Campagna elettorale: dite la vostra!

Care lettrici, cari lettori,

mancano solo dieci giorni alle elezioni e la campagna elettorale è entrata nel vivo! Candidati e cittadini si incontrano tutti i giorni (più volte al giorno) per discutere, capire, condividere, protestare, proporre, contestare.
Siamo nel bel mezzo di uno dei momenti di maggior contatto sociale della nostra vita democratica. Anche sul blog la discussione si fa più densa e i temi si delineano con maggiore precisione. Come avete notato (fin dal primo post) i temi della trasparenza e della pianificazione del territorio sono quelli che riscuotono il maggiore interesse.

Ma questo blog può crescere ancora se c’è sempre maggiore partecipazione da parte di tutte/i voi.

Per questo vorremmo conoscere le vostre opinioni:

Come sta andando, secondo voi, la campagna elettorale? Ci sono elementi di novità rispetto al passato?

Come giudicate i programmi delle due liste in competizione?

Come giudicate le liste rispetto alla loro composizione? Le/i candidate/i sono rappresentative/i?

Quali sono gli impegni che le/i candidate/i, al di fuori dei programmi elettorali ufficiali, stanno prendendo con i propri elettori? Le promesse fatte in campagna elettorale sono realistiche e veramente realizzabili?

Cosa vorreste dire, fora par fora, alle/ai candidate/i?

Sentitevi liberi di esprimervi liberamente. Come avete visto tolleriamo i commenti anonimi, anche perché spesso si sono dimostrati densi di informazioni. Riteniamo però che non si possa veramente chiedere a chi fa politica nel nostro Comune di rispondere responsabilmente delle loro affermazioni e dei loro atti continuando a nascondere la propria identità.
Nessun politico può sottrarsi a contestazioni o richieste fatte a viso aperto.

Quindi, please, dite la vostra!

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Abitare all’ Ikea. Il progetto Ammnistrazione – Jesse per Francenigo.

(collage dell’autore)

Premessa
Cosa succederebbe se una area commerciale tipo Ikea fosse uno spazio da abitare?

L’Amministrazione uscente sta promuovendo un progetto che rappresenta non solo una minaccia per la qualità del centro di Francenigo ma è emblematico del livello di inciviltà politica e di governo del territorio raggiunto. Ci sono ragioni per sostenere che il programma elettorale, le azioni e progetti in esso descritti saranno affrontati con la stessa logica.
L’Amministrazione ha recentemente pubblicato e divulgato uno sgrammaticato volantino dal titolo “riqualificazione del centro di Francenigo”. In esso si legge: “ [..] Dopo circa un anno di trattative questa Amministrazione ha sottoscritto e approvato in consiglio comunale un accordo molto importante con la famiglia Jesse che cambierà radicalmente in centro di Francenigo”. Il progetto investe due aree contigue a ridosso del centro della Livenza, entrambe del gruppo Jesse: l’area della fabbrica esistente e un area non costruita, la cui dimensione è più estesa del centro stesso. Spazi strategici per l’azienda ma anche per i cittadini di Francenigo.
Il volantino prosegue ostentando cifre e programma. Il volantino restringe la vista ad una sola area, oscurando la vista dell’ampia espansione industriale proposta. Perchè? le due aree sono contigue entrambe contribuiscono all’immagine complessiva del paese. Se si allarga il quadro del fotomontaggio presentato nel volantino per includendere anche il lotto della fabbrica esistente, è possibile comprendere il progetto nella sua interezza. Ciò che emerge è l’immagine di un ampia espansione industriale contigua ad un grande centro commerciale, direzionale con alcuni condomini, un parchetto e una sala pubblica tenuti insieme da una immensa piastra di parcheggi. L’idea di fondo del progetto risponde ad una chiara ipotesi. Cosa succederebbe se andassimo tutti a vivere in una delle aree commerciali Ikea? Un progetto sperimentale ed imbarazzante.
Se a tutti appare evidente che un area industriale collocata a ridosso di uno spazio vulnerabile come quello del centro storico è una minaccia alla sua qualità, forse, non tutti sanno che nei migliori progetti di recupero dei piccoli centri in Italia e in Europa, il centro commerciale collocato a ridosso del centro antico è riconosciuto come minaccia del tessuto socio ecomomico del centro stesso e quindi rifiutato categoricamente come strumento di riqualificazione.
Il volantino conclude affermando “un progetto portato avanti da questa amministrazione e atteso da tutta la comunità”. Una tale affermazione presuppone che i cittadini siano stati ascoltati, considerata l’importanza dell’area e la sfida di “cambiare radicalmente il centro di Francenigo”. Forse l’Amministrazione avrà organizzato incontri pubblici, illustrato il progetto, raccolto commenti. Forse ci sarà stata un ampia partecipazione dei cittadini. Forse i concetti “riqualificazione” ,”opere pubbliche gratuite”, ”sviluppo”, “assenza di spreco o utilizzo di ulteriore terreno” sono stati spiegati bene con abbondanza di esempi e informazioni chiare. Forse al termine di questo processo di partecipazione, tutta la comunità si è convinta che questo fosse il migliore dei progetti possibili.

Domande
Tuttavia alcune domande sono ancora in attesa di risposta.
E’ vero che tutti nella “comunità”, come recita il volantino erano in attesa di tale progetto e sono pronti ad accettare l’esperimento di vivere in uno spazio che riflette i caratteri di un’ area commerciale Ikea o meglio Jesse?

Perchè l’Amministrazione propone una espansione industriale ed un grande centro commerciale in un area di rilevanza strategica per la qualità sociale, economica, ambientale del centro?

Perchè l’Amministrazione non ha preso le mosse da una riflessione su caratteri del territorio fragile che il progetto investe?

Perchè l’Amministrazione non ha preso le mosse da una riflessione sui costi ambientali, sociali, economici futuri di questo progetto che investiranno non solo chi oggi vive, abita, lavora nel centro ma anche coloro che si vorrebbe attrarre?

Perchè l’Amministrazione propone un progetto che produrrà, forse, negli anni a venire, non solo altri e più intensi problemi del traffico, dell’acqua, dell’aria, del suolo ma anche la scomparsa del centro storico esistente come luogo del commercio e del contatto sociale?

