Ri – apre l’A28 !!!

Finalmente inaugurata l’A28 (un’altra volta)..
Finalmente risolti i problemi del traffico nei centri abitati (a parole: vedremo nei fatti..)
Finalmente i 560 cittadini di Gaiarine e Francenigo firmatari della petizione hanno avuto una risposta, dopo le acquiescenti promesse dello scorso inverno. È una risposta non diretta, come anticipato nel ricevere le firme dal MegaloSindaco: «avrete la risposta sulle strade»; risposta petulante e arrogante di un sindaco che non ha avuto il coraggio e l’umiltà di parlare con i suoi concittadini, ascoltando le preoccupazioni e le proposte vissute sulla pelle e nei polmoni.
Eppure li rappresenta essendo il sindaco di tutti i cittadini di Gaiarine (frase fatta e falsa diventata slogan onnipresente all’indomani di ogni recente elezione). Ma, da buon campione della democrazia rappresentativa e sostituiva e reiterato incapace di democrazia diretta e partecipativa, ha messo in un cassetto (nella migliore delle ipotesi) i fogli con le firme e ha aspettato, altezzoso e indifferente, che il tempo sistemasse le cose e calmasse le acque.
Salvo mostrarsi costernato, affranto, impotente, rassegnato, nei casi in cui tragici incidenti hanno visto coinvolti e anche purtroppo, soccombenti, coloro che delle strade urbane sono tra gli utenti più deboli e indifesi.
Sulla fascia tricolore che Il MegaloSindaco indossa con tronfio orgoglio per inaugurare una costosissima autostrada c’è il sangue di un ciclista, c’è il fumo nei polmoni dei suoi concittadini, ci sono 560 firme ignorate e calpestate.
E dunque?
“Chi è causa del mal suo pianga se stesso!”

L’elezzione der Presidente – Trilussa

Un giorno tutti quanti l’animali

sottomessi ar lavoro

decisero d’elegge un Presidente

che je guardasse l’interessi loro.

C’era la Società de li Majali,

la Società der Toro,

er Circolo der Basto e de la Soma,

la Lega indipendente

fra li Somari residenti a Roma;

e poi la Fratellanza

de li Gatti soriani, de li Cani,

de li Cavalli senza vetturini,

la Lega fra le Vacche, Bovi e affini…

Tutti pijorno parte all’adunanza.

Un Somarello, che pe’ l’ambizzione

de fasse elegge s’era messo addosso

la pelle d’un leone,

disse: – Bestie elettore, io so’ commosso:

la civirtà, la libbertà, er progresso…

ecco er vero programma che ciò io,

ch’è l’istesso der popolo! Per cui

voterete compatti er nome mio.
-
Defatti venne eletto proprio lui.
Er Somaro, contento, fece un rajo,

e allora solo er popolo bestione

s’accorse de lo sbajo

d’avé pijato un ciuccio p’un leone!

- Miffarolo! – Imbrojone! – Buvattaro!
-
Ho pijato possesso:

- disse allora er Somaro – e nu’ la pianto

nemmanco se morite d’accidente.

Peggio pe’ voi che me ciavete messo!

Silenzio! e rispettate er Presidente!

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Semo a.. post! (30)

Castigat ridendo mores
che non significa il castigo per chi ride è la morte
come vorrebbero i tristi che si prendono troppo sul serio,
ma
correggere i (mal)costumi deridendoli !

Petizione
da Treccani online
petizióne s. f. [dal lat. petitio -onis, der. di petĕre «chiedere»].

