Dominique Belpomme
(ARTAC, Association pour la Recherche Thérapeutique Anti-Cancéreuse)
La premessa riguarda la situazione dove a uno storico cementificio è stato concesso di bruciare rifiuti nei forni inseriti nel proprio ciclo produttivo. Quindi ad un’attività produttiva già altamente inquinante (viene considerato attività insalubre di prima classa) viene concessa ulteriore attività inquinante e nociva.
Nelle settimane scorso le analisi effettuate in pollame allevato nella zona ha trova to valori di diossina in misura 3 / 4 volte superiori a quella consentita.
Fatto già accaduto anni addietro.
L’incontro viene introdotta dal comitato che organizza e che da anni segue la vicenda del cementificio. Il pubblico è numeroso e sono presenti molti amministratori locali m anche un consigliere regionale.
Viene riassunta la vicenda e ricordato che abbiamo una grande e grave responsabilità verso le future generazioni, evidenziando l’ormai riconosciuta relazione tra la nostra qualità della vita e l’ambiente nel quale viviamo.
Viene ricordato il percorso di anni tra conferenze, petizioni, incontri affiancati anche ma non sempre dalle istituzioni fino ad arrivare in Regione a Trieste. Viene chiesta una volta di più la partecipazione dei cittadini alle scelte che si operano nel territorio in cui vivono. Menzionando il prossimo pronunciamento del Consiglio di Stato sulla vicenda cementificio a cui sono ricorsi alcuni Comuni per essere stati esclusi dalla Conferenza dei Servizi si conclude citando il prof. Dominique Belpomme (Oncologo francese, Presidente dell’Associazione per la Ricerca e Terapia contro il cancro ARTAC) che ancora nel 2011 definì l’incenerimento di rifiuti “un crimine contro l’umanità”.
Dr. Gustavo Mazzi, medico, ISDE Pordenone
Ricordando come da ormai 7 anni segue assieme al comitato la vicenda, e chiamato a inquadrarla nel contesto del territorio locale, pone una domanda che ritiene fondamentale per affrontare qualsiasi ulteriore discorso: questo territorio ne ha bisogno? Abbiamo davvero tutti coscienza di cosa andremo a subire? Ce lo possiamo permettere?
Ricorda che il FVG sia parte di quella pianura padana ormai universalmente e tristemente conosciuta come area col peggior inquinamento atmosferico d’europa.
I dati del registro tumori FVG 1995-2005 danno un’incidenza maggiore rispetto alla media italiana, confermati poi nel 2009 e nel 2011. Certo rispetto ad altre regioni FVG è brava a gestire le patologie ma anche nel operare un’apprezzabile prevenzione secondaria (screening, test, checkup) però non si distingue dalla sconfortante incapacità nazionale, europea, mondiale di realizzare prevenzione primaria.
La differenza è sostanziale: la prima punta alla scoperta precoce delle patologie tumorali, la seconda mira ad evitarne le cause.
Ricordando come le sue tabelle siano ricavate da fonti ufficiali e istituzionali, mostra un’analisi 2013 ARPAFVG delle acque superficiali dove la presenza di agenti tossici è preoccupante, così come anche la presenza di residui da pesticidi rilevata negli alimenti, sottolineando come ci sia un grande problema nella considerazione del multiresiduo:
una mela con la presenza di 9 contaminanti tutti sotto i limiti di legge è a norma e adatta al consumo umano ma in medicina 1+1 può fare 3 ma anche 4 poiché la combinazione e l’interazione di singole molecole possono moltiplicare esponenzialmente i loro effetti.
Riporta quindi dati ricavati dall’INEMAR ovvero il catasto delle emissioni aria, un database utilizzato per realizzare l’inventario delle emissioni di inquinanti in atmosfera, le cui stime si realizzano a livello comunale per diversi inquinanti e combustibili utilizzando le metodologie definite in ambito europeo ed internazionale.
Poi mostra una tabella ISPRA relativa alla produzione rifiuti 2013/2014 che mostra il mediocre risultato FVG e sottolinea come il primato negativo spetti a Toscana ed Emilia Romagna dove, guarda caso, c’è la presenza numerosa di inceneritori. Un’altra tabella mostra la raccolta differenziata per provincia: Trieste è nettamente la peggiore in FVG ma ovviamente ha l’inceneritore a Servola.
Venendo al Friuli Occidentale studi del 2013 danno già evidenza di inquinamento dei suoli da metalli pesanti.