Perchè l’Amministrazione supporta la logica speculativa di proprietari che chiedono regole urbanistiche “ad personam” per costruire fuori dalle aree previste dai piani, nelle loro proprietà ovunque si collochi (in piena campagna o a ridosso dei centri storici etc) e prive delle infrastrutture necessarie?

Perchè l’Amministrazione non chiede a Jesse di costruire il suo capannone in uno delle numerose lottizzazioni industriali a ridosso dei confini comunali dove sono migliaia i metri quadrati di lotti con la scritta “affittasi- vendesi”?

Perchè l’Amministrazione non esplicita le cifre relative anche i costi che la società ha già pagato con le tasse, per realizzare questi vasti spazi industriali inutilizzati e forniti di tutte le infrastrutture: fognatura, acquedotto,strade, parcheggi, aree verdi, illuminazione. Sono spazi vuoti, in attesa di essere utilizzati.

Perchè l’Amministrazione propone un progetto frutto di un calcolo ristretto di convenienza di scala famigliare e non comunale, come un calcolo allargato chiarirebbe?

L’Articolo 9 della Costituzione Italiana recita “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della nazione”.

Perchè l’Amministrazione non ha avviato un dibattito e un progetto serio relativo al recupero dei centri storici, con l’obiettivo di coniugare benessere economico, sociale e la qualità dello spazio?

Perchè l’Amministrazione non ha preso le mosse dai migliori e aggiornati progetti di recupero europei e italiani per i piccoli centri e propone invece un progetto che è l’immagine della peggiore speculazione edilizia degli ultimi decenni?

Perchè l’Amministrazione non dice che in questi progetti il centro commerciale collocato a ridosso del centro storico è riconosciuto come minaccia del tessuto socio ecomomico del centro storico e quindi rifiutato categoricamente come strumento di riqualificazione?

Perchè l’Amministrazione, che ha il compito istituzionale di tutelare e promuovere lo sviluppo civile e culturale utilizza con tale cinismo concetti quali “riqualificare”, ”opere pubbliche gratuite”, ”sviluppo”, “assenza di spreco o utilizzo di ulteriore terreno” contribuendo svuotarne l’autentico significato?

Il progetto proposto è una stupefacente ed imbarazzante azione di speculazione edilizia e politica che avrà gravi conseguenze sul sistema ambientale, economico, sociale del centro di Francenigo.
Altri piccoli comuni europei e italiani esibiscono azioni e progetti differenti e segnano una distanza impareggiabile di livello civile e politico.

Microstoria
La prima fabbrica Jesse, appena abbattuta, era stata costruita sulla Aralt, all’interno del tessuto edilizio del centro, connotò l’immagine del paese per decenni. Un grosso edificio sconsolato e sconsolante, erano gli anni ‘30 del secolo scorso, l’esordio della “prima rivoluzione industriale veneta”.
Oggi e’ stata sostituita da un nuovo edificio ma con lo stesso carattere sconsolato e sconsolante.
La seconda fabbrica è collocata a ridosso del centro e si integra ad un edificio-mostra, una grossa scatola trasparente in uno stile modernista goffo e ingombrante, incastrata nel tessuto minuto del centro antico. Affacciato sulla strada, urla la conquista di un raggiunto benessere. Un grosso edificio sconsolato e sconsolante. Erano gli anni ‘60 del secolo scorso, all’inizio dell’irresistibile ascesa della piccola impresa veneta all’ombra dei campanili, all’insegna dello sviluppo economico e della coesione sociale. “Lasciar fare” era diventato il principio delle politiche economiche. Le conseguenze sulla trasformazione fisica del territorio sono più evidenti e diffuse. Pertinenti politiche, e progetti urbanistici di governo delle trasformazioni al livello comunale sono assenti.
Una successiva fabbrica viene costruita dal gruppo Jesse fuori dal centro, a ridosso della Livenza. Un edificio molto più grande del primo, un vagone di silos e pannelli in cemento rivolti verso la copiosità delle acque trasparenti, e la rigogliosa vegetazione riparia di uno dei più bei fiumi della regione. Un altro grosso edificio sconsolato e sconsolante. Erano gli anni ‘70 del secolo scorso, sta prendendo forma un modello socio economico che non ha precedenti e che sta cambiando molto rapidamente la forma del territorio. L’ombra dei capannoni si allarga su spazi sempre più numerosi e ampi; in aperta campagna o a ridosso dei centri tra le case, all’interno di aree di proprietà della famiglia dell’imprenditore o acquistate al modesto prezzo di un terreno agricolo. Le trasformazioni sono l’esito di differenti azioni e progetti puntuali e dispersi, circoscritti nelle risorse che mobilitano, nei tempi loro necessari, sempre più compressi e frettolosi quanto più rapido è il cambiamento dell’economia. I capannoni contribuiranno ad aumentare il PIL ma anche a costruire l’immagine di un paesaggio caotico e instabile, dove i problemi ambientali si stanno intensificando.
Il ritardo di politiche azioni e progetti urbanistici capaci di organizzare il sedimento sempre più vasto dei capannoni è evidente. La vischiosità del traffico pesante, l’inquinamento e il relativi problemi sociali e sanitari stanno diventando un danno per l’economia e la società.
Solo negli anni ’80 verrà introdotto nel Comune il Piano Regolatore Comunale con il tentativo in parte riuscito di guidare le trasformazioni introducendo nuove regole e un nuovo tipo di spazio: la zona industriale. Uno spazio specializzato dove costruire i capannoni. Il trend dello sviluppo economico, negli anni successivi continua e diventa “mitico”. Tutti i comuni realizzano le zone industriali, spesso una per frazione per accontentare tutti. Oggi nella provincia di Treviso sono circa 1050 le zone industriali distribuite in modo diffuso sul territorio, pari a 78 milioni di m2 di spazi ad uso industriale e terziario. Complessivamente occuperebbero una ipotetica area quadrata di circa 9 km di lato ( PTC provincia di Treviso).
La progettazione del territorio è stata spesso accompagnate dalla riscrittura continua delle regole che indicavano dove, che cosa, quanto e come si può costruire o ampliare, opponendo una forte inerzia a una forma coerente rispetto alle ipotesi del piano.
La riscrittura delle regole è stata spesso connotata da una mancanza di trasparenza di chi governa e mossa, quasi sempre dalla urgenza di raccattare un po’ di oneri di urbanizzazione e, incrementare l’ICI.
Il risultato di questo processo è un immenso stock di zone industriali finanziato dalla collettivita; nella provincia di Treviso solo 60 milioni sono utilizzati, dunque sono 18 i milioni i m2 di capannoni disponibili. Complessivamente occuperebbero una ipotetica area quadrata di circa 4 km di lato. ( PTC provincia di Treviso).
La riscrittura delle regole è stata spesso connotata da accordi volti a produrre nuovi beni posizionali a vantaggio di pochi.
Un caso recente è quello che vede come protagonisti Pianca di Gaiarine e l’Amministrazione del sindaco Andreetta di Codogne’. Pianca proprietario di un area agricola tra la Cigana e il Resteggia a Roverbasso chiese di poter modificare le regole urbanistiche per potervi inserire una immensa piattaforma industriale. Un progetto molto controverso, fortemente osteggiato dalla Regione Veneto per la vulnerabilità dei suoli e la bellezza del paesaggio tra piccoli fiumi di risorgiva e poco distante dalla villa nel centro di Roverbasso. La caparbietà dei due vinse su una visione che superasse l’interesse di pochi. Oggi questo nuovo spazio industriale e’ in fase di realizzazione.
I PRG (Piano Regolatore Generale) non si sono rivelati uno strumento sufficientemente efficace rispetto all’ intensità e vastità delle spinte di trasformazione. Gli ultimi decenni sono stati attraversati da un dibattito che a messo al centro i danni ambientali, sociali, economici prodotti da mancate politiche, azioni e progetti pertinenti al territorio e alla società veneta che erano profondamente cambiati rispetto ai decenni precedenti.

