Mattia prende uno sgangherato scatolone e lo deposita a lato, poi va al microfono e guarda verso le decine di ragazzi seduti sul pavimento dell’atrio.
Punta il dito verso uno di loro, lo invita fuori e gli chiede di saltare sullo scatolone, calpestarlo con forza, sfondarlo, frantumarlo.
«Coraggio – lo sprona – ancora, salta, rompilo, rompi quella scatola!»
Poi, mentre i ragazzi sorridono tentando di immaginarne il significato, lo ringrazia e inizia il suo intervento: “Il 9 maggio 1978 Peppino Impastato viene massacrato, ucciso, fatto esplodere sui binari della ferrovia perchè faceva il rompiscatole con la mafia, perchè rompeva le scatole a cosa nostra.”
I ragazzi, attenti, silenziosi, immersi nell’ascolto finalmente capiscono e seguono ciò che Mattia racconta.
E forse comprendono meglio anche la sintetica ma impressionante introduzione con la quale Alberto ha cercato di spiegare cosa significa mafia e cosa vuol dire morire di mafia.
E seguono anche il videoclip dei Modena City Ramblers che cantano i 100 passi sulle coinvolgenti immagini del film di Marco Tullio Giordana.
E ascoltano con attenzione anche le due storie che Franco presenta e che parlano di due ragazze, giovanissime come loro ma la cui vita, al contrario di loro, si è intrecciata troppo presto con la tragedia e il dramma del crimine, pagandone il prezzo della vita.
Sono le storie di Rita Atria ed Elisa Claps.
Rita, l
a prima, testimone di giustizia a fianco di Paolo Borsellino, per questa sua coraggiosissima scelta allontanata e ripudiata dalla sua famiglia e da sua madre, e alla quale, proprio la strage di via d’Amelio, costata la vita al giudice Borsellino e alla sua scorta, ha tolto la speranza di vivere spingendola al suicidio a soli 17 anni.Elisa, la seconda, la cui vicenda è da poco tornata agli onori della cronaca dopo il ritrovamento dei poveri resti nella dimenticata soffitta di una chiesa, vittima in una vicenda ancora da definire ma nella quale, ancora una volta, spunta l’intreccio con la malavita organizzata.
Due drammatiche, tragiche vicende che tutti i ragazzi presenti in sala hanno ascoltato e seguito; vicende che esistono e devono essere ricordate e conosciute da tutti così come a tutti «se si insegnasse la bellezza li si fornirebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà. […] bisognerebbe educare la gente alla bellezza: perchè in uomini e donne non si insinui più l’abitudine e la rassegnazione ma rimangano sempre vivi la curiosità e lo stupore.»
Peppino Impastato