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Prove tecniche di … dialogo
Martedì 30 giugno io (roberto), fiorenzo e maru abbiamo incontrato il sindaco sonego..l’abbiamo fatto in forma ufficiale e come rappresentanti del libero gruppo di cittadini foraxfora facendoci accompagnare e presentare dalla lettera già pubblicata nel post del 29 giugno.. sulle proposte:
- consentire la registrazione dei Consigli comunali (o prevederla come normale pratica propria dell’Amministrazione);
il sindaco vede senz’altro possibile questa iniziativa ma non nell’immediato poichè la considera funzione propria ed esclusiva dell’amministrazione vedendola in chiave verbalizzatrice e quindi realizzabile solo a compimento della nuova sede municipale con tutti i dispositivi tecnologici atti allo scopo. alla mia richiesta di registrazioni ufficiose e di nostra iniziativa e realizzazione dichiarata e trasparente per pubblica utilità e utilizzo si è opposto sdegnosamente e categoricamente dichiarando “io sono per le cose fatte bene!” come dire che noi le faremmo male?
- prevedere regolari appuntamenti di confronto diretto, in Municipio o nelle frazioni, tra Amministratori e cittadini, nel corso della quale i primi rispondono alle domande dei secondi, con le modalità che l’Amministrazione vorrà definire (c.d. question time);
il sindaco ha ammesso una mancanza di comunicazione e informazione nei confronti dei cittadini verso i quali sente di dovere un maggior contatto; ma non confronto aperto bensì riunioni programmate e periodiche (ogni 6 mesi, ogni anno) nelle quali portare a conoscenza della cittadinanza ciò che amministrazione e uffici stanno realizzando e hanno in mente di realizzare, e magari sentire eventuali proposte e critiche;
- “aprire” Gaiarine notizie alla libera partecipazione dei cittadini (organizzati o meno) con lettere e articoli;
il sindaco non esclude a priori questa possibilità valutandone però le difficoltà logistiche e di gestione (chi può scrivere? quanto può scrivere? di cosa può scrivere?)
- rivitalizzare il sito Internet istituzionale del Comune, facendolo diventare il principale strumento di informazione e servizio ai cittadini, aumentandone il grado di interattività.
il sindaco si concede un bel 4 all’attuale situazione del sito comunale anticipando che tra il loro gruppo è stata selezionato una persona le cui conoscenze specifiche permetteranno l’aggiornamento del sito, come finestra informativa del comune e anche con la possibilità di accedere a servizi online.. sull’interattività non si è espresso
infine la conversazione vivace e brillante e a tratti serrata ma bonaria si è poi allargata:
- alla considerazione del sindaco per il nostro gruppo foraxfora e il nostro blog dichiarando “eravate partiti bene ma poi siete terribilmente scaduti a livelli permettendo commenti vergognosi ed attacchi personali inqualificabili”)
questo dimostra che non ha seguito i nostri tentativi di moderare i commenti, gli inviti ad evitare gli attacchi personali anonimi, ma anche di non condividere la filosofia estremamente libera e aperta di un blog..
- all’iniziativa del Placito Liventino a giudizio del sindaco allestita solo per indurlo a non firmare
questo dimostra che non avendo letto il nostro progetto (vedi post del 16 maggio) non ha potuto constatare come il Placito Liventino non fosse altro che la richiesta ai due candidati di aderire ad un documento che conteneva i punti pregnanti del nostro progetto
- alla vicenda expolveriera/Maschio e agli accordi urbanistici (Jesse, Moras, Riello Pera..)
sui quali il sindaco ha difeso la condotta e le scelte della sua amministrazione
- agli attacchi ricevuti su presunti interessi personali su presunte scelte urbanistiche
alle quali il sindaco risponde valutando la possibilità di procedere a querela
- alla soddisfazione del sindaco per la progettualità urbanistica programmata dalla sua amministrazione che a suo dire “eviterà ulteriori interventi edificatori per i prossimi 20/25 anni fatti salvi modesti ampliamenti vincolati in zona agricola”
al che abbiamo affermato che allora questa amministrazione comunale può già da subito dedicarsi allo studio dei recuperi urbanistici e ambientale, nonché aumentare il livello qualitativo dei servizi sociali e culturali!
ma se nel chiudere le porte della stalla ci accorgiamo che i buoi non solo sono scappati ma han fatto fortuna gestendo ovili e pollai?
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Romeo Antoniolli sottoscrive il Patto Liventino 2009!
Pubblichiamo quello che è per noi un primo importante risultato in vista delle elezioni del 6 e 7 giugno prossimi ma anche dei successivi 5 anni di governo comunale; il documento firmato e sottoscritto dal candidato Romeo Antoniolli che con la propria firma si impegna e impegna la propria squadra di Impegno Comune – Genti Venete a far propri e perseguire i propositi contenuti nel Placito Liventino 2009, proposti dal nostro gruppo ForaxFora; attendiamo ora (e siamo agli sgoccioli, ormai) la risposta dell’altro candidato Loris Sonego e della sua lista Rinnovamento per Gaiarine, con la speranza che sappia trovare nel Placito l’ispirazione migliore per il bene dei suoi concittadini e della sua terra.
PLACITO LIVENTINO 2009
Noi del gruppo Foraxfora non stiamo fermi.. e dopo aver letto e valutato i programmi delle due liste e averli confrontati con il nostro Progetto (tutti pubblicati sul blog e qui, mentre il confronto lo potete vedere qui) abbiamo deciso di chiedere un impegno pubblico, forte, vincolante ai due candidati sindaci su questioni di rilevanza fondamentale per il nostro comune.. un impegno preso con noi e con tutti i cittadini di Albina, Calderano, Campomolino, Francenigo, Gaiarine; al di là e al di fuori dei programmi elettorali, un impegno vero, sincero, esemplare, cristallino, degno d’onore e di fiducia, un impegno… foraparfora!!!
Pubblica assunzione di impegno dei candidati alla carica di Sindaco del Comune di Gaiarine,
promosso dal gruppo di cittadinanza attiva ForaxFora.
La conoscenza e l’informazione ci permettono di scegliere il meglio per il bene di tutti. Di fronte alle sfide sociali, economiche e ambientali che oggi dobbiamo affrontare, la partecipazione democratica del maggior numero possibile di cittadine e cittadini e la condivisione delle scelte pubbliche, sono i presupposti necessari di uno sviluppo sostenibile, responsabile e realmente condiviso, per noi e le generazioni future.
In questo senso, i candidati alla carica di Sindaco del Comune di Gaiarine, su invito del gruppo di cittadinanza attiva foraxfora, si impegnano pubblicamente a promuovere e realizzare le politiche pubbliche di seguito indicate, nel corso del quinquennio amministrativo 2009-2014.
Trasparenza e partecipazione democratica
Mi impegno a garantire trasparenza delle decisioni pubbliche e a promuovere ogni forma di partecipazione democratica attiva dei cittadini.
Promuoverò:
• la revisione dello Statuto Comunale (inserendo l’attivazione del Difensore Civico, gli incontri consiliari con la formulazione diretta di quesiti da parte dei cittadini -question time-, i progetti promossi dai cittadini -bilancio partecipativo- per delegare sovranità diretta ai cittadini ma anche responsabilità nelle scelte) e dei Regolamenti Comunali;
• una gestione di bilancio trasparente e nell’interesse della comunità.
