17 Gennaio: è successo

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Ieri mattina è ricomparso il solito drago giapponese,  di nome Komatsu, che si mangia un po’ alla volta, pezzo dopo pezzo, il nostro paese.
Ha la brutta abitudine di ricomparire ogni tanto in quel di Francenigo, questo piccolo, dimenticato e ormai martoriato paese, ai margini dell’impero veneto e del comune di Gaiarine
Nell’ultimo anno le sue visite si sono fatte sempre più frequenti tanto da spaventare alcuni abitanti, che hanno cercato, con avvisi pubblici, di mettere in guardia il resto della popolazione, sulla pericolosità di queste continue irruzioni.
Si pensa che questi avvisi non servissero tanto a fermarlo, in quanto troppo forte e affamato, quanto a generare nella popolazione, divisa e tentennante, stimolo di unione per prepararsi a difendere il centro del paese dalle prossime incursioni.

Chissà  se si metterà in moto una resistenza attiva.
La cronaca di ieri nelle foto.

 

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Pian piano a pezzi va giù.

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Voci di paese (Francenigo) e transenne accatastate ci dicono che domenica prossima (17 Gennaio) verrà demolita una ulteriore porzione di fabbricato in via dei Fracassi.
DSC_0223_webTrattasi della porzione adiacente al parcheggio situato di fronte al bar la Campana.
La porzione interessata è, allo stato attuale delle nostre conoscenze, proprietà privata e la demolizione viene eseguita, così si dice, per permettere di ampliare il parcheggio esistente e per dare qualche possibilità di sopravivenza in più alla nuova gestione del bar, prendendo per buona l’equazione: più parcheggi = più macchine = più avventori.
Ragionamento legittimo anche se poche volte ha dato i risultati sperati. Un esempio è il bar Pesa, situato poco più avanti, chiuso da oltre un mese pur avendo nelle vicinanze un gran numero di parcheggi.
Le questioni che solleva questa nuova demolizione però sono altre.
La prima che il nostro paese piano piano, pezzo dopo pezzo viene abbattuto.
Si ricordano le demolizioni eseguite nel 2014 della casa d’angolo di via Benedetti-via Mazzul e quella dell’intero comparto dell’ex macelleria Carrer. Demolizione eseguite dal comune, con molte irregolarità amministrative, dopo aver comperato gli immobili (cifra totale a bilancio 250.000,00 euro) con l’intenzione nel primo caso di costruire una rotonda e nel secondo di creare lo spazio perché un privato potesse e possa realizzare una piazzetta da intitolare a chi vuole lui, applicando procedure illegittime, con bandi e delibere emessi e poi ritirati: una lunga storia che se abbiamo voglia e tempo potremmo raccontare nel dettaglio.
Mentre Gaiarine ha nel tempo mantenuto gran parte della sua storica struttura di paese, Francenigo la sta perdendo, appunto pezzo dopo pezzo.