Di recente la Regione Veneto, ha introdotto un radicale cambiamento delle regole di governo del territorio con l’obiettivo di coniugare benessere economico e sociale e la qualità dello spazio.
E’ in questo contesto che si inseriscono i nuovi strumenti di pianificazione a livello comunale come il PAT (Piano di Assetto Territoriale), oggi in corso di definizione nel Comune di Gaiarine. In esso si introducono nuovi principi mettendo al centro il concetto di partecipazione e di valutazione ambientale strategica (VAS).
Il progetto Amministrazione-Jesse di “riqualificazione del centro di Francenigo” si colloca in questa fase, è il 2009, ma assume tutti i contorni dell’antico approccio di occupazione territoriale a basso costo. “Riqualificazione” ,”opere pubbliche gratuite”, ”sviluppo”, assenza di spreco o utilizzo di ulteriore terreno” sono termini, sbandierati nel volantino, il cui senso si dissolve man mano che ci si inoltra in una lettura attenta del progetto pubblicato dall’ Amministrazione.

Interessi, azioni imprenditoriali e il progetto.
Jesse chiede spazio per costruire un nuovo capannone per una superficie complessiva di 10.000 m2 e un vasto capannone-centro commerciale, (terziario), del quale si evita di esplicitare la dimensione, insieme a spazi direzionali e condomini.

Lo spazio del progetto investe un area a ridosso di uno spazio vulnerabile: il centro antico di Francenigo. L’offerta all’interno di lottizzazioni per attività industriali e terziarie nei comuni limitrofi non manca. Lotti vuoti, dove campeggiano cartelli “affittasi vendesi” abbondano. Nella sola provincia di Treviso sono 18 i milioni di m2 disponibili. ( PTC provincia di Treviso).
La scelta razionale di collocare la fabbrica in una delle tante lottizzazioni esistenti viene scartata da Jesse, che vorrebbe realizzare il programma nei lotti già di sua proprieta’, come negli anni ‘70 a ridosso del Livenza. Jesse bussa alla porta dell’assessore per chiedere di modificare le regole del piano urbanistico e poter espandere la fabbrica, e costruire un centro commerciale e condomini.

Interessi, azioni dell’Amministrazione e il progetto

La ricerca dell’interesse collettivo e la nuova legge urbanistica imporrebbe all’Amministrazione di avviare una riflessione sui costi ambientali, sociali, economici futuri della richiesta non solo per chi oggi vive, abita, lavora nel centro ma anche coloro che si vorrebbe attrarre. L’Amministrazione avrebbe potuto e dovuto organizzare un tavolo di lavoro con i migliori soggetti che a vari livelli si occupano del territorio, non solo imprenditori ma anche associazioni di categoria, esperti delle acque, dell’energia del traffico del paesaggio.
L’area e il programma sono una ghiotta occasione per uno spot elettorale. L’Amministrazione ha fretta, non c’e’ tempo per riflettere, per fortuna il PAT (nuova legge urbanistica) non e’ ancora approvato, la ricerca dell’interesse collettivo non è una priorità.
E’ il 2009, ma l’approccio e lo stile è quello degli anni ’70.
Tuttavia tra gli anni 70 ed oggi c’e’ lo spazio di una generazione, l’ambiente e la società sono cambiati, inoltre il gruppo Jesse non gode di una grande popolarità in fatto di sensibilita’ urbanistica, il rischio di un sollevamento popolare è alto.
Il gruppo Jesse deve accettare un cambio di strategia e allargare l’offerta: accanto al centro commerciale, i condomini si inseriscono, con operazioni “copia e incolla”, la palestra e la sala pubblica. Il parchetto è’ ottenuto con la somma delle aree obbligatorie per legge che si accompagnano al programma edilizio. Un frettoloso processo progettuale aggiorna il progetto cercando di contenere i costi e inserendo più volumetria possibile . L’Amministrazione puo’ uscire con l’offerta 3×2 in campagna elettorale dichiarando che palestra e la sala pubblica sarranno ceduti “gratuitamente”.