Cultura, scuola e società
Promuoverò azioni e progetti per:
• il sostegno alla capacità genitoriale (difendendo asili nido e scuole materne esistenti);
• lo sviluppo della persona attraverso la formazione;
• l’assistenza agli anziani e ai soggetti deboli (anche potenziando i servizi del centro diurno);
• l’istituzione del Consiglio comunale dei ragazzi e della Consulta giovanile;
• il potenziamento di tutti i servizi della Biblioteca comunale e l’estensione dell’orario di apertura al pubblico;
• l’integrazione e il dialogo sociale tra generazioni e identità culturali differenti, per garantire la sicurezza, orientando l’accoglienza degli immigrati all’integrazione sociale;
• il sostegno alla pratica sportiva, in particolare giovanile, adeguando le strutture esistenti.
Territorio
Mi impegno affinché il PAT (Piano di Assetto Territoriale) diventi lo strumento per progettare il territorio comunale come “parco sostenibile” a supporto dell’economia e della società.
Annullerò formalmente tutti i piani e gli accordi urbanistici, deliberati prima della definitiva approvazione del PAT, non compatibili per logica e coerenza, sostanziale e formale, con la visione del territorio come “parco sostenibile”;
Promuoverò azioni e progetti per:
• un sistema delle acque secondo un principio di multifunzionalità che integri elevate prestazioni idrologiche, ecologiche ed estetiche;
• un sistema di mobilità secondo principi di flessibilità, polivalenza e pertinenza rispetto all’assetto e al ruolo di altri sistemi che formano il supporto territoriale (strade, acque, edificato, suoli, strutture vegetali etc.) e che tuteli gli utenti più deboli;
• il progetto di circonvallazione da sottoporre a verifica e migliorare, comprendendo l’allargamento di Via Bruna;
• il recupero dell’edificato esistente, sia disperso nella campagna urbanizzata che concentrato all’interno dei centri antichi; la difesa e la valorizzazione sia degli assetti formali che del ruolo di spazio del commercio proprio dei centri antichi, integrando al suo interno attività commerciali e direzionali;
• l’integrazione tra il sistema degli spazi dell’acqua, della naturalità, agricoli e dell’abitare, in termini di multifunzionalità, fruibilità, ed alto valore estetico;
• l’istituzione di un gruppo interdisciplinare di supporto e valutazione (quality team) dei nuovi progetti.
Acqua, energia e rifiuti
Promuoverò azioni e progetti per:
• l’autosufficienza energetica, a partire dagli edifici pubblici, stimolando il risparmio, la produzione di energia da fonti rinnovabili e la piccola autoproduzione distribuita;
• la raccolta, il risparmio e il riutilizzo dell’acqua potabile quale bene pubblico da tutelare;
• la minor produzione di rifiuti e la raccolta differenziata porta a porta;
• avviare uno sportello informativo sui cicli dell’energia, dell’acqua e dei rifiuti;
Agricoltura, commercio e industria
Promuoverò azioni e progetti per:
• la salvaguardia dei suoli agricoli e della loro fertilità;
• la riconversione della produzione agricola verso prodotti di alta qualità e tipici;
• l’agricoltura contadina finalizzata all’autoproduzione e la vendita diretta dei prodotti;
• filiere di produzione-consumo di prodotti (a km 0), preferibilmente da coltivazioni biologiche, nelle mense, nelle sagre, nei pubblici esercizi;
• filiere di produzione energetica da legno e rifiuti organici;
Abbiamo chiesto ai due candidati sindaci di suggellare questo impegno con la loro firma;
attendiamo con speranza la risposta positiva di entrambi..
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Francenigo, tessera di una campagna abitata che si fa parco.
ortofoto del presente
Ortofoto. La trama agricola, ancora ordita di siepi, è dominante ed è attraversata dal fiume Livenza in direzione nord est-sud ovest. Il tessuto edificato compatto del centro antico di Francenigo si colloca a ridosso del fiume. Il corso del Aralt lo attraversa da ovest ad est, lambendo la scuola elementare e la piazza a poca distanza dalla Livenza. Due sono le fabbriche lungo la Livenza, la più grande è ampia quasi quanto il centro. Tra le fabbriche si ritaglia il vuoto del progetto Amministrazione-Jesse. Un altra grossa fabbrica emerge a sud ovest. Le dimensioni del lotto industriale sono analoghe a quelle del vuoto che si accompagna, a sud est, villa Piovesana.
mappa del futuro
mappa 1.1
(fonti: Regione Veneto, Consorzio di Bonifica Sinistra Piave, Piano Territoriale di Coordinamento Provicia di Treviso)
Mappa del futuro (1 e 1.1 zoom). La mappa del futuro mette in evidenza elementi presenti o potenziali del paesaggio abitato. I corridoi d’acqua e di vegetazione riparia del Livenza (colore verde scuro), dei corsi d’acqua tributari in sinistra idrografico (colore verde scuro). Il sistema diffuso dell’edificato, l’interazione tra corridoi e il sistema della diffusione insediativa (colore nero). Corsi d’acqua e verde diventano infrastrutture a supporto del territorio legate alla mobilità lenta pedonale e ciclabile.
A scala del Comune, la rete dei corridoi si estende fitta con andamento nord est-sud tra Orsago e Francenigo e più a sud attraverso Gaiarine, Albina, Campomolino e si accompagna alle estese tracce dei paleo alvei (verde chiaro), gli spazi umidi dei “palù” appartengono a questo sistema. La rete di corridoi, come fili, attraversa la campagna diffusamente abitata. Una trama che tiene insieme i luoghi dell’abitare: le case, i giardini, i brani di campagna, le ville antiche, ma anche i centri più compatti, le piazze, le aree industriali, le attrezzature collettive.
A sud di Francenigo il fiume registra ampi spazi di espansione (esondazione) con frequenze temporali che si misurano in decine di anni (scale di blu), e che evidenziano il carattere dinamico del fiume. Lo spazio della esondazione coincide con la la minore densità dell’edificato.
NB. La mappa e’ mancante degli elementi nel territorio friulano.
cosa succederebbe se…
tipo di spazio 1: corridoio di acqua e siepi
Cosa succederebbe se i corsi d’acqua minori come l’Aralt venissero rinaturalizzati?
Nella foto il progetto di un corridoio di vegetazione e acqua con percorsi al suo interno.
L’immagine restituisce uno spazio molto diverso dalla tipica pista ciclabile veneta: fascia di asfalto nero accompagnata da nubi di polveri sottili in assenza di alberi-filtro, gelida di inverno e torrida d’estate.
Una diversa generazione di piste ciclabili si appoggiano ai corsi d’acqua, reintegrano la vegetazione riparia come condizione di comfort climatico.
tipo di spazio 2: bosco attrezzato
Cosa succederebbe se nuovi boschi si combinassero agli spazi della residenza?
Il progetto di un bosco-parco a ridosso di strutture residenziali esistenti.