Sappiamo che parte dei fabbricati del centro sono in uno stato precario e di abbandono, sappiamo, anche, che tutto nel tempo si modifica. Non siamo per un mantenimento mummificato dello status quo. Sappiamo, inoltre, che molti dicono e diranno che è meglio abbattere queste case piene di topi piuttosto che tenerle in pieni. Non per ultimo sappiamo che la crisi dell’edilizia e nel pieno del suo percorso e quindi è difficile trovare investitori.
Il vero grande problema è che tutto questo avviene senza che ci sia una visione complessiva del centro storico di Francenigo. Ognuno nel tempo, sia esso comune, o privato o associazione, ha fatto o fa a modo suo. Fa il suo intervento spot. Una demolizione e un pezzo di parcheggio qua, una demolizione e un pezzo di parcheggio là, e così via. Il comune, quando non è lui a demolire, lascia fare, anche perché ancora succube di quel assurdo e vecchio modo di pensare: tutti in centro con la macchina.
Ma il compito di una amministrazione comunale non è questo. Una amministrazione comunale dovrebbe essere il motore trainante della ricostruzione del centri storici, ne va della vivibilità dei suoi cittadini, delle classi più deboli: anziani e bambini. L’attuale amministrazione comunale dovrebbe essere il motore trainante della ricostruzione del centro di Francenigo, e non il motore della sua demolizione. La ricostruzione si fa stendendo un piano urbanistico complessivo del centro, che sia di vera riqualificazione, piano che dovrebbe coinvolgere anche i proprietari privati, trovando forme di incentivazione che li stimolino ad intervenire e se del caso rivolgendosi ad enti pubblici (Ater, ecc.) che di mestiere investono e intervengono nel campo dell’edilizia. In quest’ottica di pianificazione urbanistica a largo respiro ci può stare anche la demolizione di fabbricati.
Solo, però,  con una di pianificazione urbanistica a largo respiro il centro di Francenigo potrà essere ripopolato e diventare appetibile anche per persone da fuori.
Un disegno strategico, non il vuoto.
La seconda grande questione è quella relativa alla non partecipazione dei cittadini a scelte importanti e che incideranno nella loro vita, in termini di mobilità, di identità di paese, di servizi, ecc.
Le due amministrazioni Sonego hanno applicato, ma anche l’attuale fa lo stesso, una urbanistica ad personan. Il privato chiede e il comune concede. Non ha importanza cosa chiede, basta che chieda. Naturalmente in questo gioco del “chiedi e ti sarà dato”, la cittadinanza non viene mai informata di nulla, anzi molte volte viene coscientemente tenuta all’oscuro, ne è mai chiamata a condividere un progetto pubblico di qualsiasi tipo, come ad esempio la costruzione di una rotonda in centro o la demolizione di un intero comparto per far posto ad una piazza; ma, come è accaduto con le demolizioni del 2014 fatte in piena campagna elettorale, deve prendere solamente atto che le ruspe sono al lavoro. Non sarà mai coinvolta nella intitolazione dell’eventuale piazza, sarà alla fine un privato a deciderne il nome.

Solo domenica mattina vedremo un nuovo vuoto ergersi in tutta la sua immaterialità.

Ci chiediamo come sarà il centro di Francenigo tra dieci anni.
Chi è in grado di immaginarselo?.
Poiché l’andazzo sembra essere quello di demolire i fabbricati in cattivo stato ( dopo aver demolito non si ricostruirà ma più) noi lo vediamo come una grande e larga strada costeggiata di parcheggi.
Parcheggi che serviranno a chi?

 

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Il monumento ai Caduti di Albina è tornato

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Il 24 maggio di cento anni fa l’Italia si schierò al fianco di Inghilterra, Francia e Russia contro gli ex alleati dell’Impero Austro-Ungarico e della Germania, entrando fattivamente nella “Grande Guerra” anche se la maggioranza dei cittadini italiani era contraria.

Non ci dilunghiamo a spiegare come questa guerra fu condotta da parte dei generali italiani e quale immane tragedia fu per l’Italia e per gli altri paesi che vi parteciparono,

Bastano poche cifre per dare un quadro esauriente di che cosa fu realmente: morirono 37 milioni di persone,tra soldati e civili; il sacrificio italiano fu 1.240.000 morti,di cui 651.000 soldati e 589.000 civili.

In tutti i paesi d’Italia furono eretti monumenti o fissate lapidi riportanti i nomi dei militari caduti e così avvenne anche in ogni frazione (Albina, Campomolino, Francenigo, Gaiarine) del nostro comune.

Da quattro anni nella frazione di Albina il monumento ai caduti non c’è più, è stato smontato e messo a “riposo” nel campanile della chiesa in attesa di restauro.

Nel centenario dell’inizio della “grande Guerra”, il comune di Gaiarine, quasi sicuramente, unico comune in Italia, non ha “trovato” i soldi per riposizionare restaurato il monumento pur essendo stato sollecitato a farlo da alcuni cittadini e dal gruppo Consiliare ESSERCI, che il 6 novembre del 2014 ha presentato in consiglio comunale un’interrogazione urgente (vedi qui), chiedendo che il monumento fosse restaurato entro il 24 maggio 2015, centenario dell’inizio della guerra..