1. b. Con sign. specifico, nell’uso moderno, istanza che espone una necessità d’ordine o di interesse generale di cui si chiede l’accoglimento da parte degli organi statali: fare, promuovere, sottoscrivere una p.; diritto di p., il diritto riconosciuto a tutti i cittadini dalla Costituzione italiana di rivolgersi al Parlamento o alle autorità pubbliche per chiedere provvedimenti legislativi o esporre comuni necessità…

Petizione
da Wikipedia, l’enciclopedia libera.
Una petizione (dal verbo latino peto, “chiedo per ottenere”) è una richiesta ad un’autorità – generalmente governativa – o ad un ente pubblico. Nel linguaggio colloquiale, una petizione è un documento indirizzato a un soggetto pubblico o privato e sottoscritto da numerosi individui…

Democrazia diretta
da Wikipedia, l’enciclopedia libera.
La democrazia diretta è la forma di democrazia nella quale i cittadini, in quanto popolo sovrano, non sono soltanto elettori che delegano il proprio potere politico ai rappresentanti ma sono anche legislatori …

Dal dizionario Burocratichese – Italiano, Italiano – Burocratichese

Autunno 2009 Raccolte 560 firme


MegaloSindachese: si tratta di aspettare pochi mesi fino alla primavera dell’anno prossimo quando la riapertura dell’A28 metterà fine ai disagi creati dall’aumento del traffico.
Libera traduzione in Italiano
: ho cose più importanti da fare.. lasciatemi lavorare..

MegaloSindachese: non posso certo ignorare 560 firme e avrò modo di tenere in considerazione le proposte fatte perchè io sono una persona seria e so valutare le proposte fatte seriamente al contrario di chi fa battute e teatrino con i blog..
Libera traduzione in Italiano: 560 firme? Anelli sulle strade in centro a Gaiarine? Mamme
antitraffico? Ma non avete niente di meglio da fare? .. lasciatemi lavorare..

MegaloSindachese: nei prossimi giorni, nelle prossime settimane, nei prossimi mesi vedrete i risultati del giusto interessamento dell’amministrazione nei luoghi opportuni o direttamente sulle strade..
Libera traduzione in Italiano: tanto tra qualche giorno, tra qualche settimana, tra qualche mese, vi sarete dimenticati tutto.. lasciatemi lavorare..

Estate 2010 Raccolte 80 firme

MegaloSindachese: (… boh.. non si sa …)
Libera traduzione in Italiano: ancora firme? non rispondo nemmeno.. ho cose più importanti da fare.. lasciatemi lavorare..

Veneto Strade spa: In riscontro Vostra alla richiesta inerente l’oggetto e datata 20/07/2010, acquisita al protocollo di Veneto Strade spa n. 26968/10del 06/08/10, si comunica che, il progetto per la realizzazione dell’intervento stradale è stato sottoposto all’approvazione di tutti gli enti interessati (Regione, Provincia, Comune, Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Veneto, Soprintendenza per i Beni Archeologici del Veneto, Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio del Veneto Orientale, Genio Civile, ecc … ). Nessuna problematica inerente la “viabilità lenta ” è stata evidenziata nel corso della procedura di approvazione, né sull’argomento sono pervenute osservazioni al progetto da parte di terzi. Si conferma che il progetto in corso di realizzazione non prevede alcuna delle opere richieste con la nota che si riscontra, né allo stato sono assumibili al procedimento opere comportanti maggiori costi ed ulteriori occupazioni di aree. Disponibili ad ogni ulteriore chiarimento, si porgono distinti saluti.
Libera traduzione in Italiano: è stato fatto tutto a norma.. firme? viabilità lenta? abbiamo cose più importanti da fare.. lasciateci lavorare..

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Traffico… Traffici… Trafficanti… Trafficopoli…

L’estate sta finendo..
È ripreso il lavoro (chi ce l’ha ancora), ha riaperto la scuola (nel bene – poco – e nel male – sempre più)..
E ritorna il pedibus, brillante iniziativa che vuole riconsegnare marciapiedi e piste ciclabili (quando ci sono, gli uni e gli altri) ai pedoni, insegnando ai bimbi, scolari oggi adulti domani, come si possa arrivare a scuola anche a piedi.
Ma nelle strade e sulle strade non sono soli, anzi..
E per dare un’idea del traffico di una strada, e ancor meglio, della strada che attraversa il centro abitato di Francenigo ci siamo messi a contare.
Qui sotto vedete il risultato di questo conteggio, semplice e tutt’altro che scientifico ma del tutto onesto e significativo.


