Pubblichiamo quanto ricevuto ieri da una cittadina.
Pubblichiamo quanto ricevuto ieri da una cittadina.
Uno dei contributi al dibattito sullo stato di salute dell’ambiente veneto presentato Il 3 Agosto scorso a Roncade (Tv) da don Albino Bizzotto al ministro dell’Ambiente Galletti e all’assessore regionale Bottacin
da Tera e Aqua settembre 2015
Caro ministro, basta opere inutili
di Mariarosa Vittadini*
Egregio signor Ministro dell’Ambiente, prima di tutto grazie di essere venuto in un luogo cosi lontano dai centri del potere e dallo spettacolo della politica. La firma del Protocollo d’intesa per il Contratto di Fiume è davvero un segnale simbolico importante per un cambio di registro sulle questioni ambientali. Sull’ambiente, la sua tutela e buon funzionamento si gioca il futuro: quello lontano e quello prossimo, quello dei poveri e anche quello dei ricchi. L’enciclica “Laudato si’” presenta con straordinaria chiarezza questa prospettiva e gli immensi cambiamenti che occorrono per vivere in pace, con equità e giustizia.
Se questo è straordinariamente chiaro, dobbiamo però riconoscere che qui, oggi, in Italia, nel Governo di cui Lei fa parte, la questione ambientale è del tutto marginale. Provo ad elencare solo alcune questioni che avrebbero bisogno di essere affrontate con coraggio e innovazioni istituzionali/politiche e che invece, sotto l’ambigua etichetta di “semplificazione” vengono semplicemente rimosse dall’agenda politica.
1. La questione delle grandi (e anche meno grandi) infrastrutture, dei danni ambientali e sociali a cui danno luogo nei territori attraversati. Il Ministro Del Rio ha promesso una riforma della sciagurata Legge Obiettivo e l’avvio di una nuova stagione di programmazione guidata dall’Amministrazione pubblica. Ma, sig. Ministro, non abbiamo sentito la sua voce richiedere che la programmazione assuma consapevolmente obiettivi ambientali, non solo per il contenimento delle emissioni di CO2, ma per la salvaguardia e il risanamento degli ecosistemi da cui dipende in gran parte il benessere delle comunità e dei territori. Una dipendenza che gli eventi estremi, qui in Veneto così frequenti e disastrosi, hanno ormai trasformato in piena consapevolezza e richiesta di politiche ambientali responsabili, accompagnate dalla partecipazione delle collettività alle decisioni che le riguardano. L’integrazione degli ecosistemi negli strumenti di programmazione e nei criteri di decisione è una riforma fondamentale, assai più importante per la vita dei cittadini di molte misure economiche proposte dal Governo. Se ne faccia portatore e avrà la collaborazione piena di politici locali, tecnici, università e cittadini.
Ne varrebbe davvero la pena.
2. La frammentazione del territorio aperto, l’inquinamento, il consumo di suolo hanno ormai raggiunto e superato i livelli di guardia. Sul consumo di suolo tutto tace e le Regioni ancora una volta vanno ciascuna per conto proprio, in un disperante caos amministrativo e politico. Lei, signor Ministro, ha in mano due strumenti fondamentali per integrare logiche ambientali in tutte le politiche e le strategie settoriali: la VIA e la VAS. Ma entrambi, nei documenti del Governo, sono costantemente inseriti tra le “procedure” da semplificare, se possibile evitare come inutili perditempo. La centralità dell’ambiente in tutte le politiche settoriali (infrastrutture, trasporti, energia, edilizia, agricoltura) meriterebbe politiche ben più lungimiranti e coraggiose. Dobbiamo invece registrare un ddl Madia che introduce anche per la questioni ambientali e paesaggistiche il silenzio assenso, in passato già riconosciuto inapplicabile nell’ordinamento nazionale.
Davvero il Ministero dell’ambiente non ha nulla da dire in proposito?
3. La coltivazione di idrocarburi in Adriatico rappresenta bene la schizofrenia dell’attuale politica: da una parte si afferma la prospettiva della green economy e l’assoluta necessità di procedere verso una economia low carbon, dall’altra si potenzia l’estrazione di idrocarburi in Adriatico. Si dà per scontata l’accettabilità dei rischi immensi a cui tale moltiplicazione delle estrazioni (da entrambe le sponde) darà luogo. Le Regioni costiere si stanno mobilitando per vietare le estrazioni. E il nostro Governo? Davvero vogliamo essere responsabili di questa assurda miopia verso le generazioni future? Per quanto difficile sia levare la sua voce contro gli immensi interessi finanziari coinvolti, ci aspettiamo che Lei lo faccia. La sosterremo con tutti i mezzi a nostra disposizione, compresa la mobilitazione delle popolazioni e delle attività che vivono grazie alla buona salute dell’Adriatico.
