuto vivere in modo decente e lui ha potuto studiare, anche perché al reddito del papà si sommava quello proviene dalla piccola azienda agricola gestita dal nonno.
Il nonno è morto e lui pensa seriamente di subentrare all’attività del nonno.
Ragiona e fa quattro conti. Si interroga: potrò mai vivere e mantenere una famiglia con il reddito ricavato da questa sola attività agricola?
Gli sorgono dubbi. Comprende che questa piccola azienda andrebbe ampliata, bisognerebbe avere qualche ettaro in più.
Si guarda attorno, chiede in giro e si rende immediatamente conto che non pot
rà mai acquistare dei nuovi terreni: avrebbe bisogno di centinaia di migliaia di euro, neppure con i prestiti agevolati, mutui, ecc. mai riuscirebbe ad avere sufficiente terra per garantirsi un futuro decente.
Non demorde. Si mette a cercare terreni in affitto, e così scopre che il suo Comune, il Comune di Gaiarine, gli ha proprio dato una mano.
Gira la voce che si può ottenere per vent’anni un reddito annuo di circa 5.000 euro per ettaro. Come?
Semplicemente, cedendo il diritto di superficie al Comune, che poi lo cederà a sua volta a qualche azienda che costruirà un impianto fotovoltaico (Campion e Presotto i a apena fat la gran operazion).
Si, è evidente che il Comune non potrà tappezzare tutte le campagne di pannelli fotovoltaici, ma intanto il guasto è fatto.
I non agricoltori proprietari di terreni e forse anche qualche agricoltore, stanno già pensando alla possibilità di trovare una ditta del fotovoltaico con cui fare la stessa operazione attuata dal comune con Campion e Presotto, e cosi si chiedono: perché mai dovrei affittare i terreni a qualche azienda agricola?
Non è forse meglio aspettare lo sviluppo di questa faccenda e vedere se si può in qualche modo rientrare in questo lucroso giro?
Cosa resta al nostro intraprendente Piero che andando a chiedere terreni in affitto ha ricevuto solo risposte negative?
Non gli resta altro che “ringraziare” il proprio Comune e abbandonare la sua “malsana” idea di “darsi” all’agricoltura.
Grazie Comune!!!!!!!!!

E’ necessario ragionare e parlare non solo di crisi dell’agricoltura, ma dell’agricoltura come una delle possibili vie d’uscita dalla crisi attuale. Ma nel nostro Nord/Est, come abbiamo visto, tornare alla terra, al lavoro dei propri padri o nonni agricoltori è quasi impossibile.

Non c’è lungimiranza, non ci sono amministratori capaci di vedere un futuro diverso, immaginano sempre l’uscita dalla crisi con il rilancio dei consumi, l’industria e l’edilizia, quindi ancora consumo del territorio e poi c’è il Comune di Gaiarine che per un introito di 50.000 euro (più o meno) all’anno, come se da questi dipendesse la sopravivenza stessa del Comune, toglie all’agricoltura 50.000 mq di suolo fertile, per produrre, dice il Sindaco, energia “pulita”.

Ma come può essere definita “pulita” un’energia la cui produzione snatura l’attività agricola e la terra, toglie all’agricoltura terreni fertili per 20-25 anni e crea uno scempio di distese ricoperte di pannelli?

Poi ci sono gli imprenditori agricoli seduti in Consiglio comunale che avvallano queste devastanti decisioni.

Parafrasando Frizzi della trasmissione “i soliti ignoti”, ci viene da chiedere a Giuseppe Fantuz che siede in Consiglio Comunale, che è un imprenditore agricolo quindi un agricoltore, che ha ricoperto cariche all’interno di associazioni agricole, che ha basato la sua “scalata” politica “coltivando” i rapporti con gli agricoltori del Comune…..

.. è Lei signor Giuseppe Fantuz di Gaiarine, è proprio Lei che aiuta i giovani agricoltori del suo Comune?
…… musichetta, musichetta ….
…no , non sono io che aiuto i giovani agricoltori del Comune.

E ancora, sempre parafrasando Frizzi, ci viene da chiedere a Giuseppe Fantuz che siede in Consiglio Comunale, che essendo il segretario della sezione della Lega di Gaiarine si è fatto sicuramente portavoce di uno dei tanti slogan del suo partito, “noi difendiamo e salvaguardiamo il nostro territorio”….

.. è Lei signor Giuseppe Fantuz di Gaiarine, è proprio Lei il segretario della Sezione della Lega Nord di Gaiarine che difende e salvaguarda il territorio di Gaiarine?
…… musichetta, musichetta ….
… no , non sono io il segretario della Sezione della Lega Nord di Gaiarine che difendo e salvaguardo il territorio.

