Oltre 1200 famiglie hanno deciso di ridurre le proprie spese con autoproduzione e alimenti bio. Il loro impegno al consumo etico ha effetti anche in ambito politico e dal 23 al 26 agosto a Fanano, in provincia di Modena, si scambieranno saperi ed esperienze per raggiungere obiettivi di risparmio.
di Eleonora Bianchini | 22 agosto 2012
da Il Fatto Quotidiano > Emilia Romagna >
Per loro il modo migliore per crescere è decrescere. Ridurre i consumi con l’autoproduzione per realizzare una spending review famigliare. E incrementare la spesa, al contrario, per la cultura e la formazione.
Sono le famiglie dei Bilanci di Giustizia, un’iniziativa partita nel 1993 con 126 nuclei e che oggi ne coinvolge oltre 1200 in tutta Italia. Quest’anno si incontreranno dal 23 al 26 agosto a Fanano, sull’Appennino modenese, per fare il punto sulle loro spese e sulle pratiche da adottare per il risparmio e l’equità.
Un appuntamento che si inserisce nel percorso verso la terza Conferenza internazionale per la decrescita che si terrà a Venezia dal 19 al 23 settembre 2012.
Poca teoria e molta pratica: nei tre giorni discuteranno insieme di “appunti per una politica economica della decrescita felice”, e poi gruppi di lavoro per capire quale sia “l’apporto dei bilancisti nel dilemma crescita/decrescita” e anche “quello che manca all’agenda di Rio”, a cui si aggiungono diverse ore di laboratorio. Spazi in cui condividono ricette e metodi da insegnarsi a vicenda, dalla pasta madre all’erbario, fino all’uso di Linux come sistema operativo open source e alla costruzione di oggetti per la casa. Un sapere che viene condiviso e collettivizzato.
Per le famiglie “bilanciste” l’autoproduzione di pane, marmellate e di quanto riescono a fare in casa è la prima forma di risparmio. I conti si fanno numeri alla mano: sul sito infatti è disponibile una scheda di bilancio da compilare con l’obiettivo corrente e quello del mese prossimo, per verificare come meglio realizzare la spending review ad hoc.
“Il bilancio è soltanto uno strumento per capire a chi vanno i soldi che spendiamo”, spiega don Gianni Fazzini, che ha ideato il gruppo nel 1993. Anche se l’iniziativa è nata da un sacerdote, però, la maggior parte delle famiglie non sono praticanti e “vicine alla religione”, spiega don Gianni. “Ad aderire, di solito, sono persone molto lontane dalla Chiesa e desiderose di una migliore qualità di vita. Purtroppo, infatti, chi frequenta tanto la chiesa pensa di mettere a posto la coscienza con un po’ di carità”. Al contrario, il concetto di “giustizia” è “riconoscere l’altro e rispettare la natura, guardando alle generazioni future”.
Il percorso bilancista, comunque, è collettivo. “Tutta la famiglia deve collaborare – prosegue Fazzini-. E’ un percorso per allacciare relazioni sul territorio, dagli abitanti ai produttori locali”. La conseguenza “naturale” è che aumenta il desiderio di riappropriarsi del proprio tempo e di passarne meno in ufficio e di più in famiglia. Così spesso uno dei due nella coppia passa felicemente dal full time al lavoro part time. “Crediamo che questa iniziativa sia attualissima oggi. Le persone vogliono liberarsi dal consumismo ed evitare che i loro figli strillino al supermercato per comprare quello che gli propone il direttore marketing. Desiderano investire in ciò in cui credono”. Un obiettivo che va di pari passo col miglioramento della qualità di vita e del cibo. “Gli alimentari arrivano direttamente dal produttore. Sì al biologico e no ai prodotti scadenti, e i gruppi di acquisto solidale (gas, ndr) consentono di percorrere questa strada attraverso la condivisione degli acquisti”.
I risultati ci sono. Le famiglie che hanno inviato i bilanci nel 2008, “documentano un consumo mensile individuale medio di 863,67 euro a fronte di un pari dato Istat di 1042,56 euro. Quindi un risparmio medio mensile individuale di 178,89″. Come orientare la spesa in base a un criterio di giustizia? Bisogna evitare di fare “acquisti giudicati dannosi per la salute, l’ambiente, i popoli del Sud del mondo e preferire prodotti alternativi, che non danneggiano cicli biologici o che non rappresentano uno sfruttamento ingiusto di persone e di risorse naturali”. Le famiglie coinvolte nel progetto, come riporta il bilancio annuale del 2009, hanno un’istruzione medio alta ma non vivono con redditi elevati. Rispetto però a una famiglia italiana media consumano il 41% in meno di acqua, il 47% di energia elettrica e il 23% gas”. In più tendono a utilizzare auto a gas o gpl nel 50% dei casi, anche se possiedono il 33% in meno di macchine. In controtendenza, invece, il dato sulla spesa per la cultura: dall’acquisto di libri ai corsi di formazione, ad esempio, sempre in base al dato Istat, spendono il 68% in più. E i risvolti sono anche politici: “Non cambiano solo le abitudini famigliari, ma anche quelle delle persone che vivono vicine. Si organizzano ad esempio per il piedibus (portare i bambini a scuola a piedi, ndr) e i genitori si prendono cura dei bambini e anziani di chi è impegnato al lavoro. A Firenze sono riusciti ad aprire uno sportello sui consumi, a Trento un bilancista sta guidando la programmazione della costruzione di piste ciclabili per la Provincia, a Quarrata, vicino a Pistoia, l’assessore all’urbanizzazione, anche lui dei ‘nostri’, ha detto stop alla cementificazione. Si sono candidati a livello pubblico per raggiungere obiettivi ambientali. O meglio, di giustizia. Altri ancora lavorano con le amministrazioni locali per creare spazi di incontro”. La spending review famigliare, quindi, non è solo un bilancio da compilare. E’ anche politica.