4. Venezia e le grandi navi. Non è bastato un decreto legge a vietarne il passaggio da S. Marco e il suo brutale schiacciamento estetico della città. Oggi, nella strumentale attesa di percorsi alternativi, le grandi e grandissime navi continuano ad arrivare alla Marittima passando dalla bocca di Lido, attraverso il bacino di S. Marco e il canale della Giudecca, seminando lungo il loro percorso danni ai fondali, alle rive e alla qualità dell’aria. Il Canale Contorta, proposto dall’Autorità portuale come alternativa, è in procedura VIA e la sua Commissione tecnica di Valutazione ha posto in luce ragioni più che sufficienti a dichiararlo subito incompatibile con la salvaguardia della Laguna. Oggi l’Autorità portuale e il nuovo Sindaco di Venezia, in una alleanza di interessi economici e finanziari purtroppo già dolorosamente sperimentata, propongono di arrivare alla Marittima attraverso il Canale Vittorio Emanuele. È una soluzione distruttiva della morfologia lagunare del tutto simile alla scavo del canale Contorta e in ogni caso richiede una procedura di VIA sul relativo progetto, oggi inesistente. Alternative non distruttive della Laguna, che collocano il Terminal fuori dalla bocca di Lido, ci sono e sono già state presentate al suo Ministero. Le procedure di valutazione faranno il loro corso.
Non le pare che la salvaguardia di Venezia e della Laguna sarebbero degne di una responsabile decisione politica, che stabilisca regole basate sulla salvaguardia ambientale della Laguna piuttosto che sulla massimizzazione degli interessi economici?
Chi se non il Ministro dell’Ambiente dovrebbe farsi promotore attivo e convincente di una tale decisione?
*docente IUAV Venezia
Tra i tanti appuntamenti interessanti proposti quest’anno da PordenoneLegge ne segnaliamo in particolar modo alcuni che ci stanno a cuore, seppur con diverse ragioni:
sabato 19 ottobre Paolo Pileri, presenterà il suo libro Che cosa c’è sotto, un libro che restituisce piena dignità al suolo, qualcosa di delicato e complesso, di segreto e meraviglioso, di potente e sottile, di vivo, sano, abitato, di profumato e persino di buono. Il libro è stato pubblicato da Altreconomia grazie al crowdfunding.
Mentre domenica prossima 20 settembre due nostre concittadine presenteranno il loro libro Kokà e gli animali dello zoo, pubblicato da Edizioni L’Omino Rosso; si tratta di un racconto illustrato rivolto ai nostri bambini, pensato ancora qualche tempo fa e più che mai attuale oggi.
Complimenti a Lara e Marika.
Koká è un simpatico elefantino che vive in uno zoo […]
infine collateralmente alla manifestazione sarà possibile trovare un banchetto di Stop TTIP dove si potranno trovare informazioni e la possibilità di sottoscrivere e firmare l’appello
Che cos’è il TTIP?
Il TTIP è un trattato di liberalizzazione commerciale transatlantico, ossia con l’intento dichiarato di abbattere dazi e dogane tra Europa e Stati Uniti rendendo il commercio più fluido e penetrante tra le due sponde dell’oceano.
L’idea sembrerebbe buona. Perché qualcuno lo definisce “pericoloso”?
Condividiamo la definizione perché, in realtà questo trattato, che viene negoziato in segreto tra Commissione UE e Governo USA, vuole costruire un blocco geopolitico offensivo nei confronti di Paesi emergenti come Cina, India e Brasile creando un mercato interno tra noi e gli Stati Uniti le cui regole, caratteristiche e priorità non verranno più determinate dai nostri Governi e sistemi democratici, ma modellate da organismi tecnici sovranazionali sulle esigenze dei grandi gruppi transnazionali.
[..]
Il TTIP può produrre danni per la salute?