E qui ci starebbe bene assai un commento del Vice-Sindaco ma soprattutto Assessore alla Viabilità ed Urbanistica, che ha promesso in campagna elettorale la massima disponibilità a cogliere indicazioni e consigli sulle priorità interessanti ed utili per il nostro comune.
A maggior ragione a 186 giorni dalla mancata promessa del Sindaco di risolvere
«i disagi» causati a Gaiarine dalla chiusura dell’A28 a Godega Sant’Urbano.
Noi nel nostro piccolo, per capire cosa vuol dire strada trafficata, ci siamo messi col pallottoliere in mano e abbiamo contato autovetture e autocarri.

Ma se vuole glielo prestiamo!

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Una storia nel Bosco Crasere

È un pomeriggio d’agosto, e nel bosco Crasere in quel di Francenigo, un allegro e variopinto gruppetto di persone, uomini e donne e fanciulli, stanno procedendo sul sentiero. Intanto si rannuvola, e un’improvviso acquazzone, uno scroscio torrenziale di pioggia si rovescia sul bosco e sui malcapitati escursionisti. Un rombo assordante, una saetta luminosa, un lampo accecante, per un attimo tutto resta sospeso nel fragore di un fulmine caduto vicino.. poi silenzio e poi ancora il rumore della pioggia che cala d’intensità fino quasi a cessare e i suoni del bosco che riprendono.
Giovanni, Paola, Dora, Asia, Gaia, Francesco, Chiara, Francesco, Maddalena, Simone,
Federica, Riccardo e Beatrice si guardano attorno, incuriositi e increduli: i “grandi” non ci sono più!
Spariti! Scomparsi!
E sul sentiero è apparso silenziosamente un personaggio bizzarro, con capelli e barba lunga, vestito strano, con una bandana in testa, che li osserva con occhio profondo e consumato, di chi sa leggere il cuore curioso e ancora pulito di un fanciullo.
Ed infatti non è il momento della paura e nei fanciulli vince la curiosità :

«E tu chi sei?» gli chiedono.
«Io? Sono l’uomo del bosco. Seguitemi – dice loro- guardate e ascoltate.»

I ragazzi si
scambiano un’occhiata esitante solo per un momento, poi lo seguono.
«Un albero è come un essere u
mano, con il suo carattere, la sua personalità.»

«Davvero?» disse il più piccolo del gruppo.

Questo è l’ACERO
E’ un albero che al momento sembra forte e sicuro di sé, invece ha un carattere fragile che si arrende subito e si lascia dominare. Si comporta come quelle persone che, di giorno, ostentano una sicurezza e una forza che in realtà dentro non hanno e, al calar del sole, vengono immancabilmente presi dall’ansia per la notte scura che si avvicina. E’ un tipo che ha bisogno di luce. Il tormento, la fatica, il buio o una malattia anche lieve possono annientarlo.

Questo è il TASSO invidiato da tutti gli alberi del bosco.
E’ un soggetto fortunato: bello, ricco, prestante e ricercato. Ma lui non ha fatto nulla per ottenere questa invidiabile posizione; la natura ha deciso la sua sorte. Il tasso è il conte del bosco e non si abbassa a dialogare con nessuno. E’ un gran legno, pieno di cultura, e sa di esserlo. Se un altro albero vuole andare da lui deve chiedere permesso. C’è da dire però che la nobiltà del tasso, mista alla cultura ereditata dagli avi, lo rende amico nel lavoro e disponibile a venirti incontro e ragionare. Se lo prendi con la formale reverenza che si aspetta, ti offre il massimo di cui è capace. L’importante è che le distanze vengano sempre rispettate.