Frammenti di bosco si moltiplicano: uno, cento, mille boschi di Gaiarine. Spazi per chi abita, luoghi per cittadini oltre che per gli uccelli. Non e’ difficile immaginare come tale spazio restituirebbe un valore enorme alle case non solo in termini di comfort, ma anche in termini economici. La sua gestione ai fini energetici renderebbe gli edifici autonomi da fonti esterne per il riscaldamento.
tipo di spazio 3: parco lineare
Cosa succederebbe se ai corsi d’acqua minori si restituisse più spazio e diventassero infrastrutture che combinano mobilità lenta, invaso per contenere le esondazioni e acqua per le irrigazioni, la depurazione delle acque, l’abbattimento di CO2, le coltivazioni legnose e gli spazi per per il tempo libero e l’educazione ambientale?
tipo di spazio 4: ex cava attrezzata
Cosa succederebbe se le ex cave diventassero infrastrutture che combinano spazi per per il tempo libero, la raccolta dell’acqua per l’irrigazione e le esondazioni nei momenti di crisi più frequenti , la depurazione delle acque, l’abbattimento CO2, le coltivazioni legnose?
conclusione
Il sistema composto da questi tipi di spazio e altri ancora rappresenta l’infrastruttura ecologica del Comune di Gaiarine come parco.
Ognuno di questi spazi risponde ad una molteplicità di necessità (sicurezza idraulica, bilancio idrico per l’irrigazione, spazi ricreativi, depurazione dell’acqua e dell’aria, agricoltura e produzione energetica rinnovabile); mobilita una molteplicità di attori (il comune, consorzio di bonifica, l’agenzia per l’acqua potabile e la fognatura, agenzie della pesca della caccia, della formazione), e di risorse (fonti di finanziamento pubblico e privato in ragione dei differenti obiettivi ai quali rispondono). Non tutti sono nuovi tipi di spazio, ma tutti sono di elevata qualità formale, progettati con la cura del dettaglio come si progetterebbe la più bella delle piazze. Sono spazi civili, rappresentazione di “genti nuove”.
Gli spazi multifuzionali sono realizzati attraverso progetti che utilizzano le risorse in modo efficiente ed efficace, concentrandole ed integrandole anzichè disperderle in tanti progetti diversi, indifferenti l’uno all’altro che si concretizzano, spesso, in altrettanti spazi tristi e monofunzionali e di scarsa funzionalità.
Le performances che espletano questi spazi hanno una diretta conseguenze sulla qualità, bellezza, attrattività, comfort, abitabilità dello spazio quotidiano tali da renderli elementi di composizione necessaria del territorio diffusamente abitato spesso degradato ed inquinato.
Sono spazi di costruzione di nuove economie, centrate sulle risorse locali, a supporto di filiere brevi ed imprenditoriali locali. Sono spazi a supporto delle pratiche sociali legate al tempo libero e alla mobilità lenta, alle pratiche agricole, attività di fondamentale importanza per la qualità della vita eppure in via di estinzione.
Gli elementi nel territorio, le persone, gli esperti, per iniziare a realizzare questi tipi di spazi ci sono e, forse, anche le risorse economiche.
Naturalmente, come per tutti i progetti di civiltà che guardano lontano, un mecenate è un attore che accelererebbe il processo costruendo le condizioni per un progetto pilota.
Rimaniamo in attesa di un gentile riscontro, siamo certi che non mancherà.
dai che takemo!
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La nuova Legge Urbanistica Regionale e il PATI
All’inizio del 2005 è entrata in vigore la legge della regione Veneto n. 11 del 23 aprile 2004 che porta il titolo “Norme per il governo del territorio”.
E’ la nuova legge urbanistica regionale (LUR). Il riferimento costituzionale al territorio dà la misura degli interessi coinvolti da questo intervento legislativo. La legge urbanistica regionale, infatti, investe gli interessi di una vastissima gamma di soggetti: dai comuni cittadini, ai proprietari delle aree, agli operatori professionali, agli amministratori e funzionari delle amministrazioni locali.
La legge regionale si pone come obiettivo la difesa delle identità storico-culturali, la tutela dell’ambiente, uno sviluppo ordinato e sostenibile, cioè uno sviluppo che “consenta alla generazione presente di soddisfare i propri bisogni senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i loro” (Commissione mondiale dell’ambiente e dello sviluppo o Commissione Brundtland, 1987).
La nuova legge mantiene i meccanismi della pianificazione a cascata, dal livello regionale (Piano territoriale di coordinamento regionale o PTRC) a quello provinciale (Piano territoriale di coordinamento provinciale o PTCP), mentre innova profondamente a livello comunale.
Sparisce il tradizionale Piano regolatore generale (PRG) che viene sostituito dal Piano regolatore comunale (PRC).
Questo, però, è profondamente diverso dal PRG, essendo costituito a sua volta dal Piano di assetto del territorio (PAT), di durata decennale, e dal Piano degli interventi (PI), che ha validità quinquennale.
Inoltre due o più comuni possono unirsi per realizzare assieme il Piano di assetto territoriale intercomunale (PATI) che va a sostituire il PAT.
Il PATI può anche essere tematico, cioè può trattare solo alcuni dei temi della pianificazione stabiliti dalla legge. Questo PATI tematico dovrà di conseguenza essere integrato a livello comunale da un PAT che elaborerà i temi non trattati dal PATI tematico.
Il PAT è lo strumento della pianificazione che determina le scelte di natura strategica dello sviluppo che si sottolinea ancora una volta deve essere “sostenibile” e quindi individua le zone che devono essere considerate non modificabili (invarianti) per motivi geologici o idrogeologici, ambientali, paesaggistici, storici, architettonici, ecc., le zone già definite dalla pianificazione dei piani regionali e provinciali (o dai PATI tematici), le cosiddette vocazioni alla trasformabilità in funzione delle varie esigenze dello sviluppo (case, attività produttive, servizi, mobilità, ecc.).
Il PAT, a differenza dal PRG, non ha valore operativo immediato, vale dire che in base ad esso non sarà possibile modificare il territorio se non in alcuni casi limitati e ben definiti.
Il Piano degli Interventi (PI) è lo strumento più vicino all’attuale PRG e dà operatività alle scelte strategiche (PAT) e assorbe anche l’attuale programma poliennale di attuazione (PPA) e il piano triennale delle opere pubbliche. Si attua sia con i normali permessi di costruzione, sia attraverso preventivi Piani urbanistici attuativi (PUA) che vanno a sostituire la congerie dei precedenti strumenti attuativi.
Una grande e, si spera, positiva novità introdotta dalla nuova legge è l’obbligo della VAS o Valutazione strategica ambientale che deve accompagnare ogni strumento pianificatorio e le sue varianti.
Oggi conosciamo solo la VIA o Valutazione di impatto ambientale che si applica solo a certe grandi opere che coinvolgono pesantemente l’ambiente (aeroporti, ferrovie, ponti autostrade, grandi industrie, ecc.). La VIA opera solo a posteriori, in pratica solo dopo che il luogo e il tipo di insediamento è stato deciso e svolge sostanzialmente solo un’azione di limitazione o attenuazione del danno ambientale. La VAS, invece, opera a livello preventivo – in rispetto del principio di precauzione – su tutti gli strumenti urbanistici: essa, infatti, deve evidenziare la congruità delle scelte rispetto agli obiettivi di sostenibilità della pianificazione, le possibili alternative, le misure di mitigazione anche in relazione agli altri strumenti di pianificazione con cui vanno ad interagire.