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A proposito del prossimo Consiglio Comunale del 29/10/2009: le nefandezze del Piano Casa

Attenta analisi di una circolare esplicativa che rivela le nefandezze della legge e le aggrava ulteriormente.
Ecco emanata dal presidente della Regione Veneto la circolare esplicativa della legge regionale n° 14 del 29.09.2009 che, meglio conosciuta come “piano casa”, è ufficialmente denominata come segue: “intervento regionale a sostegno del settore edilizio per favorire l’utilizzo dell’edilizia sostenibile e modifica della legge regionale 12 luglio 2007, n. 16”. Il titolo sa tanto da exscusatio non petita: la ridondante definizione e l’utilizzo del tanto abusato termine “sostenibile” manifesta la chiara intenzione di giustificare una misura almeno discutibile qualificandola come intesa a un nobile fine.

La contraddizione principale della legge (che, ricordiamolo, arriva dopo tre condoni edilizi) viene esplicitata dalla stessa circolare nella quale si legge che “pare opportuno specificare che la LR 14/2009 non è una legge urbanistica né edilizia pur avendo contenuti che incidono significativamente sulla disciplina di queste materie ma è , prima di tutto, una legge economico e finanziaria”. Infatti “la legge, di carattere straordinario, prevale sulle previsioni dei regolamenti comunali e degli strumenti urbanistici e territoriali, comunali, provinciali e regionali, nonché sulle altre leggi regionali in contrasto con essa”. Rimane ai Comuni la potestà di deliberare (entro il 30 ottobre 2009) se e con quali limiti e modalità applicare le disposizioni; trovano, invece, immediata applicazione gli interventi sulle “prime case”.

Evitando di entrare nel merito di temi quali l’opportunità della normativa o dell’indifferenza al problema della necessità di alloggi popolari, analizziamo alcuni aspetti della legge regionale, alla luce della recente circolare.

In primo luogo è previsto, in deroga a strumenti di ogni ordine, l’ampliamento degli edifici esistenti (come definiti dalla stessa circolare) nei limiti del 20 % del volume se destinati ad uso residenziale e del 20 % di superficie coperta se destinati ad uso diverso.

E’ poi ammessa la demolizione e ricostruzione degli edifici legittimi realizzati prima del 1989; la demolizione e ricostruzione può prevedere aumenti fino al 40% della cubatura e fino al 40% della superficie coperta a seconda delle destinazioni, percentuali che possono essere elevate fino al 50% nel caso della ricomposizione volumetrica nell’ambito di un piano attuativo.

Va evidenziata la modifica della nozione stessa di ristrutturazione: il piano casa prevede che in caso di demolizione e ricostruzione possano essere mantenute le distanze precedenti, incidendo sulla consolidata prassi derivata da decenni di evoluzione normativa e da decenni di giurisprudenza, in base alla quale tutto ciò che è qualificato come “aliquid novi” deve rispettare i distacchi previsti dalle normative nazionali e dagli strumenti urbanistici. Va evidenziato che questa è una disposizione non legata agli interventi da realizzare con il “piano casa” ma a regime. Quindi con una normativa che ha valenza economica finanziaria si va ad incidere sulla delicata questione dei distacchi in probabile contrasto, ad esempio, con l’articolo 9 del decreto interministeriale 1444/1965, che stabilisce le distanze minime tra i fabbricati.

Dagli interventi suddetti non sono esclusi i fabbricati ricadenti in zona agricola anche nel caso in cui l’edificio non sia più funzionale alla conduzione del fondo, in aperto contrasto con quanto disposto dalla legge urbanistica regionale se non altro nelle more di approvazione del primo Piano di assetto del territorio. Nello specifico per la prima casa di abitazione ricadente in zona agricola è ammesso l’ampliamento calcolato non sulla volumetria esistente, ma sulla volumetria massima realizzabile.

Inoltre, le disposizioni si applicano anche a edifici soggetti a specifiche forme di tutela (ad es. “gradi di protezione”) a condizione, in questo caso, che gli interventi siano conformi alla normativa statale e regionale e agli strumenti urbanistici e territoriali.

Di immediata applicazione, infine, la facoltà di realizzare pensiline o tettoie destinate all’installazione di impianti solari e fotovoltaici, le quali non concorrono a formare cubatura nel caso in cui la superficie coperta non superi i 60 mq.

Evidenti sono le distorsioni che tale normativa comporta e i rischi ad essa connessi.