“Due” calcoli.
Di seguito un calcolo ipotetico, un recente e prezioso contributo raccolto sul Blog:
“Una ditta che chiameremo A deve costruire 10.000 mq. di capannoni. Se non si può espandere perché il suo lotto è già saturo correttamente deve andare in una zona industriale attrezzata (vedi es. Camolli di Brugnera). Per costruire 10.000 mq. di superficie coperta dovrà, essendo l’indice di copertura al 50% della superficie del lotto, acquistare 20.000 mq. di superficie fondiaria.
Costo: mq. 20.000 x 100 €/mq. = € 2.000.000 (duemilioni di euro).
Una ditta che chiamiamo B acquista 20.000 mq. in zona agricola, a ridosso del centro abitato: mq. 20.000 x 10€/mq.= € 200.000 ( duecentomila euro). Regala una palestrina al Comune di circa 600 mq. costo mq. 600 x 500/mq = € 300.000. Il Comune gli dà la possibilità di costruire 10.000 mq. Costo per la ditta “B”: € 200.000 + 300.000 = € 500.000 contro i 2.000.000 della ditta “A” che si e’ collocata correttamente in zona industriale. Un piccolo guadagno per la ditta “B” che può essere valutato in 1.500.000 euro.
E’ finita così? Proprio no. Una volta sfruttati industrialmente, i capannoni dimessi, siccome sono delle brutture per il centro abitato che li ha sopportati per 20-30 anni, necessariamente vengono trasformati in aree di recupero residenziale-commerciale.mq. 10.000 x 7 mt. di altezza = mc. 70.000. Valore al mc. 100 €, valore per la ditta “B” 7.000.000 di Euro.
Chi ha fatto l’affare?
E’ finita qui? Proprio no. L’estensione dei capannoni in mezzo alle case oltre a provocare un disagio ambientale crea un grave disagio alle famiglie che devono subire la violenza di una fabbrica nelle immediate vicinanze. Oltre a questo ci sarà una netta svalutazione di dette case costruite con enormi sacrifici da operai o emigranti, che hanno sudato un’intera vita. Qual è il danno stimabile? 20 case valore € 300.000 cadauna = val. € 6.000.000 svalutazione 50% pari a € 3.000.000 che queste persone perdono. Senza contare il disagio di dover vivere nelle immediate vicinanze di un complesso produttivo. Disagio che difficilmente può essere valutato in termini economici.”

Area e potenzialità : tessera di un grande parco
L’area di progetto del centro commerciale e residenziale è un quadrilatero irregolare a ridosso del centro, limitato dalla Livenza a est, da una serie di giardini a ovest, dalla la via per sacile e dalla ex fabbrica e mostra di Jesse a sud. E’ attraversata dalla via Memi Celanti. L’uso del suolo è in parte agricolo ed è bordata da fitte fasce alberate lungo il Fiume e lungo i giardini. Essa si estende all’interno del corridoio ecologico del fiume Livenza.
I fiumi Livenza e Aralt sono parte del codice genetico di Francenigo, essi attraversano e definiscono il senso dei luoghi. Il rapporto con il fiume delle strutture edilizie antiche sulla Aralt si riflette in alcuni scorci prospettici di grande suggestione che ricolloca il carattere dello spazio del centro in una famiglia di “luoghi di valore” poco distanti come Polcenigo e Cordignano, dove una antologia di tipi edilizi e schemi formali urbani, esito di uno specifico processo di interazione con i caratteri dello spazio fluviale, costituiscono l’identità e il senso dei luoghi. Ambienti inimitabili, diversi, unici nel mondo.
La “giusta” distanza della Livenza, dalla quale il centro si mantiene non troppo vicino e non troppo lontano, riflette un rapporto nel quale il fiume è stato risorsa (navigazione, pesca..) ma anche possibile minaccia. Esondazioni più frequenti si sono registrate poco più a sud in territorio di Albina e Campomolino .
Le acque della Livenza e le fasce boscate che accompagnano il suo corso sono un grande giacimento di naturalità e un potente filtro contro l’inquinamento dell’aria e dell’acqua. La ricchezza del verde, la copiosità delle acque restituiscono spazi per ricreare il corpo e la mente. Questo è il senso di ciò che si indica con la locuzione “ corridoio ecologico”. Un tipo di spazio per il quale la regione e provincia ha definito politiche innovative per la loro salvaguardia, conoscenza, espansione.
Diversamente da quanto l’accordo Amministazione-Jesse prevede, l’area di progetto dovrebbero diventare parte di un parco fluviale che si espande, lungo l’Aralt fino a toccare la chiesa, le scuole, la villa attraverso il centro. Segnare una distanze tra il centro e la grande fabbrica Jesse degli anni ’70 costruita lungo il suo corso e che diventerà, probabilmente, molto piu’ grande nelle intenzioni della Amministrazione.
Il vasto parco diventerebbe il simbolo di una differente cultura del territorio, prevarrebbero gli spazi di acqua, di bosco e i prati per giocare. Nel caso di Francenigo l’ampliamento di una fascia boscata attrezzata a parco pubblico nella area Jesse restituirebbe al centro una straordinaria abitabilità. Recuperare gli spazi dell’acqua e le aree verdi limitrofe porrebbe un freno alla cementificazione del territorio dando l’opportunità a chi ci vive di conoscere zone del proprio territorio molte volte sconosciute; permetterebbe di riscoprire la naturale funzione di fitodepurazione delle acque, riconsiderare, in tempi di riscaldamento planetario, l’effetto benefico che la presenza di corsi d’acqua porterebbe a livello microclimatico durante i periodi più caldi dell’anno. Percorsi tra natura e cultura, permetterebbero di riconnetterci con la nostra millenaria civiltà. (Muro Varotto 2002).
Nuovi paesaggi oggi sono necessari per dare risposta ad una cittadinanza che con forza crescente chiede di poter svolgere attività all’aria aperta, respirare aria pulita, camminare e giocare con i propri figli su un suolo incontaminato godendo di ampi spazi di comfort. Nuovi tipi di spazio sono oggi tanto più necessari quanto più la campagna negli ultimi decenni si è strasformata da spazio aperto al gioco e al passeggio a spazio sempre meno accessibile e più inquinato per le logiche della produzione agricola che a ridotto prati, capezzagne fasce boscate e con essa la facilità di accesso e uso ricreativo.
“Ridare opportunità abitative ai giovani e alle famiglie” ed evitare spreco od utilizzo di ulteriore terreno” come si scrive nel volantino, significa innanzitutto realizzare un ambiente attrattivo.
Iniziare con il presupposto di una nuova zona industriale e un grande centro commerciale è una mossa pessima.
Un progetto coerente con le intenzioni presuppone una politica di recupero del patrimonio edilizio, esistente nella campagna e nei centri storici attraverso forme di supporto agli attori della trasformazione. Le aree rurali a ridosso dei centri sono una valida alternativa ad una diversa concezione della residenzialità. Si pensi a campagne urbane, integrate nella città, capaci di coniugare fisionomie residenziali di qualità, sostenibilità e minor costo, attenzione ecologica, considerazione estetica del paesaggio.
Considerata l’ampiezza, nell’area potrebbero trovare localizzazione forse alcuni, pochi edifici in una assetto calibrato che integrano funzioni abitative e spazi pubblici compatibili, mantenendo determinate dimensioni, proporzioni e alta qualità dell’architettura (attributi delle antiche ville), affacciati sul fiume e accessibili da vie d’acqua connessi ad una rete territoriale ciclabile e pedonale, navigabile con le altre attrezzature collettive e parchi nel comune e nei comuni limitrofi.
La piazza di Francenigo resa più accessibile e connessa al parco fluviale ritroverebbe il carattere e una dimensione di luogo civico, la antica funzione di area mercantile naturale, contrapposta all’artificiosità e omologante standardizzazione dei centri commerciali, luogo di ritrovo e di aggregazione del paese, in grado di costruire identità e vincere la coltura del sospetto, della diffidenza, della paura che nasce, in fondo, più che da una reale pericolosità del diverso, dal rinchiudersi egoistico e solipsistico di chi ha rinunciato a dialogare con l’alterità. (Mauro Varotto 2002)