Inoltre lo studio delle correnti d’aria (venti regnanti e dominanti) dimostrano la vulnerabilità di zone ben definite circostanti al cementificio con la rilevazione significativa di particelle di alluminio, cromo, manganese.
Ricorda la possibilità per l’amministratore locale di gestire preventivamente queste situazioni con lo strumento urbanistico che può vietare la presenza di attività insalubri in parte o tutto il proprio territorio.
Ricordando che dei fumi derivati dalla combustione il 30% diventa cenere e può finire nel cemento ma il 70% diventa polvere e finisce nell’aria quando i filtri e dispositivi risultano carenti o insufficienti a bloccarne la diffusione.
Segnala che la diossina permane e si accumula nel suolo per decine di anni.
Si pone infine degli interrogativi quando vede che ci sono direttive che in contraddizione con analoghe direttive esistenti consentono emissioni maggiori per specifiche attività produttive.
Conclude con alcune proposte avanzate da ISDE con l’invito pressante a ridurre qualsiasi tipo di emissione, a calcolare i residui tossici x ricaduta e non per quantità, controlli in continuo sui camini e sulle fonti di emissione ricordando che nell’INEMAR il valore di riferimento auspicato per emissioni di diossina è zero, segnalando anche come l’utilizzo di dispositivi come il deposimetro rilevino le polveri che si depositano liberamente nell’atmosfera da quel momento in poi mentre l’analisi del suolo calcola tutto quello che già contiene.
Prof. Gianni Tamino biologo ISDE
Esordisce ricordando che in natura non esistono i rifiuti regolandosi attraverso la catena degli organismi viventi strutturati in un sistema circolare, ciclico.
Ad esempio la materia prima della fotosintesi è lo scarto della nostra respirazione.
La combustione interrompe questa circolarità e impedisce di fatto il riciclo perdendo quindi definitivamente una risorsa. I processi produttivi delle attività umane bruciano combustibili fossili e si inseriscono in un sistema lineare senza recupero.
L’umanità ha sempre prodotto rifiuti ma per millenni relativamente pochi e soprattutto organici.
La rivoluzione industriale e i prodotti di sintesi hanno alterato questo ciclo.
Venendo al cemento.
Non è vero che consumi di energia e di cemento (possono solo crescere) e questo lo sta dimostrando la crisi mondiale. A livello legislativo il decreto Clini costituisce un ostacolo sconcertante alla raccolta differenziata consentendo l’incenerimento dei rifiuti anche nei cementifici che possono così inglobare nella polvere di cemento le ceneri residue ma consentendone anche emissioni più alte con limiti maggiori.
Ricorda che il 90% delle molecole presenti nei fumi è sconosciuto poiché combinato tra loro, mentre viene cercata e monitorata la presenza di alcuni tra questi composti ad esempio diossine e PCB.
Cita la legge fisica della meccanica classica per la quale “Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma” del de Lavoisier per cui da 3 tonnellate di rifiuto bruciato si ottiene 1 tonnellata di ceneri e queste sono conseguenze di qualsiasi tipo di combustione.
Studi epidemiologici pubblicati e riconosciuti dimostrano come la popolazione infantile che vive nelle prossimità di inceneritori sia mediamente più malata di quella che non ne è vicina.
Continua sottolineando come i limiti di legge si riferiscano a valori di peso delle molecole mentre diventa assai più significativa la superficie che queste molecole espongono una volta nel nostro organismo.
Trattando di volumi il rapporto a parità di peso tra PM1 e PM10 è 1000 e non 10.
Rammenta ad esempio che gli ossidi azoto, di zolfo e altri innescano polveri secondarie e ozono nei mesi estivi.
Altri studi riportano come il rapporto tra presenza di polveri sottili e rischio patologie o morte aumenti sia direttamente proporzionale e collegato.
Cita poi l’esistenza di norme sulle emissioni (ovvero ciò che esce dai camini) e sulle immissioni (ovvero ciò che ricade da tutte le fonti inquinanti) e che dal 2013 lo IARC riconosce le polveri sottili come accertato cancerogeno.
L’alternativa all’incenerimento è la raccolta differenziata regolata dalle 3R:
Ridurre, Riusare, Riciclare poiché è fondamentale l’obiettivo di reimmettere nel ciclo produttivo gli elementi prima scartati e poi recuperati.
Togliendo poi una volta per tutte ogni forma di incentivo alle attività di incenerimento dei rifiuti, cosa che ne toglierebbe definitivamente qualsiasi convenienza economica.
