Rapporto sul Benessere equo e sostenibile


Di cosa parliamo quando ci riferiamo al benessere? Il concetto di benessere cambia secondo tempi, luoghi e culture e non può quindi essere stabilito univocamente, ma solo attraverso un processo che coinvolga i diversi attori sociali. La definizione del quadro di riferimento porta con sé, dunque, un processo di legittimazione democratica che rappresenta l’elemento essenziale nella selezione degli aspetti qualificanti il benessere individuale e sociale. Giungere a un accordo sulle dimensioni più importanti (i cosiddetti “domini” del benessere) e sugli indicatori permette anche di individuare possibili priorità per l’azione politica.
Il tema della misurazione del progressoha due componenti: la prima, prettamente politica, riguarda i contenuti del concetto di benessere; la seconda, di carattere tecnico-statistico, concerne la misura dei concetti ritenuti rilevanti. Infatti, come ormai appare evidente dal dibattito internazionale sull’argomento, poiché non è possibile sostituire il Pil con un indicatore singolo del benessere di una società, è necessario selezionare, con il coinvolgimento di tutti i settori della collettività e degli esperti di misurazione, l’insieme degli indicatori ritenuti più rilevanti e rappresentativi del benessere di ogni specifica collettività.
Di conseguenza, il Cnel, organo di rilievo costituzionale, al quale partecipano rappresentanti di associazioni di categoria, organizzazioni sindacali e del terzo settore, e l’Istat, dove operano esperti della misurazione dei fenomeni economici e sociali, hanno unito le proprie forze per giungere alla definizione di un insieme condiviso di indicatori utili a definire lo stato e il progresso del nostro Paese. Per questo è stato costituito un comitato insieme all’associazionismo femminile, ecologista, dei consumatori e all’associazionismo in senso lato. L’obiettivo è stato quello di misurare il “Benessere Equo e Sostenibile” (Bes) analizzando livelli, tendenze temporali e distribuzioni delle diverse componenti del Bes, così da identificare punti di forza e di debolezza, differenze di genere, nonché particolari squilibri territoriali o gruppi sociali avvantaggiati/svantaggiati, anche in una prospettiva intergenerazionale (sostenibilità). Al comitato si è affiancata una commissione scientifica. La consultazione con i cittadini è stata ampia.
Il risultato è sintetizzato in questo primo rapporto sul Benessere Equo e Sostenibile in Italia; gli indicatori selezionati per rappresentarlo aspirano a divenire una sorta di “Costituzione statistica”, cioè un riferimento costante e condiviso dalla società italiana in grado di segnare la direzione del progresso che la medesima società vorrebbe realizzare.

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MERCOLEDI’ 20 MARZO Dialogo con Adolfo Pérez Esquivél – Nobel per la Pace


Adolfo Maria Pérez Esquivel (Buenos Aires, 26 novembre 1931) pacifista, vincitore del premio Nobel per la Pace nel 1980 per le denunce contro gli abusi della dittatura militare argentina.
Architetto e scultore, per venticinque anni, ha insegnato architettura nelle scuole secondarie e a livello universitario. Negli anni Sessanta, Perez Esquivel inizia a collaborare con i gruppi pacifisti cristiani latinoamericani.
Nel 1974, decide di lasciare l’insegnamento, per dedicarsi interamente all’assistenza ai poveri e alla lotta contro le ingiustizie sociali e politiche. Dopo il colpo di Stato di Jorge Rafael Videla, ha contribuito alla formazione di “El Ejercito de Pazy Justicia” un’associazione di difesa dei diritti umani.
Nel 1977 viene fermato dalla polizia argentina che lo tortura e lo tiene in s tato di fermo per 14 mesi senza processo.
Nel 1980 viene insignito del Premio Nobel per la Pace per i suoi sforzi contro la dittatura ed in favore dei diritti umani. Nel 1999 riceve anche il Premio Pacem in Terris.
Nel 1995, pubblica il libro Caminando junto al Pueblo nel quale racconta la sua esperienza.
Dal 2003 è presidente della Lega internazionale per i diritti umani e la liberazione dei popoli.
È inoltre membro del Tribunale popolare permanente.
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Documento/appello in vista delle prossime elezioni regionali e politiche

Coscienti della gravità dell’attuale situazione socio-politica italiana, noi, ministri di un Dio che si è incarnato radicalmente nella storia, non possiamo tacere.