Progetti di questo tipo si incominciano intravedere non solo in Europa ma anche nel Veneto e forse già nel Comune di Gaiarine.

Area e progetto Jesse-Amministrazione: abitare all’Ikea
L’area del progetto proposto ha una dimensione notevole ed una posizione strategica e grandi potenzialità, tuttavia l’ Ammnistrazione con il progetto pubblicato svende un giacimento per le generazioni presenti e future.
Nel progetto Jesse-Amministrazione, come si evince dai disegni, un nuovo centro commerciale lungo la Livenza occuperebbe quasi la metà del macro lotto, si protenderebbe fino alla riva del fiume, in mezzo vasti spazi a parcheggi, il nuovo centro commerciale rimarrebbe come un grosso edificio visibile da ogni parte per chi si trova all’interno dell’area, un immagine della “Mcdonaldizzazione” tipica delle aree commerciali. Uno spazio sconsolato e sconsolante.
Il tracciato stradale esibisce un assetto e dimensione coerente a supporto del traffico pesante a servizio della nuova area commerciale e che attraverserebbe l’area.
Il parchetto rimarrebbe un frammento isolato tra fabbriche e case di scarsa accessibilità. Uno spazio pubblico sconsolato e sconsolante.
La sala ad uso pubblico sostituisce la fabbrica con edificio-mostra, lungo via, rompendo la cortina continua di edifici che sono parte del codice genetico dei centri antichi. Questa operazione sbagliata, già eseguita troppe volte all’interno dei centri antichi del Comune, restituirebbe un edificio isolato dal tessuto urbano, sconsolato e sconsolante.
L’ipertrofico ambito del centro commerciale, lascerebbe poco spazio alle “opportunità abitative di giovani e famiglie”: le abitazioni non si affaccerebbero verso le masse alberate a le acque del fiume, esse si stringono,come evidenziano i disegni e si affacciano l’una sull’altra a poca distanza per mancanza di spazio. Rimarrebbero frammenti sconsolati e sconsolanti.

La fine del centro: una minaccia concreta
La trasformazione proposta avrà ricadute negative ben oltre i limiti dell’area di progetto.
Il centro antico di Francenigo è uno spazio urbano di inclusione, del contatto sociale, ricco di qualità architettonica e di relazioni tra generazioni differenti. Frequentato da anziani e giovani anche per la presenza di una rete di piccole attivita commerciali che resistono alla minaccia dei centri commerciali.
L’area commerciale Jesse sarà uno spazio di esclusione difficilmente raggiungibile a piedi da anziani e bambini. Uno spazio dove domina l’automobile.
A causa della competizione la piccola rete di negozi nel centro antico probabilmente si dissolverà e con essa un tessuto di relazioni sociali uno spazio di identità, sociale e urbana, fondamentale alla coesione sociale. Sarà la fine del centro storico che diventerà non il punto di riferimento dell’agregazione sociale libera ma un appendice di Jesse-McDonald.
Perchè l’Amministrazione non dice che i migliori e aggiornati progetti di recupero dei piccoli centri europei e italiani rifiutavano categoricamente il centri commerciali come quello proposto nel programma di riqualificazione, considerato una vera minaccia del tessuto socio ecomomico del centro storico?
L’Amministrazione non lo dice perchè non lo sa, agisce in modo frettoloso, non c’e’ tempo per riflettere. In questo momento la ricerca dell’interesse collettivo non e’ una priorità. La ricerca del potere è la priorità.
L’Amministrazione si permette di imporre dall’alto ai sui cittadini un progetto che sembra il frutto di un frettoloso accordo al bar, tra un caffè e una pacca sulla spalla tra imprenditore e assessore come negli anni ’70 piuttosto che esito di una seria riflessione.
L’originalità e bellezza del centro di Francenigo, dove non ancora compromessa (dall’altro intervento promosso da Jesse in corso di realizzazione) necessita di un progetto differente.
Un progetto di riqualificazione, deve prendere le mosse da una seria riflessione attorno ad un tavolo di lavoro dove siedono i migliori soggetti che a vari livelli si occupano del territorio, non solo imprenditori ma anche associazioni di categoria, esperti delle acque, dell’energia del traffico e del paesaggio. Una seria riflessione dibattute intorno a differenti ipotesi con l’obiettivo di individuare criticità, opportunità e ruoli, in una logica di cooperazione ed integrazione.
Una seria riflessione presuppone che i cittadini siano stati ascoltati, considerata l’importanza dell’area e la sfida di “cambiare radicalmente il centro di Francenigo”.
Una seria riflessione presuppone l’organizzazione di incontri pubblici, dove i concetti “riqualificazione”,”opere pubbliche gratuite”,”sviluppo”, “assenza di spreco o utilizzo di ulteriore terreno”, se il progetto è coerente con questi principi, emergeranno dalla abbondanza di esempi e informazioni chiare.
Il tipo di descrizione e informazione resa pubblica, invece, nasconde e adatta usa termini e illustrazioni capziose.