La promessa “contro voglia” fatta dal sindaco fu che il monumento sarebbe stato restaurato entro il 4 novembre del 2015, ma a tale promessa noi non crediamo.

Di fatto in quattro anni, pur sprecando notevoli risorse economiche per opere inutili, la precedente amministrazione e questa (in carica dal 2014) a trazione leghista, non sono state in grado di trovare quattro denari per il restauro o per dirla tutta non hanno voluto, pur annoverando,ora in giunta, in qualità di Vicesindaco Ermanno Fellet, che si dice appassionato di storia ed in particolare della Grande Guerra, tant’è che ha tenuto conferenze su tale argomento.

Si sa che a parole sono tutti bravi.

In attesa dell’improbabile restauro, noi, che essendo pacifisti aborriamo ogni tipo di guerra, che non siamo “storici” e che siamo contro ogni retorica nazional-patriottica, vogliamo rendere omaggio e memoria a questi giovani mandati a morire da generali incapaci e rappresentanti di un potere cieco.

Noi desideriamo che i loro nomi non siano dimenticati e che la frazione di Albina anche se solo virtualmente abbia il proprio monumento.

Al puro elenco dei nomi, dove ci è stato possibile, abbiamo aggiunto le informazioni che siamo riusciti a reperire, naturalmente non esaustive, ma che rendono un po’ meno “anonimi” questi giovani caduti.

Abbiamo aggiunto anche i caduti, i dispersi e coloro che hanno partecipato alla resistenza della guerra 1940-1945.

E così, purtroppo solo virtualmente, diamo ad Albina quello che aspetta da più di 4 anni, un monumento ai caduti…..

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A proposito dell’ampliamento in zona agricola ditta Corazza.

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Dopo il consiglio comunale del 14 Aprile scorso che ha deliberato l’ampliamento in zona agricola per una superficie di 1.500 mq della ditta Corazza, con i voti favorevoli della maggioranza che “sgoverna” il comune di Gaiarine e con i voti contrari di tutte tre le minoranze, si sentono in giro per il comune degli sproloqui tali da lasciare “basiti”.
Due sono le più ripetute ed inaccettabili giustificazioni che prevalgono per giustificare le scelte di questa amministrazione:

  1. oggi meglio un ampliamento di una fabbrica che un nuovo vigneto: i vigneti ci stanno avvelenando:
  2. con i tempi che corrono e le conseguenti difficoltà economiche dei comuni   come non approfittare di 45.000 euro di oneri versati dalla ditta?

Prima di entrare nel merito e discernere su queste scemenze mettiamo qualche punto fermo tanto per chiarire il contesto:

  1.  il PTCP (Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale) della provincia di Treviso  approvato con Delibera di Giunta Regionale n. 1137 del 23 marzo 2010, pubblicata sul B.U.R. del giorno 11 maggio 2010, ed entrato in vigore il giorno 26 maggio 2010, prevede, entro il 2020, un surplus di aree industriali di oltre 20.000.000 di metri quadrati. Tradotto significa che nel 2020 avremo nella nostra provincia capannoni inutilizzati per venti milioni di metri quadrati di superficie, con una perdita “per sempre”  di 2.000 ettari di suolo agricolo.
  2. esiste una legge regionale del 2012, presidente Zaia, che in deroga alla legge
    urbanistica regionale permette ad una azienda di richiedere un ampliamento per il
    massimo di 1.500 mq in area impropria, cioè permette di cementificare ulteriore suolo agricolo, alla faccia dell’ormai dimenticato ma tanto cavalcato slogan della Lega Nord “basta capannoni”.
  3. il permesso a costruire non è automatico ma deve essere approvato dal consiglio
    comunale;
  4. la ditta Corazza, acquisiti i terreni, ha presentato regolare richiesta;
  5. a distanza di circa 200 metri (duecento metri) in linea d’area esiste, in comune di Codognè un’area industriale (cosiddetta Pianca) di oltre 100.000 metri quadrati pressoché vuota e già urbanizzata;
  6. in consiglio comunale il Consigliere Bressan ha sostenuto che da conteggi fatti da tecnici a lui vicini il corrispettivo che la ditta Corazza avrebbe dovuto versare al comune doveva essere di 90.000 e non 45.000 euro;
  7. il Sindaco, fratello e zio delle titolari, si è assentato e non ha partecipato ne alla discussione ne al voto.