Emergono subito il fallimento della pianificazione territoriale ad ogni livello e il fallimento degli intenti della nuova legge urbanistica regionale. Viene inoltre da chiedersi a cosa siano servite tutte le verifiche attuate dagli uffici tencici negli anni passati, per garantire la corretta attuazione dei piani regolatori generali con particolare riferimento al loro dimensionamento.

Quali, inoltre, i risultati attesi? Il “piano casa” viene proposto dai media come indirizzato a favorire la ripresa del settore edilizio e a permettere alle famiglie che hanno una casetta di aggiungere la stanza per il secondo figlio senza la difficoltà dei soliti “lacci e lacciuoli”.

Premesso che, gli interventi su case a schiera o condomini sono praticamente resi impossibili dal necessario accordo di tutti i proprietari, entriamo nel merito dell’equità della norma. L’ampliamento di volume o superficie è proporzionale all’esistente. Come sempre accede in questo paese, chi più ha più avrà: chi possiede una villa di 2000 mc potrà realizzarne ulteriori 400; chi invece possiede un piccolo alloggio, forse riuscirà a realizzare un ripostiglio (per realizzare il quale magari aveva potenzialità edificatoria residua).

Per non parlare di cosa si intende per ampliamento, considerato che la circolare ribadisce che, qualora l’ampliamento compromettesse “l’estetica del fabbricato”, è possibile effettuarlo su un corpo edilizio separato di carattere accessorio e pertinenziale: chi verrà ritenuto depositario della conoscenza necessaria per decidere se l’ampliamento compromette l’estetica del fabbricato non è dato saperlo.

Rimane poi la questione della difficoltà economica in cui versano molte famiglie italiane in questo momento: chi avrà comprato una casa accedendo ad un mutuo, non avrà presumibilmente difficoltà ad impegnarsi economicamente per un ampliamento?

A vantaggio di chi andrà, allora, questa misura (sempre ammesso che vi siano nel territorio le risorse per investire)?

Un vantaggio limitato per chi possiede una casa monofamiliare modesta; un grosso vantaggio per chi possedere una grande villa; rimane nebuloso il possibile vantaggio per chi possiede un’attività commerciale essendo gli edifici con questo uso esclusi dai benefici qualora gli interventi “siano volti ad eludere o derogare le disposizioni regionali” (non è dato sapere chi valuterà tutto questo); un enorme vantaggio per chi possiede alberghi e attività produttive. Viene da chiedersi dove sia finita la volontà di fermare il consumo indiscriminato del territorio veneto sottesa alla cosiddetta “Legge blocca capannoni” (LR 35/2002) emanata dalla Regione Veneto in attesa della Legge urbanistica regionale 11/2004.

Un enorme vantaggio, infine, andrà agli avvocati, vista l’altissima probabilità di contenziosi con particolare riferimento alle distanze.

Interessante è, poi, la questione dell’onerosità e delle opere di urbanizzazione. Il comma 4 della LR 14/2009 subordina gli ampliamenti all’esistenza e all’adeguatezza (o il previsto adeguamento) delle opere di urbanizzazione primaria; si specifica che l’eventuale carenza è superabile solo con l’adeguamento delle stesse nei modi consentiti dalla legge. Ad una prima lettura sembrerebbe che sia concesso realizzare in deroga una serie di interventi che incidono pesantemente sul carico urbanistico, previo il pagamento di un contributo di costruzione in misura eventualmente ridotta nelle quantità e modi previsti dai Comuni (salvo che per la prima casa per la quale casistica il contributo è da subito ridotto del 60%; notare che attualmente, ai sensi degli art. 17 comma 3 lettera b. del Testo unico per l’edilizia, gli ampliamenti fino al 20% del volume di case monofamiliari sono esentati dal pagamento del contributo di costruzione) e che, qualora non vi siano le necessarie opere di urbanizzazione queste dovranno essere adeguate non si sa da chi (dal comune?) e non si sa con quali risorse considerata la possibilità della riduzione del contributo di costruzione.

Infine, con riferimento alla retorica della riduzione dei tempi della burocrazia, tanto cara al centro destra, evidenzio che le opere consentite dal Piano casa, avrebbero dovuto essere attuate con Denuncia di inizio attività, intenzione pericolosissima rilevato che, come sa bene chi opera negli uffici tecnici della pubblica amministrazione, la verifica dei requisiti oggettivi (parametri, vincoli, ecc…) da parte dei tecnici progettisti (che nel caso della denuncia di inizio attività si sostituiscono alla pubblica amministrazione nell’attestazione della conformità dell’opera in progetto), in molti casi è errata, certamente anche a causa della complessità dei regolamenti edilizi e le abissali differenze fra i comuni. In merito al necessario titolo abilitativo, la circolare esplicativa chiarisce che, nella Regione Veneto, rimane la facoltà di realizzare le opere previste dal piano casa con DIA, ma è possibile presentare in alternativa Permesso di Costruire. Addirittura la presentazione dell’istanza di permesso di costruire è obbligatoria qualora si intenda eseguire un intervento che in parte esuli dall’ambito di applicazione della legge speciale.