Non vogliamo coinvolgere la responsabilità delle istituzioni gerarchiche ecclesiastiche: soltanto rivendichiamo la nostra libertà di pensiero e d’azione. Ci sentiamo perciò liberi di esprimere giudizi e di proporre indicazioni e proposte, in qualsiasi campo, da quello religioso a quello politico. A titolo personale, ma non individuale.

Ci rivolgiamo anzitutto al clero della base e anche alle comunità cristiane di cui ci sentiamo responsabili per la loro salvezza, anche e soprattutto nella loro realtà esistenziale. Salvezza infatti è liberazione integrale di ogni aspetto della realtà umana. Qui risiede anche la nostra idea di Politica. Per noi Politica è il Bene comune da realizzare puntando alla qualità dell’essere umano. Di ogni essere umano, senza privilegi per nessuna categoria sociale. Se parliamo di privilegi degli ultimi, è solo perché ai più deboli bisogna dare più voce e sostegno.

Riteniamo doveroso distinguere tra legalità e Giustizia, evitando così pericolosi equivoci che si verificano quando, in nome della maggioranza, si pensa di emanare leggi che non rispettano la Coscienza universale. Per legalità intendiamo ciò che è conforme ad una legge stabilita dal potere umano, non importa se è l’espressione di un Parlamento. Per Giustizia intendiamo ciò che corrisponde alla Coscienza universale, che è l’insieme di quei Valori che fanno parte del nostro essere umano, nel contesto del globo terrestre e dell’universo.

Non sempre la legalità corrisponde alla Giustizia. Noi obbediremo sempre alla Giustizia come Coscienza universale e disobbediremo quando la legalità ci portasse lontano.

La Politica, pertanto, che non coincide né con lo stato né con la religione, tende a difendere i Valori umani, facendo di tutto per far coincidere la legalità con la Giustizia. Ad ogni contrasto sarà nostro dovere alzare la voce, proprio per difendere la Giustizia, nei diritti dei più deboli.

Da qui, solo da qui ha origine la nostra scelta nel campo politico, quando siamo chiamati alle votazioni amministrative, provinciali, regionali e politiche. Partiti, programmi e candidati dovranno rispecchiare l’impegno per una cristallina fedeltà al rispetto della Coscienza universale, che non può non tradursi poi concretamente nel Bene comune.

Il criterio prioritario perciò non sarà la difesa di quei valori che, a seconda della propria ideologia o delle proprie credenze, prendono il nome di laici o di cattolici. I Valori umani non sopportano etichette, e tanto meno appartenenze. Non sono proprietà di nessuno, e appartengono a tutti, in quanto esseri umani. Solo i Valori umani non sono negoziabili: non li possiamo barattare per nessun motivo, neppure allo scopo di difendere le proprie categorie mentali o le proprie strutture di tipo statale o di tipo religioso.

Vita è vita, indipendentemente se uno crede o non crede in un Dio. Libertà è libertà, indipendentemente se uno rivendica la propria laicità o se uno rivendica la propria fede religiosa. Giustizia è giustizia, e basta. Le proprie convinzioni in una ideologia o in una fede religiosa serviranno casomai ad approfondire meglio la vita in sé, la libertà in sé, la giustizia in sé. Senza vincoli, senza condizionamenti, senza pregiudizi. Ognuno darà il meglio delle proprie convinzioni per riscoprire il meglio di ciò che è Vita, di ciò che è Libertà, di ciò che è Giustizia.