Faccio un solo esempio, basato sulla storia. Nel 1988 l’UE ha vietato l’importazione di carni bovine trattate con certi ormoni della crescita cancerogeni. Per questo è stata obbligata a pagare a USA e Canada dal Tribunale delle dispute dell’Organizzazione mondiale del commercio (WTO) oltre 250 milioni di dollari l’anno di sanzioni commerciali nonostante le evidenze scientifiche e le tante vittime. Solo nel 2013 la ritorsione è finita quando l’Europa si è impegnata ad acquistare dai due concorrenti carne di alta qualità fino a 48.200 tonnellate l’anno, alla faccia del libero commercio. Sarà una coincidenza, ma in un documento congiunto dell’ottobre 2012 BusinessEurope e US Chamber of Commerce, le due più potenti lobby d’impresa delle due sponde dell’oceano, avevano chiesto ai propri Governi proprio di avviare una “cooperazione sui meccanismi di regolazione”, che consentisse alle imprese di contribuire alla loro stessa stesura (http://goo.gl/HlqhTc).
Per approfondire vai qui
ISDS contro l’Italia: e siamo a tre
Nel pieno dell’estate sono arrivati il secondo e terzo caso contro l’Italia mossi da investitori esteri tramite i famigerati meccanismi di arbitrato internazionale per la risoluzione delle dispute sugli investimenti, noti in inglese con l’acronimo ISDS (che sta per Investor-to-State Dispute Settlement). La clausola ISDS è da mesi uno dei punti caldi del negoziato Ttip, l’accordo di libero scambio tra Unione Europea e Stati Uniti, e su entrambe le sponde dell’Atlantico ha sollevato le critiche di numerose parti politiche, di tutta la società civile, dei sindacati e anche di una parte dell’industria […]
Per approfondire vai qui
TRA IL 1980 E OGGI, CAMBIAMENTI AMBIENTALI E SOCIALI SENZA PRECEDENTI ILTEMPO DI UNA GENERAZIONE
Prodotto interno lordo, desertificazione e consumo di risorse non rinnovabili: cronaca dei 35 anni che hanno stravolto il Pianeta
da ALTRECONOMIA settembre2015
di Luca Martinelli
UN BAMBINO CHE NASCE OGGI TROVA UN MONDO MOLTO DIVERSO DA QUELLO NEL QUALE I SUOI GENITORI, NATI NEGLI ANNI 80, SONO STATI ACCOLTI.
È vero, a partire dal 1980 l’Indice di sviluppo umano globale – calcolato dalle Nazioni Unite sulla base di indicatori quali reddito, speranza di vita alla nascita e accesso all’istruzione, che va da 0 a 1- ha fatto un balzo in avanti, passando da 0,559 a 0,702 (nel 2013), ma è innegabile che questo sviluppo abbia avuto un prezzo: abbiamo compromesso il Pianeta, rincorrendo la crescita del prodotto interno lordo globale (che nel 2014 ha superato i 75mila miliardi di dollari), senza guardarci intorno.
Il 13 agosto del 2015 è stato l’Earth Overshoot Day, cioè il giorno in cui l’umanità ha “consumato” tutte le risorse disponibili per l’anno in corso, andando ad intaccarne lo stock e accumulando troppa CO2 in atmosfera. Da un mese ormai stiamo vivendo “oltre le possibilità del Pianeta”, perché questo mostra il dato elaborato dagli istituti di ricerca Global Footprint Network (www.footprint- network.org) e New Economics Foundation (www.newecono- mics.org).
Il bambino del 2015 è nato col fardello di un debito. Iniziato quando bambini erano i suoi genitori: il primo Earth Overshoot Day cadde il 31 dicembre nel 1986. I nostri figli nascono in un mondo che sarebbe sostenibile solo se un anno durasse appena otto mesi.
Facciamo un esempio dei possibili problemi legati al consumo eccessivo di risorse. Guardiamo alla curva dei prelievi idrici a livello globale: nel 1980, l’uomo “beveva” 2.700 chilometri cubici di acqua all’anno, nel 2015 si stima che ne utilizzi ben 4.700, quasi il doppio.
E a febbraio 2015 Olcay Unver, deputy director of Land and Water division alla FAO, ha lanciato un allarme: “al 2050 circa il 60% della popolazione globale potrebbe vivere in condizioni di stress idrico”, che significa “avere problemi di approvvigionamento di acqua e non avere acqua a sufficienza per soddisfare le proprie esigenze”. Il 2050 è l’anno in cui i nostri figli avranno la nostra età oggi. A maggio, il Club di Roma – un’organizzazione indipendente senza scopo di lucro che affronta con metodo scientifico i problemi dell’umanità, e nel 1972, pubblicando “I limiti dello sviluppo”, aprì il dibattito sulla finitezza delle risorse sul Pianeta – ha diffuso un rapporto dedicato alle foreste tropicali, che nel 1980 occupavano una superficie di 1.270 milioni di ettari.