Fin qui la parte veramente apprezzabile della legge.
Va, infatti, ricordato che tutta la strumentazione urbanistica deve veder coinvolte preventivamente tutte le forme organizzate operanti sul territorio: enti istituzionali, organizzazioni sindacali, associazioni, ecc. In buona sostanza i “poteri forti”. Questa è la cosiddetta “concertazione e partecipazione” dalle quali però sono esclusi i cittadini.
Facciamo un esempio. Un Comune avvia le procedure per la stesura del PAT: la Giunta Municipale, prima di adottare il documento programmatico voluto dalla legge deve concertare con enti e associazioni gli obiettivi del documento e, quindi, del PAT.
Questo documento viene solo trasmesso al Consiglio Comunale, l’unico organo di governo democraticamente eletto, per mera informazione e che neppure lo può discutere. Solo al momento dell’adozione del PAT il Consiglio Comunale potrà esprimersi, ma solo attenendosi alle scelte del documento programmatico così come dovranno fare i tecnici.
E i cittadini: come ora potranno, a posteriori e a giochi fatti, fare le loro osservazioni.
I Comuni di Codognè (Capofila), Cordignano, Gaiarine, Orsago e San Fior si sono uniti ed hanno adottato nel maggio 2009 il PATI, strumento che è al vaglio della Regione (il 10/03/2009 la regione ne ha rinviato l’approvazione per supplemento di istruttoria).
Quanti cittadini di Gaiarine sanno tutto ciò?
Molto pochi, le decisioni sono state prese “in alto” e solo gli amministratori e i tecnici che sono stati informati.
Ora appare evidente che se un’Amministrazione vuole essere democratica deve attivare tutti i possibili canali per coinvolgere non solo gli organismi costituiti ma anche per dar voce al singolo cittadino già nella fase preliminare per consentire così una maggior partecipazione magari creando un apposito forum sul sito istituzionale del Comune con l’obiettivo di consentire e promuovere la maggior partecipazione possibile: Si potrebbe anche chiedere di aprire un vero e proprio sportello in comune dove ogni cittadino può andare per chiedere informazioni.
Urge che i successivi atti (PAT – Piano regolatore Comunale – Piani di intervento) vengano fatti alla luce del sole e non solo nell’ufficio del Sindaco.
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potete trovare qui un interessante documento sulle nuove modifiche della Legge Urbanistica Regionale
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Abitare all’ Ikea. Il progetto Ammnistrazione – Jesse per Francenigo.
Premessa
Cosa succederebbe se una area commerciale tipo Ikea fosse uno spazio da abitare?
L’Amministrazione uscente sta promuovendo un progetto che rappresenta non solo una minaccia per la qualità del centro di Francenigo ma è emblematico del livello di inciviltà politica e di governo del territorio raggiunto. Ci sono ragioni per sostenere che il programma elettorale, le azioni e progetti in esso descritti saranno affrontati con la stessa logica. Domande Perchè l’Amministrazione propone una espansione industriale ed un grande centro commerciale in un area di rilevanza strategica per la qualità sociale, economica, ambientale del centro? Perchè l’Amministrazione non ha preso le mosse da una riflessione su caratteri del territorio fragile che il progetto investe? Perchè l’Amministrazione non ha preso le mosse da una riflessione sui costi ambientali, sociali, economici futuri di questo progetto che investiranno non solo chi oggi vive, abita, lavora nel centro ma anche coloro che si vorrebbe attrarre? Perchè l’Amministrazione propone un progetto che produrrà, forse, negli anni a venire, non solo altri e più intensi problemi del traffico, dell’acqua, dell’aria, del suolo ma anche la scomparsa del centro storico esistente come luogo del commercio e del contatto sociale? Perchè l’Amministrazione supporta la logica speculativa di proprietari che chiedono regole urbanistiche “ad personam” per costruire fuori dalle aree previste dai piani, nelle loro proprietà ovunque si collochi (in piena campagna o a ridosso dei centri storici etc) e prive delle infrastrutture necessarie? Perchè l’Amministrazione non chiede a Jesse di costruire il suo capannone in uno delle numerose lottizzazioni industriali a ridosso dei confini comunali dove sono migliaia i metri quadrati di lotti con la scritta “affittasi- vendesi”? Perchè l’Amministrazione non esplicita le cifre relative anche i costi che la società ha già pagato con le tasse, per realizzare questi vasti spazi industriali inutilizzati e forniti di tutte le infrastrutture: fognatura, acquedotto,strade, parcheggi, aree verdi, illuminazione. Sono spazi vuoti, in attesa di essere utilizzati. Perchè l’Amministrazione propone un progetto frutto di un calcolo ristretto di convenienza di scala famigliare e non comunale, come un calcolo allargato chiarirebbe? L’Articolo 9 della Costituzione Italiana recita “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della nazione”. Perchè l’Amministrazione non ha avviato un dibattito e un progetto serio relativo al recupero dei centri storici, con l’obiettivo di coniugare benessere economico, sociale e la qualità dello spazio? Perchè l’Amministrazione non ha preso le mosse dai migliori e aggiornati progetti di recupero europei e italiani per i piccoli centri e propone invece un progetto che è l’immagine della peggiore speculazione edilizia degli ultimi decenni? Perchè l’Amministrazione non dice che in questi progetti il centro commerciale collocato a ridosso del centro storico è riconosciuto come minaccia del tessuto socio ecomomico del centro storico e quindi rifiutato categoricamente come strumento di riqualificazione? Perchè l’Amministrazione, che ha il compito istituzionale di tutelare e promuovere lo sviluppo civile e culturale utilizza con tale cinismo concetti quali “riqualificare”, ”opere pubbliche gratuite”, ”sviluppo”, “assenza di spreco o utilizzo di ulteriore terreno” contribuendo svuotarne l’autentico significato? Il progetto proposto è una stupefacente ed imbarazzante azione di speculazione edilizia e politica che avrà gravi conseguenze sul sistema ambientale, economico, sociale del centro di Francenigo. Microstoria Di recente la Regione Veneto, ha introdotto un radicale cambiamento delle regole di governo del territorio con l’obiettivo di coniugare benessere economico e sociale e la qualità dello spazio. Interessi, azioni imprenditoriali e il progetto. Lo spazio del progetto investe un area a ridosso di uno spazio vulnerabile: il centro antico di Francenigo. L’offerta all’interno di lottizzazioni per attività industriali e terziarie nei comuni limitrofi non manca. Lotti vuoti, dove campeggiano cartelli “affittasi vendesi” abbondano. Nella sola provincia di Treviso sono 18 i milioni di m2 disponibili. ( PTC provincia di Treviso). Interessi, azioni dell’Amministrazione e il progetto La ricerca dell’interesse collettivo e la nuova legge urbanistica imporrebbe all’Amministrazione di avviare una riflessione sui costi ambientali, sociali, economici futuri della richiesta non solo per chi oggi vive, abita, lavora nel centro ma anche coloro che si vorrebbe attrarre. L’Amministrazione avrebbe potuto e dovuto organizzare un tavolo di lavoro con i migliori soggetti che a vari livelli si occupano del territorio, non solo imprenditori ma anche associazioni di categoria, esperti delle acque, dell’energia del traffico del paesaggio. “Due” calcoli. Area e potenzialità : tessera di un grande parco Progetti di questo tipo si incominciano intravedere non solo in Europa ma anche nel Veneto e forse già nel Comune di Gaiarine. Area e progetto Jesse-Amministrazione: abitare all’Ikea La fine del centro: una minaccia concreta Ambizione: una visione nuova Oggi la crisi economica dopo quella ambientale hanno avviato anche nel Comune di Gaiarine un mutamento della sensibilità collettiva soprattutto nella giovane generazione. Conquistare una visione nuova: immaginazione e concretezza
L’Amministrazione ha recentemente pubblicato e divulgato uno sgrammaticato volantino dal titolo “riqualificazione del centro di Francenigo”. In esso si legge: “ [..] Dopo circa un anno di trattative questa Amministrazione ha sottoscritto e approvato in consiglio comunale un accordo molto importante con la famiglia Jesse che cambierà radicalmente in centro di Francenigo”. Il progetto investe due aree contigue a ridosso del centro della Livenza, entrambe del gruppo Jesse: l’area della fabbrica esistente e un area non costruita, la cui dimensione è più estesa del centro stesso. Spazi strategici per l’azienda ma anche per i cittadini di Francenigo.