E ora il NOCCIOLO
Già quando lo vedi sottile, dritto, alto e ben vestito, ti dà l’idea del furbetto che non vuole fare nulla: quello che, per evitare qualsiasi seccatura, mette in banca la sua vita con la speranza di proteggerla e farla fruttare senza sforzi. E’ talmente refrattario a qualsiasi rischio, che neanche si sogna di osare qualcosa di suo. Ma non è stupido e cerca i posti a “solivo” ossia dove batte il sole. (…) Difficilmente lo trovi a “pusterno”, dove il sole del nord a malapena lo sfiora. Al pari di tutti i vili e fannulloni cerca la forza nel branco, perciò cresce assieme agli altri noccioli in numerose combriccole. A vederle sembrano quelle bande di giovani bulletti, padroni dei qaurtieri, il cui unico coraggio sta nell’importunare i vecchi o picchiare i barboni.

Questo è il CARPINO
Il duro dei duri, di carattere testardo, cresce storto, ossuto, inquieto e ramingo. E’ un solitario e ama fissare l’orizzonte. Non chiede nulla e di nulla ha bisogno. Anche quel sentimento chiamato amore rappresenta per lui un problema difficile. Quando brucia, il carpino non forma quasi braci. Come un uomo schivo e solitario, vuole scomparire nel nulla senza lasciare di sé la minima traccia.

Qui c’è il PIOPPO
Il più sfortunato degli alberi. Egli appartiene, come socio fondatore, alla sterminata categoria dei disgraziati che popolano la terra, a quel vasto numero di persone che non hanno alcun pregio e neanche la salute. Conscio della sua misera condizione, non vuole quasi vivere, e manda avanti l’esistenza a spintoni in attesa che la morte venga a prenderlo. Siccome non può offrire nulla, tranne che l’ombra di se stesso, da nessuno è cercato. Ma è con la morte che avviene il riscatto e si realizza concretamente la parabola evangelica secondo la quale gli ultimi saranno i primi. Stritolato dalle macine e pressato, il pioppo si trasforma in carta per offrire rifugio alle parole che danno vita ai grandi capolavori della letteratura. Sulle sue fibre è stato stampato il “Cantico dei Cantici”. Sui suoi fogli sono stati tracciati i disegni dei Maestri. Le sue pagine conservano la testimonianza della crescita culturale nei millenni.

Ed ecco il SAMBUCO
Mentre l’agrifoglio fa vedere immediatamente la sua cattiveria, il sambuco, gracile ed inutile, ma che nasconde progetti ambiziosi e violenti, la tiene nascosta come tutti i meschini. Dentro la sua tenera forza si cela una natura aggressiva e guerrafondaia. Tutto l’uso che se ne fa di lui riporta a elementi di distruzione. Occorre stare molto attenti ai sambuchi umani. Piccoli e insignificanti, sono molto cattivi e colpiscono a tradimento con armi subdole e nascoste. Sono fragili, i sambuchi! Con una strizzata di mano ne potresti uccidere un centinaio, ma devi sempre stare attento. Rompendosi, producono schegge affilate come lamette che ti possono dilaniare. Si sentono inferiori e come tali tengono il coltello in tasca pronti a farlo scattare senza il minimo preavviso. Quando vedi un giovanotto che scippa una vecchietta, in quel momento hai conosciuto un sambuco.

Questo è il FRASSINO
Che si può definire l’effeminato del bosco. Non cresce mai dritto. Il suo tronco si sviluppa con movenze e curve inequivocabilmente femminili. Come tutti i diversi è sensibilissimo e quindi procede, attraverso la vita, con grandi difficoltà. Viene deriso dai “veri uomini”, quindi cerca di evitare, il più possibile, incontri con maggiociondoli e carpini, gente buona ma dura e maschilista fino al midollo, che non perde occasione di stuzzicarlo e dileggiarlo con sarcasmo. Nonostante il corpo grazioso, il frassino, è un legno duro e tenace, dal carattere buono e pronto a sopportare i pesi della vita.

Qui c’è il NOCE
Il potere e la fortuna del noce non sono frutto del suo lavoro o di un impegno costante e laborioso, ma solo il risultato casuale di una serie di buone qualità che, travisate, hanno reso ciechi gli uomini. Questo è il noce: un uomo normale con qualche bella curva di pregio che la stupidità umana ha reso celebre e potente, a tal punto che è impossibile ormai fermare il suo arrogante cammino. Per quanto arrogante e antipatico, dispone comunque di parecchi pregi. Anche le foglie del noce sono state colpite dal delirio di onnipotenza. D’autunno, non cadono come le altre in dignitoso silenzio, ma devono farsi notare. Hanno bisogno della platea altrimenti si sentono zero. Allora, per attirare l’attenzione, scendono al suolo con rumorosi “croc croc”, come cadessero pesanti cartocci. E’ il desiderio di apparire a tutti i costi.