Il titolo è evocativo: “On the Edge”, che si può tradurre sul limite, o in posizione precaria. Perché – come evidenzia il report – oggi restano appena 700 milioni di ettari di foreste primarie “non intaccate” dall’uomo. Dai primi anni Ottanta ce ne siamo mangiate 4,9 milioni di ettari all’anno. Come? Ad esempio, per fare spazio alla coltivazione di olio di palma, che tra il 1980 e il 2012 è decuplicata, passando da 5 a 50 milioni di tonnellate.
“Le foreste sono un simbolo dei problemi relativi al grande tema del futuro, che non è del Pianeta ma solo dell’umanità – racconta ad Altreconomia Gianfranco Bologna, direttore scientifico del WWF Italia e segretario generale della Fondazione Aurelio Peccei, che rappresenta il Club di Roma in Italia.
La scomparsa delle foreste primarie ci parla dell’estinzione di massa della biodiversità, ci ricorda l’incremento delle superfici agricole che avviene nelle aree tropicali, e dell’insostenibilità di filiere agroalimentari che non rispettano l’agroecologia, con grandi distese intensive che hanno bisogno di fertilizzanti (secondo il rapporto FAO “World fertilizer trends and outlook to 2018”, il consumo mondiale potrebbe superare i 200 milioni di tonnellate nel 2018, un dato del 25% superiore rispetto a quanto registrato nel 2008, ndr), agenti di sintesi che provocano immissione di azoto, che a sua volta modifica la composizione dell’atmosfera”.
La comunità scientifica ha definito nove “planetary bounderies”, confini planetari, e riguardano le variabili che abbiamo fin qui introdotto (dallo stato dell’atmosfera alla trasformazione del suolo), ma anche la perdita di biodiversità, l’inquinamento atmosferico, i cambiamenti climatici. Superati questi confini, diventa difficile sapere con certezza che cosa accadrà, e ancora di più gestire la situazione. Nel1981, ad esempio, eravamo ancora in tempo per restare entro un limite accettabile di concentrazione di CO2 nell’atmosfera. Nel gennaio di quell’anno, infatti, il dato misurato era di 339,36 “parti per milione” (ppm). Vent’anni dopo, nel gennaio del 2001, si era già arrivati a 370,52 ppm. Ad aprile del 2015, il dato misurato è di 401,3 ppm, e in media nel 2014 la concentrazione della CO2 in atmosfera è stata – per la prima volta – sopra le 400 parti per milione. Era una “soglia psicologica”, perché quella indicata dalla scienza è un’altra: “Nell’ambito di studi paleoclimatici è stato possibile risalire ad altre epoche storiche in cui nella composizione chimica dell’atmosfera la CO2 ha superando le 350 ppm, e ciò ha causato profonde modificazioni del ciclo del carbonio/ossigeno, con estinzioni di massa e un radicale mutamento negli ecosistemi” sottolinea Bologna, che dal 1998 cura l’edizione italiana del rapporto mondiale “State of the World” del Worldwatch Institute.
Dopo aver superato la soglia “scientifica” e anche quella “psicologica”, siamo in cammino verso quella di 450 ppm: è il limite che potrebbe permetterci di contenere entro i 2°C il riscaldamento globale. Se il tasso di crescita della concentrazione di CO2 in atmosfera resta quello degli ultimi trent’anni, però, sarà scavalcato quando i nostri figli usciranno dall’adolescenza. Allora potranno iscriversi a un corso di laurea in Ingegneria della resilienza, oppure a Medicina, per seguire le lezioni di Adattamento dell’organismo al cambiamento climatico. In Italia, la temperatura media è stata nel 2014 di 1,39°C superiore alla media registrata tra il 1971 e il 2000. Se è nato nel 2015 e nel Nord Italia, vostro figlio dovrà stare attento alle punture della zanzara tigre e dei pappataci, insetti che trasmettono la chikungunya e la leishmaniosi canina. “Sono i primi segni di malattie tropicali nel nostro Paese” racconta il climatologo Luca Mercalli, presidente della Società metereologica italiana (www.nimbus.it). Fino a pochi anni fa, questi insetti erano presenti solo a Sud dell’Appennino, ma l’Italia – e tutto il mondo – sono profondamente cambiati negli ultimi trentacinque anni. A livello globale, intanto, ogni mese le temperature medie
globali segnano un nuovo record: il 2014 è stato l’anno più caldo della storia dell’umanità da quando sono presenti dati affidabile (1880), e il 2015 – per come sta andando – lo supererà.