Il volantino prosegue ostentando cifre e programma. Il volantino restringe la vista ad una sola area, oscurando la vista dell’ampia espansione industriale proposta. Perchè? le due aree sono contigue entrambe contribuiscono all’immagine complessiva del paese. Se si allarga il quadro del fotomontaggio presentato nel volantino per includendere anche il lotto della fabbrica esistente, è possibile comprendere il progetto nella sua interezza. Ciò che emerge è l’immagine di un ampia espansione industriale contigua ad un grande centro commerciale, direzionale con alcuni condomini, un parchetto e una sala pubblica tenuti insieme da una immensa piastra di parcheggi. L’idea di fondo del progetto risponde ad una chiara ipotesi. Cosa succederebbe se andassimo tutti a vivere in una delle aree commerciali Ikea? Un progetto sperimentale ed imbarazzante.
Se a tutti appare evidente che un area industriale collocata a ridosso di uno spazio vulnerabile come quello del centro storico è una minaccia alla sua qualità, forse, non tutti sanno che nei migliori progetti di recupero dei piccoli centri in Italia e in Europa, il centro commerciale collocato a ridosso del centro antico è riconosciuto come minaccia del tessuto socio ecomomico del centro stesso e quindi rifiutato categoricamente come strumento di riqualificazione.
Il volantino conclude affermando “un progetto portato avanti da questa amministrazione e atteso da tutta la comunità”. Una tale affermazione presuppone che i cittadini siano stati ascoltati, considerata l’importanza dell’area e la sfida di “cambiare radicalmente il centro di Francenigo”. Forse l’Amministrazione avrà organizzato incontri pubblici, illustrato il progetto, raccolto commenti. Forse ci sarà stata un ampia partecipazione dei cittadini. Forse i concetti “riqualificazione” ,”opere pubbliche gratuite”, ”sviluppo”, “assenza di spreco o utilizzo di ulteriore terreno” sono stati spiegati bene con abbondanza di esempi e informazioni chiare. Forse al termine di questo processo di partecipazione, tutta la comunità si è convinta che questo fosse il migliore dei progetti possibili.
Tuttavia alcune domande sono ancora in attesa di risposta.
E’ vero che tutti nella “comunità”, come recita il volantino erano in attesa di tale progetto e sono pronti ad accettare l’esperimento di vivere in uno spazio che riflette i caratteri di un’ area commerciale Ikea o meglio Jesse?
Altri piccoli comuni europei e italiani esibiscono azioni e progetti differenti e segnano una distanza impareggiabile di livello civile e politico.
La prima fabbrica Jesse, appena abbattuta, era stata costruita sulla Aralt, all’interno del tessuto edilizio del centro, connotò l’immagine del paese per decenni. Un grosso edificio sconsolato e sconsolante, erano gli anni ‘30 del secolo scorso, l’esordio della “prima rivoluzione industriale veneta”.
Oggi e’ stata sostituita da un nuovo edificio ma con lo stesso carattere sconsolato e sconsolante.
La seconda fabbrica è collocata a ridosso del centro e si integra ad un edificio-mostra, una grossa scatola trasparente in uno stile modernista goffo e ingombrante, incastrata nel tessuto minuto del centro antico. Affacciato sulla strada, urla la conquista di un raggiunto benessere. Un grosso edificio sconsolato e sconsolante. Erano gli anni ‘60 del secolo scorso, all’inizio dell’irresistibile ascesa della piccola impresa veneta all’ombra dei campanili, all’insegna dello sviluppo economico e della coesione sociale. “Lasciar fare” era diventato il principio delle politiche economiche. Le conseguenze sulla trasformazione fisica del territorio sono più evidenti e diffuse. Pertinenti politiche, e progetti urbanistici di governo delle trasformazioni al livello comunale sono assenti.
Una successiva fabbrica viene costruita dal gruppo Jesse fuori dal centro, a ridosso della Livenza. Un edificio molto più grande del primo, un vagone di silos e pannelli in cemento rivolti verso la copiosità delle acque trasparenti, e la rigogliosa vegetazione riparia di uno dei più bei fiumi della regione. Un altro grosso edificio sconsolato e sconsolante. Erano gli anni ‘70 del secolo scorso, sta prendendo forma un modello socio economico che non ha precedenti e che sta cambiando molto rapidamente la forma del territorio. L’ombra dei capannoni si allarga su spazi sempre più numerosi e ampi; in aperta campagna o a ridosso dei centri tra le case, all’interno di aree di proprietà della famiglia dell’imprenditore o acquistate al modesto prezzo di un terreno agricolo. Le trasformazioni sono l’esito di differenti azioni e progetti puntuali e dispersi, circoscritti nelle risorse che mobilitano, nei tempi loro necessari, sempre più compressi e frettolosi quanto più rapido è il cambiamento dell’economia. I capannoni contribuiranno ad aumentare il PIL ma anche a costruire l’immagine di un paesaggio caotico e instabile, dove i problemi ambientali si stanno intensificando.
Il ritardo di politiche azioni e progetti urbanistici capaci di organizzare il sedimento sempre più vasto dei capannoni è evidente. La vischiosità del traffico pesante, l’inquinamento e il relativi problemi sociali e sanitari stanno diventando un danno per l’economia e la società.
Solo negli anni ’80 verrà introdotto nel Comune il Piano Regolatore Comunale con il tentativo in parte riuscito di guidare le trasformazioni introducendo nuove regole e un nuovo tipo di spazio: la zona industriale. Uno spazio specializzato dove costruire i capannoni. Il trend dello sviluppo economico, negli anni successivi continua e diventa “mitico”. Tutti i comuni realizzano le zone industriali, spesso una per frazione per accontentare tutti. Oggi nella provincia di Treviso sono circa 1050 le zone industriali distribuite in modo diffuso sul territorio, pari a 78 milioni di m2 di spazi ad uso industriale e terziario. Complessivamente occuperebbero una ipotetica area quadrata di circa 9 km di lato ( PTC provincia di Treviso).