Ambizione: una visione nuova

Oggi la crisi economica dopo quella ambientale hanno avviato anche nel Comune di Gaiarine un mutamento della sensibilità collettiva soprattutto nella giovane generazione.
Essa si concretizza in una maggiore capacità critica verso le conseguenze delle trasformazioni che investono e modificano l’ambiente nel quale viviamo. Ciò rende i cittadini più attenti.
Le giovani generazioni chiedono, soprattutto a coloro che sono stati e sono in misura maggiore i protagonisti della crescita economica nel territorio del Comune di partecipare alla costruzione di una società e ambiente differente.
Le giovani generazioni chiedono, soprattutto a coloro che sono stati e sono in misura maggiore i protagonisti della crescita economica nel territorio del Comune di partecipare alla costruzione di un modello di sviluppo differente impostato su altri valori di quelli che hanno dominato i decenni precedenti.
Non è una questione di moda. E’ una questione di soppravvivenza.
Le giovani generazioni sono consapevoli che su coloro i quali sono stati e sono in misura maggiore i protagonisti della crescita economica nel territorio del Comune oltre al merito della diffusione di un maggiore benessere grava la responsabilità dei danni ambientali spesso non previsti e tuttavia presenti.
Le giovani generazioni chiedono a coloro i quali sono stati e sono in misura maggiore i protagonisti della crescita economica nel territorio del Comune, di fronte alle criticità relative alla qualità delle acque, dell’aria, del suolo del traffico, il degrado del paesaggio della campagna e dei centri come conseguenze non previste della “rivoluzione industriale”, di non sottrarsi e di lavorare insieme per mettere a punto progetti differenti.
Tuttavia, una risposta convincente da parte di chi occupa ruoli importanti nella classe dirigente imprenditoriale e politica locale tarda ad arrivare, dissimula vecchie logiche facendo ampio uso di parole “sensibili”: “riqualificazione”, ”opere pubbliche gratuite”, ”sviluppo”, “assenza di spreco o utilizzo di ulteriore terreno”, “comunità ”.
Nell’esercizio di una lettura più attenta il senso di queste parole anzichè rafforzarsi evapora. Ciò che rimane come sul fondo del bicchiere sono le tracce dei reali interessi che muovono gli attori. Una attività intesa a conseguire un profitto economico personale, o un vantaggio a fini politici, condotta senza scrupoli e senza rispetto del bene collettivo.

Conquistare una visione nuova: immaginazione e concretezza
E’ dovere civile soprattutto delle generazioni più giovani, più istruite ed informate, battersi per un progetto di società e di territorio differente nel quale vengano messe al centro i valori di equità e sostenibilità.
Come potrebbe essere il mio Comune, il mio centro, la mia via, la mia scuola se chi governa cominciasse davvero ad attivare azioni e progetti coerenti? E’ necessario essere informati, curiosi, chiedersi e chiedere instancabilmente”perchè?” come quando eravamo piccoli, essere ottimisti, preparati, fare esercizio di immaginazione.
La sfida dell’oggi per il Comune di Gaiarine è di costruire una visione nuova per i prossimi anni che segni un distanza netta dalle derive del passato, essa impegna i cittadini, in particolare la giovane generazione, e in modi assai più vasti e civilmente responsabili, l’Amministrazione Comunale
Una visione che sia, aperta e flessibile, ma dotata di potere discriminante: non ogni azione o progetto è compatibile. Essa accoglie, modifica o rifiuta non su di una base giuridica, ma su di una base logica, di coerenza sostanziale e formale (Secchi 2002) riconducibile a principi di sostenibilità.
Investire sulla sostenibilità è, secondo l’ONU e molti esperti, la chiave per lo sviluppo economico futuro, e lo strumento per uscire dalla crisi.
Perchè l’Amministrazione non pubblica il volantino all’interno un autorevole sito internet di progettazione urbanistica e all’interno del blog per raccoglie i commenti locali ? Considerando che questo è propagandato come il migliore progetto, chiesto da anni da “tutta la comunità’” dovrebbe avere la più larga visibilita’ possibile.
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Comune di Gaiarine come parco sostenibile: uno scenario possibile.


Negli ultimi anni il concretizzarsi di tante singole azioni sul territorio del Comune di Gaiarine e dei comuni limitrofi, ha prodotto lo spazio contemporaneo nel quale viviamo e lavoriamo. Amministratori, singoli cittadini, imprenditori si sono fatti costruttori del paesaggio, aggiungendo, sostituendo, cancellando un frammento per volta con una operosità straordinaria. Tutto a norma di legge o quasi. Progetti e azioni piccoli come la costruzione di una recinzione, l’interramento di un fosso, la ristrutturazione di una casa colonica, l’ampliamento di un capannone, la estensione di una pista ciclabile, l’inserimento di una rotonda; altri medi come la realizzazione di una lottizzazione, l’inserimento dei dreni in un campo agricolo, la risezione di un canale di bonifica, la ristrutturazione di una scuola, la pavimentazione di una piazza; altri grandi come il tracciato di una circonvallazione o di una autostrada o l’inserimento della rete fognatura. La tendenza attuale è che progetti e azioni, espressione di mille irriducibili voci, non sono collocati all’interno di una visione condivisa, nonostante l’esistenza di un progetto urbanistico. Progetti e azioni si concretizzano in una pluralità di ordini spaziali che non si integrano in modo coerente all’interno degli ordinamenti spaziali della campagna e della città storica, rimangono frammenti che contribuiscono a costruire l’immagine di un paesaggio caotico e instabile, dove i problemi ambientali si intensificano a danno dell’ ecomomia e della società futuri.