Prosegue poi con la vicenda locale.
Affermando che la diossina è pericolosa a picogrammi (un bilionesimo di grammo ovvero un milionesimo di milionesimo di grammo!) agendo come interferente endocrino, avverte come diventi più importante controllare quantità e qualità dei materiali da bruciare. Il controllo dei fumi avviene ormai a fiamme fatte.
Segnala come in tutte le zone dove si bruciano rifiuti si riscontra la presenza di diossine nelle matrici organiche/biologiche e mostra l’esempio di Venafro nel molisano e Forlì nel romagnolo.
Spiega poi il fenomeno, sempre sottovalutato, della biomagnificazione ovvero quel processo per cui l’accumulo di sostanze tossiche negli esseri viventi aumenta di concentrazione man mano che si sale al livello trofico successivo, ovvero procedendo dal basso verso l’alto della piramide alimentare all’interno della rete trofica.
L’esempio più eclatante è costituito dal latte materno di mamme viventi nei pressi di complessi inquinanti che evidenziano la presenza di diossine con valori che, riscontrati nel latte vaccino per alimentazione, lo renderebbero fuorilegge.
Richiama e spiega infine il Principio di Precauzione, che valido in Europa non è riconosciuto dagli Stati Uniti e dal WTO e nemmeno dal TTIP ora in discussione.
Ricorda che l’attività privata d’impresa è normata e sancita dall’art 41 della nostra Costituzione come libera ma non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. È perciò subordinata all’art 32 che sancisce la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività.
Conclude citando Lorenzo Tomatis oncologo italiano, direttore, dal 1982 fino al 1993 della prestigiosa Agenzia Internazionale per le Ricerche sul Cancro di Lione, (IARC) e il suo richiamo “adottare il principio di precauzione e quello di responsabilità significa anche accettare il dovere di informare, impedire l’occultamento di informazioni su possibili rischi….evitare che si consideri l’intera specie umana come un insieme di cavie sulle quali sperimentare tutto quanto è in grado di inventare il progresso tecnologico”.
Dr. Giorgio Zampetti, geologo, Legambiente
Presenta lo stato dell’arte dei rifiuti in italia, che per il 39% finiscono in discarica, 19% inceneriti, 45% differenziai.
Ricorda come già negli anni ’90 Legambiente con l’iniziativa dei comuni ricicloni abbia premiato i comuni virtuosi che si distinguevano nella raccolta differenziata e cita esempi di realtà produttive, anche semisconosciute, che si inseriscono con successo nella filiera dei rifiuti ad esempio raccogliendo e differenziando pannolini e pannoloni.
Spiega poi come lo Sblocca-Italia vada dissennatamente in direzione contraria prevedendo la costruzione di nuovi inceneritori, contestati dalle stesse regioni, dimostrando come il governo non abbia alcuna strategia sui rifiuti e proponendo quindi il CSS come risorsa ma dimostrando solo di arrivare tardi, fuori tempo massimo.
Ricorda come per anni la contrapposizione sia stata tra difesa salute/ambiente e difesa posti di lavoro mentre ora le evidenze scientifiche portano alla condivisione di lotte e obiettivi.
Conclude ricordando alcune proposte dell’associazione ambientalista, come l’innalzamento degli oneri per il conferimento in discarica, l’attivazione della tariffazione puntuale, l’abolizione dell’incentivazione all’incenerimento dei rifiuti, la maggiore disponibilità di risorse per le agenzie ambientali e l’avvio di un ampio dibattito pubblico sul tema delle risorse, dei consumi e dei rifiuti.
Sono stati numerosi gli interventi dal pubblico tra cui quelli di versi sindaci, tra tutti il Sindaco Carli di Maniago capofila del ricorso al Consiglio di Stato, che rivendica la presenza degli amministratori locali nelle fasi decisionali di questi impianti;
ricorda poi l’importanza di agire in condivisione ad esempio con l’adesione al Patto dei Sindaci che prevede l’obiettivo di ridurre le emissioni di CO2 di almeno il 40% entro il 2030 e ad adottare un approccio integrato per affrontare la mitigazione e l’adattamento ai cambiamenti climatici.
In conclusione
È chiaro che il caso specifico di Fanna è dissimile da quello possibile di Gaiarine e Paese.
Cambia la tecnologia, cambia il combustibile.
Rimangono le fiamme.
Rimane lo spreco di risorsa organica.
Rimane lo scopo di far soldi, e tanti, perché gli azionisti della piroazienda vanno tutelati.