La progettazione del territorio è stata spesso accompagnate dalla riscrittura continua delle regole che indicavano dove, che cosa, quanto e come si può costruire o ampliare, opponendo una forte inerzia a una forma coerente rispetto alle ipotesi del piano.
La riscrittura delle regole è stata spesso connotata da una mancanza di trasparenza di chi governa e mossa, quasi sempre dalla urgenza di raccattare un po’ di oneri di urbanizzazione e, incrementare l’ICI.
Il risultato di questo processo è un immenso stock di zone industriali finanziato dalla collettivita; nella provincia di Treviso solo 60 milioni sono utilizzati, dunque sono 18 i milioni i m2 di capannoni disponibili. Complessivamente occuperebbero una ipotetica area quadrata di circa 4 km di lato. ( PTC provincia di Treviso).
La riscrittura delle regole è stata spesso connotata da accordi volti a produrre nuovi beni posizionali a vantaggio di pochi.
Un caso recente è quello che vede come protagonisti Pianca di Gaiarine e l’Amministrazione del sindaco Andreetta di Codogne’. Pianca proprietario di un area agricola tra la Cigana e il Resteggia a Roverbasso chiese di poter modificare le regole urbanistiche per potervi inserire una immensa piattaforma industriale. Un progetto molto controverso, fortemente osteggiato dalla Regione Veneto per la vulnerabilità dei suoli e la bellezza del paesaggio tra piccoli fiumi di risorgiva e poco distante dalla villa nel centro di Roverbasso. La caparbietà dei due vinse su una visione che superasse l’interesse di pochi. Oggi questo nuovo spazio industriale e’ in fase di realizzazione.
I PRG (Piano Regolatore Generale) non si sono rivelati uno strumento sufficientemente efficace rispetto all’ intensità e vastità delle spinte di trasformazione. Gli ultimi decenni sono stati attraversati da un dibattito che a messo al centro i danni ambientali, sociali, economici prodotti da mancate politiche, azioni e progetti pertinenti al territorio e alla società veneta che erano profondamente cambiati rispetto ai decenni precedenti.
E’ in questo contesto che si inseriscono i nuovi strumenti di pianificazione a livello comunale come il PAT (Piano di Assetto Territoriale), oggi in corso di definizione nel Comune di Gaiarine. In esso si introducono nuovi principi mettendo al centro il concetto di partecipazione e di valutazione ambientale strategica (VAS).
Il progetto Amministrazione-Jesse di “riqualificazione del centro di Francenigo” si colloca in questa fase, è il 2009, ma assume tutti i contorni dell’antico approccio di occupazione territoriale a basso costo. “Riqualificazione” ,”opere pubbliche gratuite”, ”sviluppo”, assenza di spreco o utilizzo di ulteriore terreno” sono termini, sbandierati nel volantino, il cui senso si dissolve man mano che ci si inoltra in una lettura attenta del progetto pubblicato dall’ Amministrazione.
Jesse chiede spazio per costruire un nuovo capannone per una superficie complessiva di 10.000 m2 e un vasto capannone-centro commerciale, (terziario), del quale si evita di esplicitare la dimensione, insieme a spazi direzionali e condomini.
La scelta razionale di collocare la fabbrica in una delle tante lottizzazioni esistenti viene scartata da Jesse, che vorrebbe realizzare il programma nei lotti già di sua proprieta’, come negli anni ‘70 a ridosso del Livenza. Jesse bussa alla porta dell’assessore per chiedere di modificare le regole del piano urbanistico e poter espandere la fabbrica, e costruire un centro commerciale e condomini.
L’area e il programma sono una ghiotta occasione per uno spot elettorale. L’Amministrazione ha fretta, non c’e’ tempo per riflettere, per fortuna il PAT (nuova legge urbanistica) non e’ ancora approvato, la ricerca dell’interesse collettivo non è una priorità.
E’ il 2009, ma l’approccio e lo stile è quello degli anni ’70.
Tuttavia tra gli anni 70 ed oggi c’e’ lo spazio di una generazione, l’ambiente e la società sono cambiati, inoltre il gruppo Jesse non gode di una grande popolarità in fatto di sensibilita’ urbanistica, il rischio di un sollevamento popolare è alto.
Il gruppo Jesse deve accettare un cambio di strategia e allargare l’offerta: accanto al centro commerciale, i condomini si inseriscono, con operazioni “copia e incolla”, la palestra e la sala pubblica. Il parchetto è’ ottenuto con la somma delle aree obbligatorie per legge che si accompagnano al programma edilizio. Un frettoloso processo progettuale aggiorna il progetto cercando di contenere i costi e inserendo più volumetria possibile . L’Amministrazione puo’ uscire con l’offerta 3×2 in campagna elettorale dichiarando che palestra e la sala pubblica sarranno ceduti “gratuitamente”.
Di seguito un calcolo ipotetico, un recente e prezioso contributo raccolto sul Blog:
“Una ditta che chiameremo A deve costruire 10.000 mq. di capannoni. Se non si può espandere perché il suo lotto è già saturo correttamente deve andare in una zona industriale attrezzata (vedi es. Camolli di Brugnera). Per costruire 10.000 mq. di superficie coperta dovrà, essendo l’indice di copertura al 50% della superficie del lotto, acquistare 20.000 mq. di superficie fondiaria.
Costo: mq. 20.000 x 100 €/mq. = € 2.000.000 (duemilioni di euro).
Una ditta che chiamiamo B acquista 20.000 mq. in zona agricola, a ridosso del centro abitato: mq. 20.000 x 10€/mq.= € 200.000 ( duecentomila euro). Regala una palestrina al Comune di circa 600 mq. costo mq. 600 x 500/mq = € 300.000. Il Comune gli dà la possibilità di costruire 10.000 mq. Costo per la ditta “B”: € 200.000 + 300.000 = € 500.000 contro i 2.000.000 della ditta “A” che si e’ collocata correttamente in zona industriale. Un piccolo guadagno per la ditta “B” che può essere valutato in 1.500.000 euro.
E’ finita così? Proprio no. Una volta sfruttati industrialmente, i capannoni dimessi, siccome sono delle brutture per il centro abitato che li ha sopportati per 20-30 anni, necessariamente vengono trasformati in aree di recupero residenziale-commerciale.mq. 10.000 x 7 mt. di altezza = mc. 70.000. Valore al mc. 100 €, valore per la ditta “B” 7.000.000 di Euro.
Chi ha fatto l’affare?
E’ finita qui? Proprio no. L’estensione dei capannoni in mezzo alle case oltre a provocare un disagio ambientale crea un grave disagio alle famiglie che devono subire la violenza di una fabbrica nelle immediate vicinanze. Oltre a questo ci sarà una netta svalutazione di dette case costruite con enormi sacrifici da operai o emigranti, che hanno sudato un’intera vita. Qual è il danno stimabile? 20 case valore € 300.000 cadauna = val. € 6.000.000 svalutazione 50% pari a € 3.000.000 che queste persone perdono. Senza contare il disagio di dover vivere nelle immediate vicinanze di un complesso produttivo. Disagio che difficilmente può essere valutato in termini economici.”