E ora PERO, MELO e CILIEGIO
Dal grande popolo delle piante vi sono anche coloro che se ne sono andati. Sono usciti dal bosco per emigrare in città a stare meglio. Rappresentano gli affetti, le cose buone della vita e sono il ciliegio, il pero e il melo. Nel bosco sono rimasti solo i fratelli selvatici, loro, invece, hanno preferito mettere nella gerla ciliegie, mele e pere e trasferirsi nei cortili. Buoni d’animo e dal temperamento mite, questi alberi possiedono un corpo caldo e un colore che comunica affetto. Il ciliegio, in verità, ha un carattere un poco superbo ma bisogna dire che è anche l’albero dei sogni e degli amori. Forse per il suo color rosa intenso con fiammature scure e per il suo legno odoroso di fresco, il Creatore gli aveva affidato un compito speciale nei paesi della valle. Lo aveva incaricato di contenere come in uno scrigno affettuoso l’amore e il sonno degli uomini. Da noi, nonni, genitori, bambini, generazioni intere hanno dormito e si sono voluti bene in letti di ciliegio. Mentre il ciliegio stimola i sentimenti, il pero e il melo sono maestri d’asilo. Hanno sempre a che fare coi bambini che diventano i loro educatori. Sono alberi che vivono per dare pace e serenità. Non sono pionieri, non cercano l’avventura ma si accontentano di una vita quieta negli orti, nei cortili o nei giardini.

Ecco il
TIGLIO
Quasi fratello del pioppo, è solo un po’ meno disgraziato. Sembra abbia avuto la fortuna di incontrare una donna che lo ha lavato, vestito e profumato. E gli ha insegnato a tenersi bene. Ma lui, per uscire dalla sua non troppo brillante condizione, ha voluto esagerare e, siccome non è un raffinato, è caduto nella trappola della banalità. In primavera si spruzza addosso tanto di quel profumo che se ci passi vicino ti viene il mal di testa. Rinnega in ogni modo la parentela con il pioppo e per riuscirci si circonda di oggetti superflui che, secondo lui, dovrebbero donargli stile e autorità. Quanto è ridicolo il tiglio! Sembra quei tipi al bar col telefonino appeso alla cintola che aspettano sempre una chiamata per far vedere al mondo che anche loro esistono. Come tutti coloro, e sono tanti, che hanno un rapporto contrastato con l’educazione, il tiglio sbraita, spinge sgomita e si fa avanti senza il minimo rispetto verso il prossimo. Nella fabbrica della vita, mentre i faggi avvitano bulloni lui, che è sempre pronto a dire di sì al padrone per ottenere privilegi, s’è conquistato il posto da guardiano. Con mille sotterfugi ha acquistato una macchina usata, ma lussuosa, per farsi credere ricco. Come tutti i finti, quando incontra l’abete bianco china la testa e diventa servile, salvo poi sfogarsi con i più deboli e sfortunati. Ingannevoli nella facciata, da lontano sembrano brillanti e sicuri, ma alla prima battuta, si rivelano deludenti e noiosi. Sono i tigli!

Questa è la QUERCIA
Alta, grossa e sempliciotta, sembra una chioccia sempre intenta a tenere i pulcini sotto le ali. Preoccupazioni ed ansie l’hanno abbandonata da tanto, ma l’hanno pure sfiancata e resa pesante, con le forme dimenticate dal tempo. Di scarsa cultura, è un po’ banalotta e provinciale. Nel bosco, sembra una di quelle matrone da cortile, le mani ai fianchi e il grembiule unto, che parlottano con le comari di tutto e tutti. Non ha punte di emozioni e sta lì a registrare gli avvenimenti che riferisce con bigotteria e quel senso dello scandalo, tipico di chi non può più commettere certi peccati.