L’immagine che sta emergendo è quella di una banale periferia, essa è l’esito delle modalità delle trasformazioni in corso dove la responsabilità è ripartita tra i cittadini e in modi assai più ampi le amministrazioni comunali. Un esempio forse renderà più esplicito questo passaggio. Il carattere della strada tra Gaiarine a Codognè è cambiato in modo definitivo nell’ultimo decennio. Tutti ricordano lo spazio rurale con folte siepi che si alternava alla sobria eleganza di case isolate, ville antiche, e i centri compatti. Nel corso del tempo una enorme quantità di nuovi oggetti di dimensioni diverse si sono depositati sul territorio appoggiandosi ad esili infrastrutture preesistenti delle strade e delle acque. Nuove abitazioni, nuove industrie, nuovi spazi di consumo e divertimento si sono aggiunti, e dilatati sin dentro gli spazi della campagna e dei centri prospicienti la strada, cancellando fossi, fasce di bosco, edifici antichi e viste piacevoli. Ultima pausa rimasta lungo questa disordinata sequenza era rappresentata dallo spazio tra i corsi d’acqua Resteggia e Cigana, un fine mosaico di acque e siepi inquadrato dal Monte Cavallo, un luogo di notevole valore ecologico e di qualità spaziale ma anche vulnerabile. Oggi, su quest’area, una enorme lottizzazione industriale grande quanto la somma dei centri di Gaiarine e Roverbasso è in corso di realizzazione.

Le trasformazioni sono l’esito di differenti azioni e progetti puntuali e circoscritti non solo nello spazio ma anche negli attori e nelle risorse che mobilitano ed nei tempi loro necessari sempre più compressi e frettolosi quanto più rapido è stato in questi anni il cambiamento dell’economia.
A livello comunale, le trasformazioni sono state spesso accompagnate dalla riscrittura continua delle regole del progetto urbanistico che indicavano dove, che cosa, quanto e come si può aggiungere, sostituire, cancellare per raccattare un po’ di oneri di urbanizzazione e incrementare l’ICI, costruendo nuovi beni posizionali a vantaggio di pochi.
La ricerca di visibilità, consenso, immediatezza e mancanza di trasparenza di chi governa, la retorica del mercato, hanno spesso ridotto l’area di una ricerca paziente dell’interesse collettivo e generale (Vallerani, Secchi).

L’area agricola, tra i corsi d’acqua Resteggia e Cigana, che la nuova lottizzazione industriale investirà, era stata acquistata da un imprenditore locale. Il carattere umido dell’area -dichiarato dai toponimi locali Rover-basso e via Moie- lo rende piu’ compatibile con un progetto di un bosco da caccia che di zona industriale, le esili infrastrutture esistenti di strade e acque sono sono più adatte ad un un gruppo podistico che ad un flusso di veicoli pesanti, le infrastrutture per l’acqua potabile e la fognatura sono assenti. L’amministrazione e l’imprenditore proseguirono. Una variante urbanistica cambiò le regole d’uso offrendo all’imprenditore la possibilità di espandere la sua azienda in quell’area e la riorganizzazione di alcuni piccoli spazi della produzione dispersi concentrandoli in quello spazio agricolo. A ridosso dei confini comunali a poche centinaia di metri dalla zona di Roverbasso sono migliaia i metri quadrati di superfici industriali inutilizzate all’interno di recenti zone industriali dove campeggiano cartelli con la scritta “affittasi / vendesi”. Il processo di trasformazione in corso lungo la strada tra Gaiarine e Codognè, è insensato e paradossale se osservato dal punto di vista dell’interesse collettivo e generale di tutela e cura dell’ambiente e delle diverse, più sostenibili, opportunità che il territorio offre; inoltre, forse, intensificherà i rischi ambientali i cui costi saranno ripartiti all’interno dell’intera società ben oltre i confini comunali.

Percorrere la strada tra Gaiarine e Codognè oggi è più disagevole con qualsiasi mezzo a causa del traffico vischioso. Con maggiore frequenza alcune parti del territorio vengono sommerse dall’acqua dopo un breve acquazzone. E’ aumentato anche l’inquinamento delle acque e dell’aria. La pista ciclabile sarà stretta e priva di alberi. Oggi la strada tra Gaiarine e Roverbasso restituisce uno spazio degradato, l’immagine dell’indesiderabile, di ciò che non vorremo per il futuro del Comune di Gaiarine. Sismografo del degrado estetico e ambientale di molti piccoli comuni del Veneto, non sono solo i dati che rivelano il peggioramento della qualità dell’aria, dell’acqua, del suolo ma anche quelli relativi alle malattie e la sicurezza stradale, le riflessioni critiche di ricercatori, le sempre più frequenti mobilitazioni di gruppi di cittadini, l’ intensificarsi dei contributi delle associazioni impegnate nella tutela del patrimonio ambientale, le recenti politiche regionali dove si scrive che le trasformazioni, come quella descritta, si accompagnano al rischio di “un abbassamento rilevante della qualità della vita” (Vallerani).

Se il modo di costruire lo spazio che abitiamo ha prodotto queste conseguenze, come mettere a punto una politica di ristrutturazione urbana che acquisti senso e coerenza e che non rappresenti i soli interessi degli attori che mobilitano risorse, azioni, progetti? Come uscire da un progetto urbanistico asservito ad un processo di mercificazione del territorio perpetrato da chi detiene il potere a vantaggio di pochi?

L’amministrazione di Gaiarine uscente, prima ancora che il nuovo strumento urbanistico sia adottato (PAT), nell’ombra di accordi di accordi presi con alcuni attori locali, ha già messo a punto una mappa dei prossimi interventi, ha già definito il ruolo di alcune azioni e progetti nella costruzione del paesaggio, essi investono parti importanti del territorio. Queste scelte, elaborate con immediatezza e mancanza di trasparenza, sono iscritte entro orizzonti limitati, escludendo un confronto serio con chi in modi approfonditi e civili si occupa di progetto della città e del territorio. Cosa succederebbe se venissero realizzati? Il rischio è che producano paesaggi banali, accellerando il processo in corso di costruzione dell’immagine di una caotica, rumorosa, inquinata periferia che sta emergendo anche nel territorio del Comune di Gaiarine.

In una precedente riflessione si è proposta l’immagine del parco sostenibile come visione per il Comune di Gaiarine, scenario possibile che potrebbe emergere nei prossimi anni come risposta alle domande emergenti di “genti nuove”.
Sullo sfondo di questa visione c’è il principio di responsabilità nei confronti dell’ambiente e di un diverso ruolo del progetto urbanistico . La responsabilità è ricerca delle condizioni che garantiscono la qualità delle acque, dell’aria, dei suoli, di un nuovo più compiuto paesaggio del quotidiano si tratti della strada dove abitiamo, della fabbrica dove lavoriamo, del campo agricolo che coltiviamo. Un progetto urbanistico innovativo è uno strumento valido per esplorare questo scenario.