Veniamo alle considerazioni.

Prima considerazione:
oggi meglio un ampliamento di una fabbrica che un nuovo vigneto: i vigneti ci stanno avvelenando.

Si è vero. I vigneti ci stanno avvelenando.
Abbiamo assistito inermi in questi anni ad una nuova indiscriminata “industrializzazione” delle nostre campagne. Con un appetito famelico “tutti” si sono avventati sull’affare prosecco.
Le nostre campagne sono diventate delle industrie chimiche a cielo aperto. Vengono sparsi nell’aria e nel suolo, ogni anno, centinaia di tonnellate di pesticidi, di cui molti potenziali cancerogeni.
Questo uso massiccio di pesticidi avviene molto spesso senza nessun controllo perché quando c’è da salvare il raccolto nessuno bada a “spese”, aumentando dosi e numero trattamenti.
E noi poi respiriamo, beviamo e mangiamo tutto questo.
Quindi non c’è dubbio che siamo di fronte ad un gravissimo problema.
Ma i sostenitori della considerazione che stiamo trattando dimenticano due cose:

  1. poiché i costi sociali dell’avvelenamento in atto, tra un po’ non saranno più sostenibili, sarà obbligatoria con l’andar del tempo una agricoltura diversa, un’agricoltura non per la morte, una agricoltura per la vita, una agricoltura altra, un’agricoltura biologica e quindi se i vigneti oggi ci avvelenano, domani non lo faranno probabilmente più e comunque finita la “bolla” ( tutte le bolle prima o dopo scoppiano) della coltivazione della vite, questi terreni potranno essere coltivati con altre colture ed in modo biologico.
  2. la cementificazione di un terreno e la conseguente perdita di suolo è invece irreversibile.
    Bisognerebbe sapere e capire che noi dipendiamo, la nostra vita dipende, da un sottile strato di terra, 70 cm., e dal fatto che su questo strato di terra piove.
    Bisognerebbe sapere e capire che il peggior modo per utilizzare il suolo è la cementificazione che significa eliminare su quella superficie ogni cosa vivente per sempre.
    Bisognerebbe sapere e capire che il suolo non è una risorsa infinita, e che non essendo rinnovabile è la risorsa più finita e preziosa che abbiamo.
    Bisognerebbe sapere e capire che la natura ci mette ben 500 anni per formare 2,5 cm di suolo vivo e che quindi la sua formazione è fuori dalla scala biologica umana.
    Bisognerebbe sapere e capire che non ci sarà mai nessuna tecnologia in grado di sostituire la più grande tecnologia esistente che è il suolo.
    Dobbiamo quindi convincerci che il suolo è una risorsa preziosissima e come tale andrebbe tutelata ad ogni costo e a qualsiasi prezzo, cosa che non avviene come è dimostrato sia dalla legge regionale targata Zaia, citata precedentemente, sia dai comportamenti della nostra amministrazione e anche dalla miopia dei nostri imprenditori che guardano sempre al loro immediato profitto e non al bene comune.Nel caso in questione la ditta Corazza poteva tranquillamente soddisfare le sue sacrosante esigenze di “crescita” edificando nella zona industriale limitrofa in comune di Codognè , dove il suolo è gia stato compromesso dall’urbanizzazione dell’area, mantenendo così “vivi” i 3.000 mq. invece di cementificarli.Corazza_RoverbassoMa si sa questa miopia ….

Seconda considerazione:
con i tempi che corrono e le conseguenti difficoltà economiche dei comuni   come non approfittare di 45.000 euro di oneri versati dalla ditta?