L’area di progetto del centro commerciale e residenziale è un quadrilatero irregolare a ridosso del centro, limitato dalla Livenza a est, da una serie di giardini a ovest, dalla la via per sacile e dalla ex fabbrica e mostra di Jesse a sud. E’ attraversata dalla via Memi Celanti. L’uso del suolo è in parte agricolo ed è bordata da fitte fasce alberate lungo il Fiume e lungo i giardini. Essa si estende all’interno del corridoio ecologico del fiume Livenza.
I fiumi Livenza e Aralt sono parte del codice genetico di Francenigo, essi attraversano e definiscono il senso dei luoghi. Il rapporto con il fiume delle strutture edilizie antiche sulla Aralt si riflette in alcuni scorci prospettici di grande suggestione che ricolloca il carattere dello spazio del centro in una famiglia di “luoghi di valore” poco distanti come Polcenigo e Cordignano, dove una antologia di tipi edilizi e schemi formali urbani, esito di uno specifico processo di interazione con i caratteri dello spazio fluviale, costituiscono l’identità e il senso dei luoghi. Ambienti inimitabili, diversi, unici nel mondo.
La “giusta” distanza della Livenza, dalla quale il centro si mantiene non troppo vicino e non troppo lontano, riflette un rapporto nel quale il fiume è stato risorsa (navigazione, pesca..) ma anche possibile minaccia. Esondazioni più frequenti si sono registrate poco più a sud in territorio di Albina e Campomolino .
Le acque della Livenza e le fasce boscate che accompagnano il suo corso sono un grande giacimento di naturalità e un potente filtro contro l’inquinamento dell’aria e dell’acqua. La ricchezza del verde, la copiosità delle acque restituiscono spazi per ricreare il corpo e la mente. Questo è il senso di ciò che si indica con la locuzione “ corridoio ecologico”. Un tipo di spazio per il quale la regione e provincia ha definito politiche innovative per la loro salvaguardia, conoscenza, espansione.
Diversamente da quanto l’accordo Amministazione-Jesse prevede, l’area di progetto dovrebbero diventare parte di un parco fluviale che si espande, lungo l’Aralt fino a toccare la chiesa, le scuole, la villa attraverso il centro. Segnare una distanze tra il centro e la grande fabbrica Jesse degli anni ’70 costruita lungo il suo corso e che diventerà, probabilmente, molto piu’ grande nelle intenzioni della Amministrazione.
Il vasto parco diventerebbe il simbolo di una differente cultura del territorio, prevarrebbero gli spazi di acqua, di bosco e i prati per giocare. Nel caso di Francenigo l’ampliamento di una fascia boscata attrezzata a parco pubblico nella area Jesse restituirebbe al centro una straordinaria abitabilità. Recuperare gli spazi dell’acqua e le aree verdi limitrofe porrebbe un freno alla cementificazione del territorio dando l’opportunità a chi ci vive di conoscere zone del proprio territorio molte volte sconosciute; permetterebbe di riscoprire la naturale funzione di fitodepurazione delle acque, riconsiderare, in tempi di riscaldamento planetario, l’effetto benefico che la presenza di corsi d’acqua porterebbe a livello microclimatico durante i periodi più caldi dell’anno. Percorsi tra natura e cultura, permetterebbero di riconnetterci con la nostra millenaria civiltà. (Muro Varotto 2002).
Nuovi paesaggi oggi sono necessari per dare risposta ad una cittadinanza che con forza crescente chiede di poter svolgere attività all’aria aperta, respirare aria pulita, camminare e giocare con i propri figli su un suolo incontaminato godendo di ampi spazi di comfort. Nuovi tipi di spazio sono oggi tanto più necessari quanto più la campagna negli ultimi decenni si è strasformata da spazio aperto al gioco e al passeggio a spazio sempre meno accessibile e più inquinato per le logiche della produzione agricola che a ridotto prati, capezzagne fasce boscate e con essa la facilità di accesso e uso ricreativo.
“Ridare opportunità abitative ai giovani e alle famiglie” ed evitare spreco od utilizzo di ulteriore terreno” come si scrive nel volantino, significa innanzitutto realizzare un ambiente attrattivo.
Iniziare con il presupposto di una nuova zona industriale e un grande centro commerciale è una mossa pessima.
Un progetto coerente con le intenzioni presuppone una politica di recupero del patrimonio edilizio, esistente nella campagna e nei centri storici attraverso forme di supporto agli attori della trasformazione. Le aree rurali a ridosso dei centri sono una valida alternativa ad una diversa concezione della residenzialità. Si pensi a campagne urbane, integrate nella città, capaci di coniugare fisionomie residenziali di qualità, sostenibilità e minor costo, attenzione ecologica, considerazione estetica del paesaggio.
Considerata l’ampiezza, nell’area potrebbero trovare localizzazione forse alcuni, pochi edifici in una assetto calibrato che integrano funzioni abitative e spazi pubblici compatibili, mantenendo determinate dimensioni, proporzioni e alta qualità dell’architettura (attributi delle antiche ville), affacciati sul fiume e accessibili da vie d’acqua connessi ad una rete territoriale ciclabile e pedonale, navigabile con le altre attrezzature collettive e parchi nel comune e nei comuni limitrofi.
La piazza di Francenigo resa più accessibile e connessa al parco fluviale ritroverebbe il carattere e una dimensione di luogo civico, la antica funzione di area mercantile naturale, contrapposta all’artificiosità e omologante standardizzazione dei centri commerciali, luogo di ritrovo e di aggregazione del paese, in grado di costruire identità e vincere la coltura del sospetto, della diffidenza, della paura che nasce, in fondo, più che da una reale pericolosità del diverso, dal rinchiudersi egoistico e solipsistico di chi ha rinunciato a dialogare con l’alterità. (Mauro Varotto 2002)
L’area del progetto proposto ha una dimensione notevole ed una posizione strategica e grandi potenzialità, tuttavia l’ Ammnistrazione con il progetto pubblicato svende un giacimento per le generazioni presenti e future.
Nel progetto Jesse-Amministrazione, come si evince dai disegni, un nuovo centro commerciale lungo la Livenza occuperebbe quasi la metà del macro lotto, si protenderebbe fino alla riva del fiume, in mezzo vasti spazi a parcheggi, il nuovo centro commerciale rimarrebbe come un grosso edificio visibile da ogni parte per chi si trova all’interno dell’area, un immagine della “Mcdonaldizzazione” tipica delle aree commerciali. Uno spazio sconsolato e sconsolante.
Il tracciato stradale esibisce un assetto e dimensione coerente a supporto del traffico pesante a servizio della nuova area commerciale e che attraverserebbe l’area.
Il parchetto rimarrebbe un frammento isolato tra fabbriche e case di scarsa accessibilità. Uno spazio pubblico sconsolato e sconsolante.
La sala ad uso pubblico sostituisce la fabbrica con edificio-mostra, lungo via, rompendo la cortina continua di edifici che sono parte del codice genetico dei centri antichi. Questa operazione sbagliata, già eseguita troppe volte all’interno dei centri antichi del Comune, restituirebbe un edificio isolato dal tessuto urbano, sconsolato e sconsolante.