È vero, in questo periodo siamo stati capaci di dimezzare la mortalità media infantile in tutto il mondo (da 90 a 46 ogni mille nati), ma – almeno nei Paesi ricchi – ogni figlio si misura con un mondo sempre più diseguale. Dagli anni Ottanta, la crescita della disuguaglianza nella distribuzione del reddito è del 26% in Olanda, del 24,4% in Gran Bretagna (24,4%), del 16,2% negli Stati Uniti d’America, del 15,8% in Germania e del 10,3% in Italia. Abbiamo saccheggiato il Pianeta e perso di vista il bene comune.
Oggi, 13 agosto, è l’Earth Overshoot Day, ovvero il giorno in cui finiamo di consumare tutte le risorse che la Terra produce in modo sostenibile in un intero anno, cioè gli interessi sul capitale naturale.
Nel 2015 questo giorno arriva una settimana prima rispetto al 2014: in altre parole abbiamo consumato ancora più voracemente le risorse che la Terra ci mette a disposizione.
E da domani, 14 agosto, iniziamo a consumare il capitale, indebitandoci con il pianeta.
ECCO COSA POSSIAMO FARE CONCRETAMENTE PER RIDURRE IL NOSTRO IMPATTO SULL’AMBIENTE
· Risparmia energia – Assumendo comportamenti responsabili per far funzionare al meglio gli impianti esistenti: usa lavatrici e lavastoviglie solo a carico pieno ; spegni le luci quando non servono e non lasciare in stand-by gli apparecchi elettronici; sbrina sovente il frigorifero; pulisci spesso la serpentina e mantienilo ad una discreta distanza dalla parete, perché la polvere ed il calore ne riducono l’ efficienza. Metti il coperchio sulle pentole quando si porta l’acqua a ebollizione; evita che la fiamma sia più ampia del fondo della pentola perché di lato non scalda; riduci gli spifferi degli infissi riempiendoli di materiale che non lascia passare aria; non lasciare tende chiuse davanti ai termosifoni; inserire apposite pellicole isolanti e riflettenti tra i muri esterni e i termosifoni – Sostituendo gli impianti poco efficienti con impianti più efficienti – lampade ad alta efficienza: a parità di potenza consumano delle lampade normali; ovvero ce ne vogliono 6 per consumare come 1 lampada normale; elettrodomestici di classe A o superiore; apparecchi elettronici ad alta efficienza; scaldabagni a gas; valvole termostatiche da applicare ai termosifoni per regolarne automaticamente la temperatura (perché continuare a tenerli accesi quando si sono raggiunti i gradi desiderati?); caldaie a condensazione con impianti a pannelli radianti che rendono di più funzionando a temperature inferiori.
· Dona ciò che non usi più a chi ne ha bisogno.
· Privilegia i prodotti dell’agricoltura biologica possibilmente locale e di stagione per ridurre l’inquinamento ed il consumo di risorse necessari per il trasporto.
· Non superare i 20 gradi di temperatura in casa, il gasolio inquina, il troppo caldo non fa bene alla salute ed è vietato dalla legge.
· Usa per gli spostamenti i mezzi pubblici e la bicicletta
· Diminuisci il consumo di carne: ogni hamburger equivale a 6 metri quadrati di alberi abbattuti e a 75 chili di gas responsabili dell’effetto serra. Mangiare meno carne o, perché no, non mangiarne affatto, è una scelta sociale. Una scelta solidale con chi ha fame e con il futuro del pianeta
· Bevi acqua di rubinetto che è analizzata giornalmente, non sprecarla. Eviterai l’inquinamento degli autocarri che portano le bottiglie di acqua minerale su e giù per l’Italia, l’inquinamento per lo smaltimento delle bottiglie di plastica e il tuo affaticamento per il trasporto.
· Rifuggi l’usa e getta. Chiedi che gli oggetti che compri siano riparabili: è meglio spendere qualche cosa in più, piuttosto che riempire le discariche di oggetti dalla breve durata e che hanno comunque inquinato per essere prodotti e trasportati.