La prima mossa è una lettura paziente attraverso la quale far emergere e nominare gli elementi costitutivi del paesaggio. La rete delle acque, le siepi e i boschi, le loro qualità ecologiche ed estetiche, non ancora cancellate; i centri antichi, le ville, la rete delle strade, le scuole, i campi sportivi e le altre attrezzature collettive, le piste ciclopedonali, ma anche gli edifici e spazi per produzione industriale e agricola e di pregio. Questa prima mossa si accompagna alla esplorazione dei i codici genetici di una serie di sistemazioni del suolo e dell’edificato, alla individuazione di possibili iniziative imprenditoriali, di potenziali protagonisti di un diverso modello di sviluppo (Lanzani).
Questi elementi sono un capitale sociale da gestire bene, non ne abbiamo un altro, essi costituiscono un bene pubblico di grande valore e potenzialità. La seconda mossa è la elaborazione di una mappa strategica che collochi differenti attori, azioni e progetti senza forzature entro una visione condivisa e di lungo periodo, rendendo evidente l’utilita’ sociale delle stesse azioni (Secchi).

L’idea di un territorio come parco sostenibile rimanda ad una visione aperta e flessibile, ma dotata di potere discriminante: non ogni azione o progetto è compatibile. Essa accoglie, modifica o rifiuta non su di una base giuridica, ma su di una base logica, di coerenza sostanziale e formale (Secchi).
In questo modo i progetti e le azioni che investiranno il territorio potranno essere come tessere che entrano nella costruzione del mosaico complessivo: il parco sostenibile a supporto dell’economia e della società. Investire sulla sostenibilità è, secondo l’ONU e molti esperti, la chiave per lo sviluppo economico futuro, e lo strumento per uscire dalla crisi. Far emergere concretamente l’immagine del parco sostenibile e’ una sfida per i prossimi anni, essa impegna i cittadini e in modi assai più vasti e civilmente responsabili l’amministrazione comunale.

bibliografia essenziale
Lanzani A., 2003, Paesaggi Italiani, Meltemi editore, Roma.
Secchi B., 2002 (?), Progetti, visions, scenari, in diario di un urbanista in www.planum.net
Vallerani F., 2005, La perdita della bellezza,Paesaggio veneto e i racconti dell’angoscia, in Il grigio oltre la siepe, Nuova Dimensione, Portogruaro

Giambattista Zaccariotto IUAV Venezia, TU Delft Olanda


Spazio in corso di cancellazione tra Resteggia e Cigana.

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+ di mille contatti in un mese!

Care lettrici e cari lettori,
non ci aspettavamo certo di essere così seguiti, questa è per noi una sorpresa. I vostri commenti sono precisi, informati e propositivi. E questa non è per niente una sorpresa: conosciamo la nostra gente, sappiamo che sa, segue, si informa e discute.
Continuate a seguirci, ma anche e soprattutto a partecipare attivamente, a farvi vive/i. Con noi o con chi preferite.
Siamo felici di questo inizio, grazie Mille!

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Caro Anonimo ti scrivo!

Uno dei nostri lettori ieri ha posto la questione della partecipazione alla vita istituzionale nei seguenti termini: «La domanda giusta a cui arrivare non è “entrare nel palazzo o no?”; più correttamente la domanda a mio avviso è “entrare nel palazzo a qualsiasi costo?”
Cioè,
il fine giustifica sempre i mezzi?
E il fine è davvero raggiungibile con mezzi che contraddicono la base concettuale del fine stesso?».
La nostra risposta è no!
Il fine non giustifica i mezzi. E raggiungere il fine con mezzi che lo contraddicono, concettualmente e sostanzialmente, è raggiungere un fine diverso (perché cambiato nel suo farsi dai mezzi impiegati).
Come sappiamo, è stato Machiavelli a dare avvio a quello che si chiama realismo politico (secondo il quale appunto il fine giustifica i mezzi). Possiamo ritenerci allora radicalmente antimachiavellici e affermare che
fine e mezzi devono essere coerenti.
Questa idea è un’ottimo punto di partenza. Se assunta come unico criterio guida rischia però di condurre a forme di partecipazione politica di testimonianza (della minoranza, del diverso, dell’escluso), importantissime certo, ma che non devono creare nuove forme di isolamento. Non è quello che intendiamo fare noi.
All’idea di
coerenza tra fine e mezzi uniamo la richiesta della massima partecipazione politica da parte delle/dei cittadine/i e un’idea di società aperta secondo la quale tutti gli attori sociali, considerati uguali tra loro, concorrono a orientare la vita e lo sviluppo della società. In una società aperta nessuno è depositario della verità ultima delle cose. In essa le decisioni nascono dall’accordo tra i vari soggetti. Per questo ha senso parlare liberamente e responsabilmente con tutta la cittadinanza che già adesso è attiva nella sfera pubblica, sia essa di destra, centro, sinistra o volutamente apolitica.
In più riteniamo che le nostre concittadine e i nostri concittadini possano partecipare direttamente alle formazione delle deliberazioni del Comune. Questo modo di intendere la vita politica di una comunità è patrimonio della nostra storia condivisa e della nostra cultura politica. Siamo convinti che la partecipazione attiva della cittadinanza sia la principale garanzia di coerenza tra fine e mezzi. Non per l’esercizio di una semplice funzione di controllo semi-passivo, ma per la reale condivisione degli obiettivi e l’attivazione individuale orientata al loro raggiungimento. Il realismo politico di Machiavelli prevede una visione elitaria del potere contro la quale ci battiamo.

Il nostro impegno non è solo di aprire le porte del municipio ma di farci entrare il maggior numero di persone possibile. In questo senso assegniamo un’importanza fondamentale alla comunicazione istituzionale. Ma restano imprescindibili le relazioni interpersonali e “l’immediata discussione locale”.

Per questo motivo rinnoviamo a voi tutti cari Anonimi l’invito a partecipare, nel modo che preferite, anche restando anonimi.

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