Questa giustificazione è fuorviante perché il comune di Gaiarine si trova con un avanzo di amministrazione di quasi 500.000.000 euro (mezzo milione) e quindi non vi era nessuna necessità di introitare questa modesta cifra e permettere la cementificazione di altri 3.000 mq. del suolo comunale.
Si sono scritti libri e libri sul fatto che l’applicazione degli oneri di urbanizzazione siano gli “assassini”del territorio, in quanto i comuni per “fare cassa” non badano a nulla e concedono licenze edilizie a destra e a manca.
La giustificazione delle amministrazioni comunali è sempre la medesima: incassiamo soldi e così possiamo mantenere i servizi ai cittadini.
Ma poi c’è mai qualcuno che si chiede e verifica  come verranno spesi questi soldi, tanto necessari?
Magari con una nuova palestra, con un rifacimento inutile di una piazza, tanto per ricordare i macro sperperi fatti dalla precedente amministrazione di cui questa è la “continuità? Oppure servono a sostenere una spesa corrente fuori controllo?

Ma è proprio con questa logica dell’introito immediato, per poi magari sperperarlo, che la Lombardia e il Veneto sono le due regioni più cementificate d’Italia, per poi magari ritrovarsi con “cattedrali nel deserto” per 20 milioni di mq., come succederà nella provincia di Treviso.

Infine c’è da chiedersi quale scala viene usata per determinare la contropartita economica alla cementificazione del suolo? Una scala biologica? Una scala temporale? O semplicemente quella dell’ interesse immediato di qualcuno?

Qualcuno seriamente sarebbe in grado di dare una risposta sensata alla domanda : quanto vale un grammo di suolo che contiene circa 10 milioni di batteri e che se nelle vicinanze vi sono delle radici di qualche pianta ne può contenerne persino 100-200 miliardi?

Prendendo spunto dalla frase di Franklin D. Roosevelt, 32° presidente degli Stati Uniti “La storia di ogni nazione è in fin dei conti, quella del modo in cui essa si prende cura del proprio suolo”.

potremmo dire che ” La storia di ogni comune è in fin dei conti, quella del modo in cui esso si prende cura del proprio suolo”.

Per il comune di Gaiarine sarà sicuramente una infima storia, se questi “non amministratori” continueranno a sperperare QUEL BENE COMUNE  che é IL SUOLO, sull’altare della loro incapacità di fare il “VERO BENE DELLA COMUNITA'”

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Una piazza. Un bus e un tacon.

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Bus

DSC_0132_web Domenica 7 dicembre DSC_0133_web

 

 

 

Non servono molte parole, basta guardare le foto.

L’avevamo pronosticato nei commenti al post  http://www.esserci.org/una-piazza-non-per-piedi-ma-fatta-con-piedi/

Purtroppo ci siamo di nuovo e l’inverno deve ancora iniziare.

Una piazza da 219.000 euro che ogni sei mesi abbisogna di un “tacon”..

Tacon       ( il terzo)

                                                    11 e 12 dicembre

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A primavera sicuramente  un altro bus e forse un altro tacon.

 

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… e adesso

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DSC_0120_we adesso, che le demolizioni iniziate in campagna elettorale per evidenti scopi elettoralistici sono state completate, cosa succederà?

lo spazio vuoto, creato tra via per Sacile e via del Palù che svuota non solo il paese ma anche i cittadini, come sarà riempito?

verrà promulgato di nascosto un altro bando, come quello reso pubblico il 13 maggio 2014 con scadenza 21 maggio 2014 (8 giorni), per concedere a qualche privato di “farsi” una piazza?

il comune procederà, magari coinvolgendo l’Ater, con la ricostruzione di un fabbricato ad angolo, la vecchia macelleria Carrer per intenderci, ad uso commerciale/residenziale, arretrandolo dal vecchio sedime per migliorare l’incrocio, come d’altra parte era previsto nel piano di recupero approvato dall’amministrazione Toso?

viste le difficoltà economiche del comune, si procederà con la vendita di quest’area edificabile al miglior offerente, per iniziare una riqualificazione del centro di Francenigo che possa permettere un ricostituzione del suo tessuto urbano invece che la sua distruzione?

quale sarà il coinvolgimento dei cittadini di Francenigo nel definire la destinazione di quell’area ora proprietà comunale e quindi proprietà di tutta la comunità?

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