· Protesta quando ti incartano i prodotti con troppi imballaggi: li paghi almeno tre volte (come costi che il fornitore ti ricarica, come tassa smaltimenti rifiuti e come ambiente depauperato).
· Privilegia i prodotti in vetro, meglio se in vuoto a rendere. Portati sempre da casa i sacchetti per fare la spesa: meglio ancora se usi delle borse in stoffa.
· Ricicla con cura tutto il possibile: carta (i fogli già stampati utilizzali anche sull’altro lato), vetro, plastica, lattine, ferraglie, polistirolo , indumenti, rifiuti vegetali e animali.
· Per acquistare consapevolmente leggi la “Guida al consumo critico” (EMI Edizioni) del Centro Nuovo Modello di Sviluppo – 050 / 826 354 e abbonati a AltrEconomia, 02/48953031 – www.altreconomia.it.
· Denuncia le discariche abusive e chi deposita i rifiuti lungo strade e nei parchi .
COMPRA SOLO CIO’ DI CUI HAI EFFETTIVAMENTE BISOGNO
Il 24 maggio di cento anni fa l’Italia si schierò al fianco di Inghilterra, Francia e Russia contro gli ex alleati dell’Impero Austro-Ungarico e della Germania, entrando fattivamente nella “Grande Guerra” anche se la maggioranza dei cittadini italiani era contraria.
Non ci dilunghiamo a spiegare come questa guerra fu condotta da parte dei generali italiani e quale immane tragedia fu per l’Italia e per gli altri paesi che vi parteciparono,
Bastano poche cifre per dare un quadro esauriente di che cosa fu realmente: morirono 37 milioni di persone,tra soldati e civili; il sacrificio italiano fu 1.240.000 morti,di cui 651.000 soldati e 589.000 civili.
In tutti i paesi d’Italia furono eretti monumenti o fissate lapidi riportanti i nomi dei militari caduti e così avvenne anche in ogni frazione (Albina, Campomolino, Francenigo, Gaiarine) del nostro comune.
Da quattro anni nella frazione di Albina il monumento ai caduti non c’è più, è stato smontato e messo a “riposo” nel campanile della chiesa in attesa di restauro.
Nel centenario dell’inizio della “grande Guerra”, il comune di Gaiarine, quasi sicuramente, unico comune in Italia, non ha “trovato” i soldi per riposizionare restaurato il monumento pur essendo stato sollecitato a farlo da alcuni cittadini e dal gruppo Consiliare ESSERCI, che il 6 novembre del 2014 ha presentato in consiglio comunale un’interrogazione urgente (vedi qui), chiedendo che il monumento fosse restaurato entro il 24 maggio 2015, centenario dell’inizio della guerra..
La promessa “contro voglia” fatta dal sindaco fu che il monumento sarebbe stato restaurato entro il 4 novembre del 2015, ma a tale promessa noi non crediamo.
Di fatto in quattro anni, pur sprecando notevoli risorse economiche per opere inutili, la precedente amministrazione e questa (in carica dal 2014) a trazione leghista, non sono state in grado di trovare quattro denari per il restauro o per dirla tutta non hanno voluto, pur annoverando,ora in giunta, in qualità di Vicesindaco Ermanno Fellet, che si dice appassionato di storia ed in particolare della Grande Guerra, tant’è che ha tenuto conferenze su tale argomento.
Si sa che a parole sono tutti bravi.
In attesa dell’improbabile restauro, noi, che essendo pacifisti aborriamo ogni tipo di guerra, che non siamo “storici” e che siamo contro ogni retorica nazional-patriottica, vogliamo rendere omaggio e memoria a questi giovani mandati a morire da generali incapaci e rappresentanti di un potere cieco.
Noi desideriamo che i loro nomi non siano dimenticati e che la frazione di Albina anche se solo virtualmente abbia il proprio monumento.
Al puro elenco dei nomi, dove ci è stato possibile, abbiamo aggiunto le informazioni che siamo riusciti a reperire, naturalmente non esaustive, ma che rendono un po’ meno “anonimi” questi giovani caduti.
Abbiamo aggiunto anche i caduti, i dispersi e coloro che hanno partecipato alla resistenza della guerra 1940-1945.
E così, purtroppo solo virtualmente, diamo ad Albina quello che aspetta da più di 4 anni, un monumento ai caduti…..