«Ragazzi, dove siete???»
I richiami dei genitori risuonano nel bosco Crasere, proprio alle loro spalle, nel sentiero. Si voltano tutti assieme verso le voci familiari, e subito dopo eccoli, papà e mamme sollevati dopo tanto cercare, che si avvicinano ai loro figlioli.
«Ma.. dove eravate finiti tutti?» «E perchè non rispondevate?»
Nel tentare una replica si rigirano per indicare il loro nuovo amico e compagno di escursione, ma non vedono più l’uomo del bosco..
Non c’è più, è scomparso lui, ora!
I ragazzi si guardano, scrollano le spalle e si tuffano tra le braccia dei genitori. Ora rientrano tutti assieme, ma tra di loro, più d’uno osserva gli alberi del bosco ripensando alle parole poco prima sentite (o immaginate??) e quasi quasi intuendo un sorriso e un saluto tra quelle rugose cortecce.

Ovviamente un affettuoso ringraziamento a Mauro Corona che queste parole ha scritto e a Paolo Cossi che lo ha ritratto; da loro, indirettamente, l’ispirazione per questo post su una camminata “vera”, di nostri compaesani grandi e piccini anche a piedi scalzi, attraverso il Bosco Crasere.

Da “Le voci del Bosco” di Mauro Corona qui
Da “Corona l’uomo del Bosco di Erto” di Paolo Cossi qui
e per saperne di più sul Bosco Crasere vai qui

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A Vittorio Veneto – L’altra verit

Yuri Ivanovich Bandazhevsky nasce nel 1957 nella regione di Grodno (Bielorussia). Nel 1980 si laurea all’istituto nazionale di medicina di Grodno. Nel 1991 è il più giovane professore dell’URSS. Dal 1990 al 1999 è rettore dell’istituto medico di Gomel. Membro di numerose Accademie nazionali ed internazionali, riceve, per le sue ricerche in ambito medico ed anatomo-patologico, diversi riconoscimenti, fra cui la medaglia d’oro Albert Swaitzer e la Stella d’oro dell’Accademia di Medicina della Polonia. E’ autore di oltre 240 lavori di ricerca. E’ aiutato nelle sue ricerche dalla moglie Galina, medico cardiologo.
Dopo il disastro di Chernobyl, il professore Bandazhevsky intuisce le esatte dimensioni della tragedia. Il ricercatore non si arresta davanti ai dogmi ed alle immutabili verità ufficiali: le sue ricerche riescono a dimostrare gli effetti nel tempo dell’esposizione continua a piccole quantità e basse dosi di radionuclidi, soprattutto a livello cardiovascolare. Il veicolo di questo lento assorbimento è il cibo e Bandazhevsky segnala la pericolosità del cibo bielorusso: pericolosità superiore ai decreti repubblicani sulle dosi ammissibili per la popolazione.
Oltre a ciò, il professore denuncia che più di 10 miliardi di rubli, stanziati per la liquidazione delle conseguenze dell’incidente nucleare, sono stati sprecati.
Il 18 giugno 2001 Bandazhevsky è condannato da un tribunale militare a 8 anni di lavori forzati con la possibilità di vedere una volta, ogni tre mesi, la moglie Galina. L’accusa, non supportata da alcun testimone, è di avere chiesto denaro per ammettere uno studente all’università. Un vasto movimento di opinione internazionale interviene a suo sostegno ed Amnesty International ne riconosce lo status di “prigioniero di coscienza”. Nel 2001 ottiene il passaporto della libertà dalla Comunità Europea. In seguito alla mobilitazione diplomatica di diversi Paesi della CEE viene liberato il 15 agosto 2005, dopo 6 anni e 1 mese. Dopo aver soggiornato in Francia e Lituania. ora vive in Ucraina.