L’ipertrofico ambito del centro commerciale, lascerebbe poco spazio alle “opportunità abitative di giovani e famiglie”: le abitazioni non si affaccerebbero verso le masse alberate a le acque del fiume, esse si stringono,come evidenziano i disegni e si affacciano l’una sull’altra a poca distanza per mancanza di spazio. Rimarrebbero frammenti sconsolati e sconsolanti.
La trasformazione proposta avrà ricadute negative ben oltre i limiti dell’area di progetto.
Il centro antico di Francenigo è uno spazio urbano di inclusione, del contatto sociale, ricco di qualità architettonica e di relazioni tra generazioni differenti. Frequentato da anziani e giovani anche per la presenza di una rete di piccole attivita commerciali che resistono alla minaccia dei centri commerciali.
L’area commerciale Jesse sarà uno spazio di esclusione difficilmente raggiungibile a piedi da anziani e bambini. Uno spazio dove domina l’automobile.
A causa della competizione la piccola rete di negozi nel centro antico probabilmente si dissolverà e con essa un tessuto di relazioni sociali uno spazio di identità, sociale e urbana, fondamentale alla coesione sociale. Sarà la fine del centro storico che diventerà non il punto di riferimento dell’agregazione sociale libera ma un appendice di Jesse-McDonald.
Perchè l’Amministrazione non dice che i migliori e aggiornati progetti di recupero dei piccoli centri europei e italiani rifiutavano categoricamente il centri commerciali come quello proposto nel programma di riqualificazione, considerato una vera minaccia del tessuto socio ecomomico del centro storico?
L’Amministrazione non lo dice perchè non lo sa, agisce in modo frettoloso, non c’e’ tempo per riflettere. In questo momento la ricerca dell’interesse collettivo non e’ una priorità. La ricerca del potere è la priorità.
L’Amministrazione si permette di imporre dall’alto ai sui cittadini un progetto che sembra il frutto di un frettoloso accordo al bar, tra un caffè e una pacca sulla spalla tra imprenditore e assessore come negli anni ’70 piuttosto che esito di una seria riflessione.
L’originalità e bellezza del centro di Francenigo, dove non ancora compromessa (dall’altro intervento promosso da Jesse in corso di realizzazione) necessita di un progetto differente.
Un progetto di riqualificazione, deve prendere le mosse da una seria riflessione attorno ad un tavolo di lavoro dove siedono i migliori soggetti che a vari livelli si occupano del territorio, non solo imprenditori ma anche associazioni di categoria, esperti delle acque, dell’energia del traffico e del paesaggio. Una seria riflessione dibattute intorno a differenti ipotesi con l’obiettivo di individuare criticità, opportunità e ruoli, in una logica di cooperazione ed integrazione.
Una seria riflessione presuppone che i cittadini siano stati ascoltati, considerata l’importanza dell’area e la sfida di “cambiare radicalmente il centro di Francenigo”.
Una seria riflessione presuppone l’organizzazione di incontri pubblici, dove i concetti “riqualificazione”,”opere pubbliche gratuite”,”sviluppo”, “assenza di spreco o utilizzo di ulteriore terreno”, se il progetto è coerente con questi principi, emergeranno dalla abbondanza di esempi e informazioni chiare.
Il tipo di descrizione e informazione resa pubblica, invece, nasconde e adatta usa termini e illustrazioni capziose.
Essa si concretizza in una maggiore capacità critica verso le conseguenze delle trasformazioni che investono e modificano l’ambiente nel quale viviamo. Ciò rende i cittadini più attenti.
Le giovani generazioni chiedono, soprattutto a coloro che sono stati e sono in misura maggiore i protagonisti della crescita economica nel territorio del Comune di partecipare alla costruzione di una società e ambiente differente.
Le giovani generazioni chiedono, soprattutto a coloro che sono stati e sono in misura maggiore i protagonisti della crescita economica nel territorio del Comune di partecipare alla costruzione di un modello di sviluppo differente impostato su altri valori di quelli che hanno dominato i decenni precedenti.
Non è una questione di moda. E’ una questione di soppravvivenza.
Le giovani generazioni sono consapevoli che su coloro i quali sono stati e sono in misura maggiore i protagonisti della crescita economica nel territorio del Comune oltre al merito della diffusione di un maggiore benessere grava la responsabilità dei danni ambientali spesso non previsti e tuttavia presenti.
Le giovani generazioni chiedono a coloro i quali sono stati e sono in misura maggiore i protagonisti della crescita economica nel territorio del Comune, di fronte alle criticità relative alla qualità delle acque, dell’aria, del suolo del traffico, il degrado del paesaggio della campagna e dei centri come conseguenze non previste della “rivoluzione industriale”, di non sottrarsi e di lavorare insieme per mettere a punto progetti differenti.
Tuttavia, una risposta convincente da parte di chi occupa ruoli importanti nella classe dirigente imprenditoriale e politica locale tarda ad arrivare, dissimula vecchie logiche facendo ampio uso di parole “sensibili”: “riqualificazione”, ”opere pubbliche gratuite”, ”sviluppo”, “assenza di spreco o utilizzo di ulteriore terreno”, “comunità ”.
Nell’esercizio di una lettura più attenta il senso di queste parole anzichè rafforzarsi evapora. Ciò che rimane come sul fondo del bicchiere sono le tracce dei reali interessi che muovono gli attori. Una attività intesa a conseguire un profitto economico personale, o un vantaggio a fini politici, condotta senza scrupoli e senza rispetto del bene collettivo.
E’ dovere civile soprattutto delle generazioni più giovani, più istruite ed informate, battersi per un progetto di società e di territorio differente nel quale vengano messe al centro i valori di equità e sostenibilità.
Come potrebbe essere il mio Comune, il mio centro, la mia via, la mia scuola se chi governa cominciasse davvero ad attivare azioni e progetti coerenti? E’ necessario essere informati, curiosi, chiedersi e chiedere instancabilmente”perchè?” come quando eravamo piccoli, essere ottimisti, preparati, fare esercizio di immaginazione.
La sfida dell’oggi per il Comune di Gaiarine è di costruire una visione nuova per i prossimi anni che segni un distanza netta dalle derive del passato, essa impegna i cittadini, in particolare la giovane generazione, e in modi assai più vasti e civilmente responsabili, l’Amministrazione Comunale
Una visione che sia, aperta e flessibile, ma dotata di potere discriminante: non ogni azione o progetto è compatibile. Essa accoglie, modifica o rifiuta non su di una base giuridica, ma su di una base logica, di coerenza sostanziale e formale (Secchi 2002) riconducibile a principi di sostenibilità.
Investire sulla sostenibilità è, secondo l’ONU e molti esperti, la chiave per lo sviluppo economico futuro, e lo strumento per uscire dalla crisi.
Perchè l’Amministrazione non pubblica il volantino all’interno un autorevole sito internet di progettazione urbanistica e all’interno del blog per raccoglie i commenti locali ? Considerando che questo è propagandato come il migliore progetto, chiesto da anni da “tutta la comunità’” dovrebbe avere la più larga visibilita’ possibile.
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