Il miglior Politico è colui che sa tradurre il Bene comune in una più ampia visuale possibile dei Valori universali. È la Persona in quanto tale il vero Soggetto della gestione del Bene comune. Certo, ogni persona ha la sua storia, i suoi drammi, una propria realtà esistenziale: ma tutto ciò non deve creare privilegi o discriminazioni. Perciò:

- non ha senso parlare di partiti laici o di partiti cattolici;
- i partiti migliori sono quelli che puntano al Meglio dei Valori umani e universali;
- i politici migliori sono coloro che mirano al Meglio del Bene comune, da realizzare nella gratuità di un servizio che, pur rimunerato, non conosce però interessi personali o di partito, non conosce corruzioni, non conosce compromessi o doppi giochi;
- le scelte politiche dei cittadini devono essere guidate solo dal criterio del Bene comune che non significa soltanto equa distribuzione dei beni, ma anche solidarietà sociale, nella convinzione che ogni bene che possediamo non è solo nostro ma è al servizio della comunità e nella convinzione che la società migliore richiede la collaborazione di tutti, nella onestà e nei propri doveri anche pagando le tasse e facendo fatture, evitando perciò evasioni d’ogni tipo;
- il Bene se è comune è di tutti, senza favorire disuguaglianze sociali e senza pretendere privilegi in nome delle istituzioni, pur sapendo che ad esempio il campo del volontariato richiede sostegno anche economico, ma sapendo anche che, se lo stato funziona, le istituzioni pubbliche funzioneranno senza doversi perciò appoggiare eccessivamente e diciamo anche comodamente al mondo del volontariato, comunque sempre prezioso, anche dal punto di vista educativo.

Ed ecco alcune domande cruciali, oggi, in questa drammatica e confusa situazione italiana. Chi votare? Quali sono i partiti “migliori”? Il Bene comune è solo uno slogan propagandistico elettorale? Noi, cittadini italiani, siamo coscienti che non basta credere al populismo di chi grida: Io vi salverò? Ci salveremo nella misura in cui anche noi, cittadini, crederemo nella Politica del Meglio, favorendo la candidatura di politici competenti, saggi e credenti nei Valori universali. Perché, nei momenti più difficili, ci aggrappiamo come al solito a speranze fugaci di chi parla alla nostra pancia? Almeno una volta, perché non votare chi ci promette non il paradiso in terra ma ci fa sognare in qualche stella che possa trascinare il carro di una società, ormai sull’orlo del precipizio, verso la salvezza che risiede nell’Umanesimo integrale?

Basta parlare solo di tasse, di economia, di numeri, di cifre, di sondaggi, di consenso popolare. È possibile ancora sognare nel Bene comune dove l’essere prevalga sull’avere, la qualità sulla quantità, dove la natura sia il nostro respiro quotidiano? Noi ci crediamo.

E crediamo nei giovani che siano anzitutto protagonisti del presente con la loro lucidità di giudizio, la loro energia rivoluzionaria, il loro disincanto dietro al quale sta l’esigenza di una coerenza capace di rinnovamento. Ma ciò sarà possibile a patto che si punti ad una migliore qualità educativa della scuola con insegnanti appassionati dello sviluppo più integrale delle nuove generazioni così da aprir loro orizzonti sempre più vasti. Laboratori di vita dovranno essere anche i nostri paesi, le nostre città soprattutto nelle loro periferie, in cui sperimentare forme nuove di aggregazione ma attorno a presenze incisive e valide, mirando ad una vera e propria rete di agenzie educative unite dalla stessa passione per lo sviluppo umano e sociale del territorio e dei suoi abitanti.

Nonostante il buio di questo momento che stiamo attraversando, confidiamo ancora che si risvegli quel genio che ha fatto grande il nostro Paese nel passato.

don Giorgio De Capitani – Sant’Ambrogio in Monte di Rovagnate (Lc)
don Angelo Viganò – Vicario Parrocchiale nella Comunità Pastorale San Paolo Apostolo in Senago (Mi)
don Giovanni Salatino – Vicario parrocchiale nella comunità pastorale Giovanni XXIII alla Barona – Milano con l’incarico sulla pastorale giovanile

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