Afferrati il cuore con entrambe le mani
Quel vecchio riccio

E cuciti ben strette le ferite

con un punteruolo da ciabattino, come quando si rattoppa una scarpa

E viaggia in ogni luogo del pianeta

Ma taci

Almeno fino alla fine della vita.

Questi i versi del poeta ceceno Apti Bisultanov, scritti dopo aver lasciato la Cecenia nel 2002: hanno per tema il dolore e la soppressione della libertà di parola.
Tante al mondo sono le persone che hanno pagato per aver detto la verità. Le loro parole libere sono diventate un macigno per la loro stessa esistenza: per queste parole sono stati imprigionati, torturati ed hanno perso il diritto di vivere nella loro patria.

Parole pronunciate anche per noi, con solitario coraggio e, alcune volte, senza il sostegno della comunità internazionale, pronta a celebrare i valori della libertà di espressione negli intenti, ma senza confortarli con un impegno più concreto ed assiduo.

per saperne di più qui

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L’acqua non si vende: si difende! (2)

LA RACCOLTA FIRME
[dal coordinamento]
Qui comincia l’avventura…

Un milione. Abbiamo raccolto un milione di firme e siamo nella storia d
i questo paese. Il 19 di luglio consegneremo le firme in Cassazione. Mentre vengono portate a termine le operazioni di certificazione, l’obiettivo è oggi quello di portare almeno 25 milioni di italiani alle urne nella primavera 2011. Con questo entusiasmo, con questa partecipazione, con questa voglia di bene comune ce la possiamo fare, tutti insieme.

A Gaiarine sono state raccolte 612 firme (grazie a chi ha firmato ma anche ai consiglieri della minoranza che hanno collaborato nei banchetti), mentre tra Orsago, Cordignano, Codognè e Godega Sant’Urbano – dove avevamo messo a disposizione altri moduli – sono state 447 le firme raccolte.. e questo nonostante la scarsa informazione e non solo per nostra responsabilità: la stampa locale si è dimenticata i nostri comunicati d’informazione in qualche cassetto..
Come mai?
Proprio in questi giorni nei quali giornalisti ed editori fanno un gran baccano sul diritto (sacrosanto!) di informare.
Azzardiamo una possibile risposta: il Gazzettino è di proprietà Caltagirone, la cui bella famigliola partecipa nella proprietà di Acea (che opera nel settore idrico come gestore del servizio in varie parti d’Italia) ma anche di Acqua Campania (che ha in concessione la gestione all’ingrosso dell’acqua in Campania nelle province di Napoli e Caserta)..
Insomma, un editore con le mani .. in acqua!

Forse ha qualche pregiudizio a pubblicare articoli sulla raccolta di firme per un referendum che vuole impedire la privatizzazione dell’acqua pubblica?

e inoltre:
Gli squali Family & Friends e una smentita del ministro Ronchi

«Se ci fosse spazio per la privatizzazione del settore si aprirebbe un’occasione per i fondi di private equity. Noi potremmo essere interessati, a patto che non si tratti solo della rete, l’infrastruttura, ma di vere aziende, totalmente private, senza quote pubbliche». Parola di Nino Tronchetti Provera, cugino del più noto Marco e amministratore delegato di Ambienta un fondo d’investimento in “energie rinnovabili” fondato nel 2007. È solo l’ennesimo “squalo” che gira intorno alle prede (le aziende pubbliche dei servizi idrici) con un annuncio che vale come le chiacchiere al bar ma che testimonia ancora una volta perché il “decreto Ronchi” è un arma di distruzione del servizio pubblico puntata sui Comuni e alle tasche dei cittadini.
Cosa dice il “cugino Nino”? Essenzialmente che un fondo di investimento (private equity), dopo qualche anno di esperienza nei biogas, nella produzione di pallets per biomasse con diversi progetti in cantiere nelle “energie rinnovabili”, potrebbe essere molto interessato a occuparsi anche di servizi idrici se fossero davvero messe in vendita le aziende pubbliche senza doversi però caricare le reti (le infrastrutture, le condotte).
… (leggi tutto qui)

Ed infine:
stiamo preparando un sondaggio.

SEGUITECI!

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