Se da un lato questa decisione riduce il rischio di errori (più e meno voluti) nella valutazione dei requisiti per la realizzazione delle opere, dall’altro viene eluso l’obiettivo della riduzione dei tempi che rimangono quelli della normale istanza di un permesso di costruire.

La scelta potrebbe comportare un enorme carico di lavoro per gli uffici tecnici comunali, peraltro ridotti notoriamente all’osso grazie al patto di stabilità, viste sia la quantità delle pratiche che potrebbero pervenire presso i comuni, sia la complessità delle verifiche da effettuare. Ricordo che la percentuale di ampliamento realizzabile è legata alla prestazione energetico- ambientale da valutare mediante il complesso di 34 criteri. Ovviamente, tutto ciò, con lo scopo dell’osannata semplificazione.

Autore Gnec, Sara
Tratto dal sito web http://eddyburg.it/

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Nuovo dittatore? Risposta all’anonimo che ha posto il quesito

Ovvio, ovvio, troppo ovvio, talmente ovvio che il commento sembra quasi scritto da un gran Capponegiulivo, sempre per dirla alla Orwell/Roberto, o da un suo consanguineo, che forse ha capito poco o niente di che cosa noi vogliamo dire.

Mi vien quasi voglia di spiegare di nuovo l’oggetto della nostra discussione.

Le prerogative del Sindaco sono quelle citate? Si è proprio così.
E’ vero: il potere del Sindaco è enorme, è un dittatore?. Sì lo può essere.
Il Segretario Comunale, succede in molti i comuni, non è più il garante dello Stato, della Comunità e della legittimità degli atti, è invece diventato l’amministratore delegato nominato dal “Presidente dell’Azienda” cioè dal Sindaco .
Il Consiglio Comunale è depauperato delle sue funzioni. A tal proposito il nostro Anonimo potrà leggere QUI (pag. 10, capoverso che inizia per “ TOCCO PER ULTIMO UN TEMA”….) l’intervento di Italo Bocchino (ora Vice Capogruppo alla Camera del Popolo Della Libertà) del 18 Luglio 2006 in Prima Commissione Affari Costituzionali Della Camera dei Deputati (allora era al governo Prodi e lui era all’opposizione).
Questo per rammentare, al nostro anonimo, che il dibattito sui problemi che le attuali norme causano in molti Comuni italiani è un dibattito attuale e non inventato da noi, dato che perfino il legislatore si è posto e si pone il problema di come risolvere queste disfunzioni democratiche.

Ma aldilà delle leggi, il succo del nostro dibattito è questo:
L’Amministrazione attuale è ed è stata trasparente? Ha ed ha avuto una gestione democratica del potere? Ha ed ha avuto una gestione democratica del Consiglio Comunale? Ha o ha dato la possibilità alle minoranze di espletare la loro funzione istituzionale di controllo? Ha o ha voluto incentivare la partecipazione dei cittadini alla vita amministrativa ? Ha o ha cercato di condividere con i propri cittadini le scelte urbanistiche di cui sono pieni i volantini di questi giorni?
La risposta ovvia, ovvia, troppo ovvia, talmente ovvia che è stata scritta in questi cinque anni nella storia del Comune di Gaiarine è: no

Le cronache, i commenti presenti su questo blog, stanno a dimostrare che la risposta ovvia è proprio no e che, d’altra parte, sta nascendo una nuova necessaria esigenza che mette al centro della vita della Comunità: la trasparenza, l’informazione la partecipazione.

Di questo noi discutiamo.

L’attuale Amministrazione non sarà mai in grado di soddisfare questa esigenza, anche se sta tentando trasformismi dell’ultima ora.

Questa Amministrazione, fatta da queste persone, rappresenta se stessa, cioè una casta avulsa dai problemi e dalle esigenze reali dei propri cittadini.

Tanto è vero che si sente parlare in questi giorni di sottoscrizione di patti voluti dalla Lega ed accettati dagli altri due partiti di coalizione, patti che dovrebbero garantire, non la partecipazione decisionale dei cittadini, ma (sentite, sentite) la partecipazione dei loro futuri eletti alle decisioni, perché nei cinque anni trascorsi, non hanno contato nulla o quasi nulla, chi ha sempre deciso, così si dice, è stato il Sindaco.

NUOVO DITTATORE? Lo dicono loro.

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